mercoledì 7 gennaio 2015

La Cina ha sete? di Augusto Marcelli



La Cina ha sete? Leggo spesso commenti molto contrastanti a questa apparentemente semplice domanda. La questione è di grande importanza non solo per la Cina, ma per molti paesi occidentali in quanto, forse più che per l’energia, il cui costo è in forte discesa a seguito soprattutto del calo dei consumi in Asia, l’acqua rimane una risorsa indispensabile e necessaria per la vita di tutti, ma tuttavia limitata.

Questa riflessione nasce in rapporto alle celebrazioni di questi giorni che con grande euforia sottolineano, su tutti i media cinesi, l’apertura del canale di mezzo del grande progetto chiamato SNWT (South-North Water Transfer) una gigantesca infrastruttura che porta l’acqua dal sud-est della Cina a Pechino. Per una città come Pechino che ha un grande bisogno d’acqua questo è, in effetti, un evento da celebrare. La capitale ha sicuramente bisogno d’acqua e questa gigantesca infrastruttura è importante anche se non appare risolutiva.

La regione intorno a Pechino, il cosiddetto Nord della Cina ospita quasi il 40% della popolazione cinese, di cui due terzi vive nelle campagne e ha a disposizione meno del 10% delle risorse di acqua dolce fondamentali per rendere realmente possibile lo sviluppo socio-economico. Tuttavia le variazioni climatiche in atto e l’uso estensivo delle risorse associato alla crescita hanno alterato profondamente uno scenario già critico. Se si aggiunge che le amministrazioni pubbliche, qui come altrove, non sono ancora veramente sensibili al valore della risorsa acqua, al suo costo, alle perdite durante il trasporto e allo spreco da parte dei grandi utilizzatori, possiamo forse capire perché l’acqua è una risorsa veramente a rischio.
La Cina, in assoluto, non è un paese povero di acqua dolce. Le statistiche dei primi anni 2000 indicano che la disponibilità pro capite di questa risorsa è ~ 2.128 m3 l’anno, un valore superiore al doppio di quello indicato dalle Nazioni Unite (~1000 m3) per identificare un paese “povero” d’acqua.
Quanto consuma un cittadino medio cinese? Il fatto è che non è possibile definire per questo paese un cittadino medio. In altre parole, la geografia e la differenza di disponibilità di questa risorsa fa sì che alcune regioni abbiano sovrabbondanza d’acqua, mentre altre sono a forte rischio di desertificazione, e perfino soffrono di un peggioramento della qualità di questa risorsa. In Cina circa il 60% dei fiumi e delle riserve d’acqua controllate, non è considerata potabile a causa dell’inquinamento. Inoltre, nel nord della Cina, il 60% dell’acqua è utilizzato ancora oggi per irrigare i campi coltivati, spesso con tecniche antiche. accade quindi che il guadagno dei contadini sia inferiore al costo reale dell’acqua utilizzata e, in linea di principio al governo cinese converrebbe pagare incentivi pari al consumo dell’acqua eventualmente non utilizzata. Politiche d’incentivi di questo tipo potrebbero essere molto educative e competitive con le politiche dei megacanali, dei giganteschi investimenti a loro associati e dei rischi non solo ambientali che questi comportano.

Qualsiasi foto satellitare della Cina mostra chiaramente grandi zone aride nella Cina occidentale e aree molto umide e ricche di acqua nella zona sudorientale. Infatti, la Cina è ricca di fiumi di cui molti anche di grande portata. Il fiume Giallo (Huang He) è uno dei fiumi più lunghi del mondo. Dopo circa 5500 km, come la gran parte dei fiumi Cinesi, sfocia direttamente nell’oceano Pacifico. La sua importanza è ed è stata enorme soprattutto in passato, in particolare per la sua grande fertilità, ed è ragionevolmente considerato la culla della civiltà cinese. Il fiume più lungo della Cina è però il fiume Azzurro (Xi Jiang o Yangtze), dopo il Nilo e il Rio delle Amazzoni, il terzo fiume più lungo del mondo. Sfocia nel Mar di Cina bagnando Shanghai dopo 6380 km.
Lo Yangtze è una delle maggiori risorse idroelettriche cinesi e lungo il suo corso nella provincia di Hubei troviamo la diga delle Tre Gole, la più grande del mondo, e, come tutte le opere ciclopiche, famosa quanto criticata.
Il fiume delle Perle (Zhu Jiang) come lunghezza è il terzo fiume della Cina. Bagna la provincia di Guangdong e attraversa città importanti come Hong Kong e Macao.
Circa il 50% dei fiumi Cinesi e soprattutto i tre più lunghi, scorrono in direzione ovest-est e sfociano nei mari cinesi. Il 40 % dei corsi d’acqua cinesi non ha invece sbocco al mare: sono assorbiti dal terreno o si riversano negli aridi bacini occidentali e settentrionali, dove l’acqua evapora o filtra nel sottosuolo formando grandi riserve d’acqua.
Se consideriamo il Fiume Giallo, dopo la prima grande secca del 1972 quando per la prima volta non ha riversato acqua in mare, molti altri periodi aridi si sono succeduti e negli ultimi 40 anni ha raramente riversato acqua nel mare. Inoltre, le sue sorgenti che si trovano sulle montagne del Tibet – e questo spiega anche l’interesse strategico della Cina verso l’area tibetana – si stanno continuamente impoverendo. Un fiume così importante per la Cina, noto purtroppo del passato anche per le devastanti inondazioni, è oggi invece vittima dell'inquinamento e della desertificazione. Il fiume Giallo può essere sicuramente considerato uno dei simboli, nel rapporto uomo-ambiente, della fragilità di cui soffre oggi la società cinese. Al contrario, nel sud della Cina scorre il Fiume Azzurro con un flusso di quasi 951,3 miliardi di m3, una portata che secondo recenti statistiche è circa 14 volte maggiore di quella del fiume Giallo.

