mercoledì 2 febbraio 2022

"Il libro ebbro" di Raffaele Marchi: una Vita Nuova del Ventunesimo secolo? di Piera Mattei



 Il libro si apre su alcuni versi e su altri versi si chiude. Altri versi sparsi o in linee compatte sono alternati alla narrazione in prosa. Sono versi, certamente, sono rime, ma non bisogna farsi trarre in inganno. Ci interroghiamo: che tipo di poesia è questa?

 

Modigliani, Rimbaud e Verlaine:

assenzio, laudano e Lagrein

 

Munch, Baudelaire e Van Gogh

 vedi sopra e inoltre Grog

 

Hemingway, Sartre, Bukowsky:

Rum, birra scura e whisky

.......

E così rimando per altre strofe.

 

Siamo, certo, nella parodia, sono questi distici etilici, come appunto recita il titolo. Ma di poesia, soprattutto al di fuori dei versi, in questo libro ce n’è davvero tanta, nelle pagine scritte in prosa. Raccontano episodi della vita e dell’amore di uno studente arrivato al bivio della maturità. