domenica 30 ottobre 2011

Regalmente nell'atto ancor proterva – note di lettura su: Dante Maffia – La strada sconnessa – Passigli 2011


Cosa indica il segnale di strada sconnessa: l'avviso che puoi ancora andare, proseguire se vuoi, se te la senti, se hai i mezzi per farlo? Ovvero più subdolamente segnala la costrizione a passare su un tracciato che altri hanno aperto, che comunque "si è aperto" : dovrai passare necessariamente di lì, anche se a fatica, rischiando una storta, una caduta, sopportando un faticoso incedere?
Si tratta quindi di un titolo allusivo al "fatale andare", su cui il cuore, ma la mente soprattutto, s'interrogano. Eppure, a cominciare proprio dalla sezione che dà il titolo alla raccolta, quanta passione qui vibra, a tratti disperata, ma ancora intatta, quanti riferimenti a convegni d'amore, a sguardi, a dettagli – quasi fotogrammi – del corpo dell'amata, al suono imperativo, riconoscibilissimo e rassicurante dei suoi passi (È lei col suo passo, altera, permalosa)!

In questo libro la femminilità celebra il suo trionfo, espressione che uso non nell'accezione dell'enfasi retorica ma a indicare nella donna una statura e uno status superiore e la serena consapevolezza della propria forza. Le presenze femminili che Dante Maffia evoca in queste pagine, a cominciare dalla moglie di Federico (Le donne bisogna perdonarle, / sono loro l'impero, / loro il trattato della falconeria) non hanno mai vere colpe, sono individui che non conoscono preghiere né lacrime. Donne dai denti bianchi, dal passo sicuro e rassicurante, dalle gambe forti, che salgono alte fino al profumo delle cosce. Donne di una sensualità senza infingimenti, consapevoli dei propri poteri, ignare di crudeltà, ma di fatto crudeli: Tu rispondevi con la furia di parole / ch'erano spade incaute e così morivo / ogni giorno un poco.
Femminilità tuttavia avvolgente, alla quale da sempre fare ricorso perché sembra sicuro che resterà salda contro gli assalti della morte: Basta che ti pensi e la morte / fugge via rumorosamente, / spalanca tutte le porte,/ si lamenta in modo indecente.

I prototipi sono tali proprio perché dotati di una forza che trascina nella loro somiglianza tipi anche lontani nel tempo e nello stile, non esagero quindi se affermo di riconoscere qui il prototipo femminile della Beatrice dantesca. Non quella della Vita nuova, ma l'altra, la fiammeggiante e imperativa creatura che compare a lui sottomesso e rapito –"regalmente nell'atto ancor proterva " – sulla vetta della sacra montagna:
Sei la padrona assoluta / non solo del corpo e dell'anima, anche / della mia volontà. Quando vorrai, / ma ti prego, ancora no, / ridammi me stesso.
Certo accanto a questo prototipo femminile si mostra non meno grande l'immagine materna. In lei tenerezza e saggezza si combinano, anche quando la malattia ha già colpito trascinandola lontano dalla realtà quotidiana: La mamma s'era chiusa / in un mondo di favole, / quindi ancora più bella, / con gli occhi di bambola sconfitta / ma viva.
E infatti la donna amata, nella pienezza del sentimento è materna all'ennesima potenza: Oh, se t'ho amato, / come un fiume costretto dal suo letto / a giungere al mare, come / una barca che anela all'orizzonte./ Erano in me carovane di cieli /e strade assolate e fiorite, / sembrava che fossi cullato / da mille madri insieme.