I canali di trasferimento dell'acqua da Sud a Nord sono pensati per risolvere alcuni di questi problemi, riducendo la differente disponibilità delle risorse idriche tra i due fiumi attraverso la costruzione di una serie di opere che dovrebbero consentire di trasferire fino a ~50 miliardi di m3 di acqua.
Sebbene alla Diga delle Tre Gole siano stati associati molti superlativi, il progetto dei canali SNWT, quando sarà completato, la farà sembrare un giocattolo. Questo gigantesco sistema si basa su tre canali: est, centrale, e ovest, ognuno di diversa complessità tecnica, fattibilità, e impatto sociale e ambientale, per un costo stimato di più di 80 miliardi di dollari. Un’opera di questo genere, nemmeno mai immaginata in altre paesi del mondo, ha origini lontane e sembra che il presidente Mao avesse indicato, in un discorso del 30 ottobre del 1952, che il Nord avrebbe dovuto "prendere in prestito" acqua dal sud del paese. Finalmente approvato il progetto nel 2002, la costruzione è iniziata l’anno successivo.
Sebbene gigantesca, quest’opera rimane comunque “possibile” in un paese famoso per le sue “grandi opere”: la Grande Muraglia, il Grande Canale, la ferrovia Qinghai-Tibet. Questo è anche il paese della “lunga marcia”, dell’esercito di terracotta, e di molti altri progetti e grandi infrastrutture che negli ultimi anni sono state realizzate o finanziate nell’ambito della ricerca scientifica Non può essere un caso se il paese che ospita quasi un quarto della popolazione mondiale pensa e realizza mega-progetti ingegneristici. Già nel 1957 Wittfogel, sociologo e sinologo tedesco, aveva introdotto per la Cina il termine “civiltà idraulica” sostenendo che solo un particolare tipo di regime poteva costringere la sua popolazione a realizzare progetti di questa portata.
Indipendentemente da queste considerazioni filosofiche, lo sviluppo socio-economico della Cina impone un miglioramento significativo della ricerca in campo idrologico, e una conservazione e uno sfruttamento intelligente delle risorse di acqua dolce.

Nuove tecnologie per la gestione integrata delle risorse idriche sono ormai necessarie, non solo in Cina. Dovremmo potenziare la ricerca e gli investimenti per migliorare il rapporto tra suolo, energia, ecosistema e biodiversità. E soprattutto dovremmo trovare nuove strade per affrontare contestualmente e con successo i cambiamenti climatici, i problemi idrici e la gestione della sicurezza dell’acqua. Tutti problemi che in queste ultime settimane hanno visto molte regioni italiane protagoniste in negativo.
Pensando alla risorsa idrica, il prossimo decennio sarà una sfida per molti. La crisi mondiale è, infatti, aggravata sia dalla crescente domanda di acqua che dai cambiamenti climatici che portano inevitabilmente incertezze e rischi. Enormi cambiamenti, non ancora compresi, sono in atto nelle regioni polari, le due aree sulla terra dove sono custodite le maggiori risorse di acqua dolce, e nella regione tibetana anche nota come “terzo polo”. Lo scioglimento del ghiaccio in Groenlandia e il ritiro del ghiaccio marino in Antartide causeranno probabilmente un rilascio su larga scala di metano con un’inevitabile impatto globale sul clima. Questo scenario potrebbe consentire di sfruttare le risorse petrolifere della regione, ma rappresenterà anche un nuovo motivo di scontro per lo sfruttamento di nuove risorse che si renderanno disponibili.

Questi cambiamenti in atto nella criosfera avranno un impatto diretto sulle risorse d’acqua, sul clima, sull'ambiente e sui principali fiumi. Infatti, se fino a pochi anni fa si pensava che nelle aree tibetane il ritiro dei ghiacciai avvenisse solo a basse quote, alcuni studi cinesi recenti dimostrano che lo scioglimento avviene anche a ~6.000 metri. Tutto questo avrà sicuramente un’influenza sul clima e sullo sviluppo sociale nei prossimi anni.

Nell'immagine, grafico che mostra i tre canali pensati per trasportare l’acqua dal fiume Azzurro al fiume Giallo. Il progetto del canale ovest che dovrebbe essere realizzato nell’altopiano tibetano e collegare i due bacini fluviali, è in fase di forte ripensamento non solo per le sfide dell’opera e i notevolissimi costi, ma anche per il grande rischio d’impatto ambientale.

venerdì 2 gennaio 2015

BIANCO DI NEVE, di LUNA – la poesia di Natalia Stepanova di Piera Mattei



 Bianco di neve, di luna. Di contro esplodono colori netti, il rosso soprattutto, rosso di una gonna, di una rosa.
Chiudendo il libro, questa la sensazione visiva che rimane. Rumori attutiti, sguardi, gesti silenziosi. Tristezza, sì tristezza, quasi come neve, spruzzata tutt’intorno, sulla bellezza che lo sguardo selettivamente cattura.
Resto ammirata. Difficilmente mi sono imbattuta in una totale mancanza di retorica e abbellimenti, in un libro dove il cielo e le natura e anche il sentimento religioso sono protagonisti assoluti. Se la verità è la dote assoluta della poesia, qui ascolto una voce tenera e aguzza, tagliente e vera.
Elio Pecora scrive nella prefazione di ritrovare qui modi appresi dalla voce di Amelia Rosselli e dai suoi discordanti accordi. Credo che Natalia Stepanova abbia in comune con Amelia Rosselli quella scelta di fare poesia in una lingua che non è quella in cui il suo primo pensiero e le sue prime esperienze si sono formate, con l’esito di caricare ogni parola, ogni aggettivo, ma anche ogni sguardo di una dose di meraviglia, di reinvenzione, di novità.
Cito, come esempi, alcuni gli incipit, dapprima senza neppure selezionarli, dalla prima alla sesta poesia del libro:

Sarebbe cosa buona concedere/ Al poeta straniero un vocabolo nuovo. / Sarebbe generoso riconoscere/ Al cuore barbaro il sentimento;
*
Mi piacerebbe una poesia breve, / Un componimento che abbia dentro / Un segreto, una grazia da amare;
*
Il misterioso lavoro delle api / Procedeva imperturbabile / di miele selvatico e amaro;
*
Ignorare o essere immacolati / Dalla conoscenza onnisciente / Forse è lo stesso che essere /
Immortali o innocenti
*
Il desiderio della neve è in me, / Del sentiero lindo che porta a casa, / Di fanciullezza rimane e stelle grandi
*
Ho steso le coperte di piume / Alla tramontana del vento / Per respirare l’aria di neve.

Una voce dal lessico essenziale, dalla sintassi lineare, con la scelta di frantumarla con la maiuscola a inizio di verso, che, da principio percepita come un ostacolo, finisco per accettare. Senza pretese di manipolazioni o d’avanguardia, quella sintassi si trova originalmente reinterpretata.

Lo sguardo è rivolto al cielo, a cui Stepanova parla o di cui parla con l’ironia riservata agli amici stretti:
Luna non fare la morta, (incipit pag.16); Lassù nel cielo passò un pesce spada / Di vaporose nuvole con una bocca / Da taglio, da apriscatole.(incipit pag.20)
Ma il cielo è anche dimora di angeli, fa pensare all’idea di Dio quasi come un dato di fatto, anche se con quel fatto in polemica: Non credo più / Al Dio degli uomini. 
Nel silenzio parlano a Natalia le statue e i resti della città  dove ha scelto di vivere. Anche nel modo in cui si rapporta alla classicità romana c’è, come per la lingua, l’amore di un’appartenenza scelta, non casuale.  Così è rivissuto il trapasso dalla classicità all’era cristiana: Gli dei che per conto loro furono/ Perfetti senza morte, morirono, / E noi, che raccontammo bugie / Alle ombre portate via dal vento, / Accogliemmo un Dio Nuovo / Con la promessa della salvezza.


Ascolto ben calibrati echi dickinsoniani. Negli ultimi versi della breve poesia che riportiamo per intero, quella degli ultimi versi della poesia 449 “Morii per la bellezza” della grande Emily: E come nascere / Sarà morire / E Tutto quello / Che c’è stato in mezzo / Diverrà il nulla; / Inarrivabile agli occhi / Alle labbra, alle lacrime. Nel concetto di ciclico divenire e morire di “In quel di primavera”, trovo la stessa serena consapevolezza della poesia 813 “Questa polvere immobile fu signori e dame”. E ancora altri echi dickinsoniani nella frequente affaccendata presenza delle api: Sono un’ape e sono una regina, / Sono un’ape gialla come il sole –/ una punta di veleno nel pungiglione[...] Sono un’ape e gioco / Con un fiore d’acacia in terra; / A luglio ha nevicato tenue il fiore/ Sull’asfalto di Roma

Natalia Stepanova – Il sentimento barbaro – La vita felice 2014