Lo spazio che la figura femminile occupa nell'immaginario di Dante Maffia, non esclude che la sua poesia abbia altri fondamentali punti di riferimento. E difatti il libro si apre su una serie di ritratti – a uno di questi già abbiamo fatto cenno – figure nelle quali la passione e la progettualità, il gusto artistico, la volontà politica di Maffia si rispecchiano. Sono in ordine di comparizione: Tommaso (Campanella), Gioacchino (da Fiore), Mozart, Scriabin, Federico (II, imperatore), Emily (Dickinson o forse Bronte?).
Altro elemento fondamentale di questa poesia è l'ambiente. Non il paesaggio che si stende a perdita d'occhio, quanto i paesaggi incorniciati da una finestra, vite e immagini captate dai balconi – elemento architettonico non ovvio – che invece in questo libro ricorre con estrema frequenza, quasi a siglare uno scenario e un immaginario tutto mediterraneo. Balcone, finestra come parti integranti della casa, ma forse anche orizzonte chiuso, come se lo sguardo sul fuori conoscesse anche lui quella costrizione, quell'obbligo implicito nella "strada sconnessa"? Balcone è tuttavia anche apertura a improvvise rivelazioni, a progetti d'infantile onnipotenza: Da una finestra vedevo il mare, da un balcone / il Dolcedorme, quei monti quasi colline, / e sognavo di popolarli…
In "Casuali interferenze" il balcone diventa protagonista assoluto, ma provocatorio, fastidioso, odioso fino alla disperazione: mostra nello sfondo un camposanto ormai troppo affollato che da decine di lapidi proclama l'ipocrisia degli elogi post mortem. Altro non resta che fuggire, o almeno chiudere quella finestra:
Via, andiamo via, qui non si respira / che bruttura e finzione. È un momento / di sangue aggrumato, e lento spira / malvagio e insopportabile un vento // di letame. Morte grida, morte e sangue / per l'orgia sconsacrata dell'approssimazione. / Per favore, chiudete quel balcone.
Ma infine la finestra, con la sua profonda ambivalenza, di apertura /chiusura, rappresenta la sintesi della poetica di questo libro, come lo stesso poeta afferma a conclusione di una delle poesie della sezione "La strada sconnessa": il mio canto è in questa / silenziosa finestra da cui osservo il mondo.

Nelle pagine di " La strada sconnessa", come sempre nello stile di Maffia, incontriamo un amore quasi carnale per la parola, che non solo – bravura estrema!– trova note non banali per parlare d'amore ma si adatta, con tenerezza, anche alle situazioni domestiche più basse, come nella deliziosa poesia che torna col ricordo al rituale infantile del vasino. Inoltre in questi versi che spesso, ma senza nessuna rigida progettualità, fanno risuonare la rima – strumento lirico ma anche canale d'arguzia – guizza, altrettanto libera, un'ironia che sembra denotare un tratto del tutto naturale della personalità di Dante Maffia: il poeta asseconda senza sforzo quel sorriso che gli sprizza dalle chiare fessure degli occhi. Lui che sa delicatamente ricordare la bella coppia che erano lui e la sua donna, lei che somigliava a Claudia Cardinale, e lui, poi, a quell' attore, affascinante ma anche dotato di straordinaria ironia, che era il "divo" Tony Curtis.

Piera Mattei

(foto di Piera Mattei)

giovedì 20 ottobre 2011

Nicolas Giudici,vittima dimenticata

L'ultima inchiesta di Carlo Ruta, " Nicolas Giudici, vittima dimenticata", uscita sul numero di ottobre della rivista "Narcomafie" presenta una storia emblematica della condizione della Corsica e dei modi di essere della Francia di Chirac e di Sarkozy. Il caso è non meno importante di quello di Anna Politkòvskaja, con una sola enorme differenza: in Europa, Italia compresa, esso è completamente sconosciuto. In Francia l'uccisione del giornalista e saggista, avvenuta il 17 giugno 2001, è stata rubricata come un delitto occasionale, compiuto da un balordo, che è stato arrestato, poi è stato scarcerato, infine è stato ucciso. Il processo è finito quindi nel nulla. Ed è subentrato un lungo silenzio, che regge ancora oggi. E' importante allora che, come nel caso di Anna Politkòvskaja, la memoria di questo studioso esemplare della Corsica venga adottata nel nostro paese, per cercare di riparare al torto e perché la Francia di Sarkozy possa trarne una lezione di civiltà.
Giovanna Corradini

(ripreso e adattato da una email che mi giunge in data odierna da parte di Lucetta Frisa)

martedì 11 ottobre 2011

Anticipazione Gattomerlino, serie verde



La Gattomerlino inaugura la serie verde, dedicata alla diffusione scientifica, con la traduzione e il commento dell'importante pamphlet di T. H. Huxley sulla fisica della materia vivente.

http://www.superstripes.net/gattomerlino/main.htm



Thomas Huxley e il suo tempo



Perché oggi tradurre per la prima volta in italiano “Le basi fisiche della vita” di Thomas Huxley? La conferenza che il geniale autodidatta, poi professore di Storia Naturale alla Royal School of Mines, tenne nel 1868, in che senso può, circa centocinquant’anni dopo, essere d’attualità? I contemporanei, soprattutto gli ambienti accademici vicini al potere ecclesiastico, lo disprezzarono, ma anche il più vasto contesto scientifico lo ignorò a lungo. Solo recentemente le sue idee, nella loro appassionata e anche direi poetica esposizione, tornano a esibire l’intuizione profonda circa la base comune di tutte le forme viventi.

In quella famosa conferenza dunque Thomas Huxley, che sarebbe diventato il nonno del più famoso Aldous, volle illustrare a un vasto pubblico l’idea scientifica su cui un piccolo gruppo di ricercatori europei aveva in quegli anni raggiunto un accordo e cioè che i sistemi viventi sono formati da una sostanza comune a tutti chiamata protoplasma.
Il nome era stato coniato nel 1861 da Max Schultze, professore di Istologia e direttore dell’Istituto di Anatomia di Bonn, in Germania. Per lui il protoplasma appariva come una sostanza, grigiastra, viscida, o mucillaginosa semi-trasparente e semi-liquida in continuo movimento. Il francese F. Dujardin l’aveva descritta come una gelatina vivente, una sostanza glutinosa, traslucida, insolubile in acqua come un muco, che forma masse globulari sugli aghi da dissezione. Hugo von Mohl, nel 1846, la vedeva come materia dura, viscida, granulare, semi-liquida. Christian Gottfried Ehrenberg che, con le sue osservazioni al microscopio, si era dedicato allo studio di un enorme numero di sistemi viventi unicellulari raccolti in parti lontane del mondo, soprattutto nell’immenso Impero Russo e in Africa al seguito del famoso esploratore Alexander von Humboldt, la descrive semplicemente come la sostanza vivente comune in tutte le classi di organismi viventi.

Anche Thomas Huxley considera il protoplasma come la sostanza fondamentale della materia vivente all’interno di una cellula, la base fisica e materiale della vita e vede quest’identica vita brulicare nelle capsule urticanti della foglia dell’ortica, come nella goccia di sangue spillata da un polpastrello. Inoltre per lui la possibilità che esista una sostanza comune a tutte le forme della vita viene vista nella prospettiva che la vita si manifesti in innumerevoli forme la cui evoluzione è guidata da una legge universale della natura, la legge di Darwin, secondo il principio della selezione naturale.
“La base fisica della vita”, il titolo scelto da Huxley per condensare le sue idee è certo un bel titolo ma è solo apparentemente inoffensivo, in realtà è profondamente rivoluzionario.
Il punto di vista che esprime in questo opuscolo era al di fuori degli schemi dell’accademia, sia dei fisici che dei biologi. Pertanto la sua idea fu attaccata da diversi autori ben quotati, ridicolizzata e poi dimenticata. Cosa certamente grata al mondo ecclesiastico, sia protestante che cattolico.

(dalla postfazione di Antonio Bianconi)

sabato 1 ottobre 2011

Anticipazione Gattomerlino:Leonardo Garet–Celebrazione


INCONTRI

Mi spuntò ottobre dalle tasche
una donna cammina in mezzo all'aria
è la sorpresa di un seno invisibile
e l'altro che si avvicina alla mia bocca
con fianchi
che si muovono senza essere presenti
va sollevando ansietà
va con la sua voce modellata sul mio nome
i suoi nudi occhi che indagano
nella cronaca dei miei giorni
desolati occhi e giorni
che non possono incontrarsi
in una terra con nome
desolati
si girano gli occhi e i giorni
mentre s'arrossa il cielo
e di morti si popola la città che abitiamo.




DIALOGHI 6

I tuoi sogni invecchiano
come la casa di fronte
guardati con distacco
a una strada di distanza
quando te li enumero
non possono uscire da un fragile foglio
poggiato su uno scaffale
i tuoi occhi stanno in quel foglio
lentissimi
per il peso di tanti orpelli
di anni diversi
torci la bocca da un lato
dall'altro
mi guardi
e divento il tuo specchio
divento la casa di fronte.


CANTI E DISINCANTI

La parola è il perno

Ho compitato albero
fino a vedere il libro che lo nominava

le radici più sottili uscivano bruciandosi
un incendio in verde è un foglio
e il calore se ne va a un altro
dove la nonna prepara la colazione

poi l'albero era pieno di uccelli
e ho potuto arrampicarmi e fare in cima una casa
vicino ai semi
e da lì vedevo un pennello che disegnava strade tetti
quindi finestre porte e pareti
al suo posto scolorito e malaticcio stava l'albero

il pennello di oggi va formando nuove radici
tra le lettere.



GIORNO SENZA NOME

Quando cesserà la pioggia sarà martedì
ragazza

e avrò aperto di lato al tuo corpo
la scorciatoia per sfuggire alla morte

non permetterò che tu la tocchi
perché anche senza volerlo
puoi cambiare la rotta
con una risata
o una parola
mal collocata

oggi non devi preoccuparti per il tempo
ti avviserò qual è stato il giorno in cui sei venuta
oggi lascia fare alla pioggia
semplicemente

mi occuperò di usare ad arte il tuo corpo
e di farmi usare ad arte.



IL TUO GIORNO

Oggi sei nato per essere uomo
con il tuo pennacchio di sole a mezzogiorno
circondato da lingue pressanti come coltelli

oggi sei nato uruguayano d'altezza uno e ottanta
replicando nelle tue ossa la nascita degli dei
scartando squame branchie piume e doppio stomaco

con gli occhi abituati a che fuori ci sia qualcosa
oggi sei nato con il numero totale dei tuoi giorni
sulle unghie che si tagliano e sui capelli che cadono

sei nato con le donne che ti terranno a fianco
e con chi ordina la tua presenza sui moli
come un bastimento giocattolo

sei nato con preciso apparato medico
con rischio equivalente ad attraversare una strada

sei nato per toccare con le tue mani
i confini i limiti i margini degli altri

i registri di scuole carceri manicomi si sono aperti
le bocche come fossero rane
è per te la tempesta che apre l'orizzonte.

********(traduzione Piera Mattei, Eloy Santos)




ENFRENTAMIENTOS


Se me salió octubre por los bolsillos
una mujer anda metida en el aire
es la sorpresa de un seno invisible
y el otro acercándose a mi boca
con unas caderas
que se mueven sin estar presentes
anda levantando ansiedades
anda con su voz moldeada sobre mi nombre
sus ojos desnudos indagando
en la crónica de mis días
desolados ojos y días
que no pueden encontrarse
en una tierra con nombre
desolados
se dan vuelta los ojos y los días
mientras enrojece el cielo
y se puebla de muertos la ciudad que habitamos.





DIÁLOGOS 6 [Tus sueños envejecen]


Tus sueños envejecen
como la casa de enfrente
mirados sin apego
y con una calle de distancia
cuando te los nombro
no pueden salir de un papel quebradizo
guardado en un estante
tus ojos están en ese papel
lentísimos
por el peso de tanta ropa
de distintos años
tuerces la boca hacia un lado
hacia otro
me miras
y me convierto en tu espejo
me convierto en la casa de enfrente.




CANTOS Y DESENCANTOS 8 [Deletreé árbol]

La palabra es el eje


Deletreé árbol
hasta llegar a ver el libro que lo nombraba

las raíces más pequeñas salían quemándose
un incendio en verde es una hoja
y el calor se va hacia otra
donde la abuela prepara el desayuno

el árbol estaba después lleno de pájaros
y pude treparme y hacer arriba una casa
junto a las semillas
desde donde veía un pincel formando calles techos
después ventanas puertas y paredes
en su lugar desteñido y enclenque estaba el árbol

el pincel de hoy va dando nuevas raíces
entre las letras.


DÍA SIN NOMBRE



Cuando pare la lluvia será martes
muchacha

y habré abierto por el lado de tu cuerpo
un atajo para escaparme de la muerte

no dejaré que lo toques
porque a voluntad o sin ella
podés cambiar el rumbo
con una risa
o una palabra
mal colocada

hoy no debés preocuparte por el tiempo
te avisaré cuál fue el día que pasaste
hoy que sea la lluvia
simplemente

me encargaré de manejar tu cuerpo
y de dejarme manejar.



TU DÍA


Hoy naciste para ser hombre
con tu penacho de sol a las doce
cercado de idiomas apremiantes como cuchillos

hoy naciste uruguayo de altura uno ochenta
repitiendo en tus huesos el nacimiento de los dioses
desechando escamas branquias plumas y doble estómago

con tus ojos acostumbrados a que afuera hay algo
hoy naciste con el número total de tus días
en las uñas que se cortan en el pelo que se cae

naciste con las mujeres que te tendrán a su lado
y con los que ordenan tu presencia en los muelles
como un barco de juguete


naciste en ceremonia por minuto de médico
con riesgo equivalente al de cruzar una calle

naciste para tocar con tus manos
las marcas los límites el borde de los otros

se abrieron los registros de escuelas cárceles manicomios
las bocas como si fueran ranas
y para vos la tormenta que abre el horizonte


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Leonardo Garet è nato a Salto, Uruguay, dove vive, nel 1949. Si è dedicato con uguale continuità alla poesia, alla narrativa e alla critica letteraria. Esordisce nel 1972, con Pentalogía. I titoli precedenti alle opere poetiche antologizzate in Celebrazione sono: Pájaros extranjeros, Máquina final e Palabra sobre palabra.
Saída de página (2001) è stato pubblicato in edizione bilingue spagnolo-portoghese; Vela de armas (2004) e El ojo en la piedra (2009) sono stati pubblicati dalle edizioni Alcyone di Cordoba, Argentina. In narrativa, Los días de Rogelio e Anabákoros hanno ricevuto importanti riconoscimenti in concorsi annuali del Ministero dell'Istruzione e della Cultura dell'Uruguay.Vari racconti della sua ultima raccolta, El libro de los suicidas (2005), sono stati tradotti in diverse lingue. Come critico, il suo contributo si segnala con un'opera in venti volumi Colección de Escritores Salteños (2003-2009), Vida y obra de Marosa di Giorgio (2006) e Obra Completa in quattro volumi di Horacio Quiroga (prefazioni e note), 2009.
Ha rappresentato il suo paese in vari incontri internazionali di letteratura. È' socio corrispondente dell' Academia Nacional de Letras del suo paese, dal 2008. E'stato Premio Nazionale di Poesia nel 2000 e ha ricevuto il premio "Fratellanza" conferito dalla B'nai B'rith International, nel 2002.


www.leonardogaret.com.uy
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Un lettore che volesse rendere giustizia alle poesie raccolte in "Celebrazione", dovrà anzitutto rinunciare alla tentazione di analizzarle, di classificarle o di darne una spiegazione.

Perché ciò che qui incontrerà sono incroci, scenari verbali con cura disposti a produrre la scintilla, la rivelazione di quanto sta dietro le consuetudini percettive e sentimentali, di quel qualcosa di sfuggente, che non accetta di essere definito da parole-gabbia, perché si farebbe fossile, mentre può essere intravisto, può manifestarsi, quando è invocato con parole-uccello, e così può raggiungere il corpo e la voce di chi lo trova. Tutta l'opera di Leonardo Garet aspira, più o meno dichiaratamente, a uscire da sé, a straripare nelle mani del lettore, a coinvolgerlo intimamente nella danza universale di spostamenti e metamorfosi. I suoi libri hanno una vocazione alla cornucopia: offrono senza risparmio le loro ricchezze in forma di enigmi, sogni e perplessità, visioni che vengono dal quotidiano, che è il comune terreno degli uomini. A questo punto possono attraversare gli invisibili ponti che uniscono corpo, memoria, tempo e linguaggio con tutte le loro variazioni e viceversa. Concertano le complesse e incessanti sintonie del caso
(dalla postfazione di Eloy Santos).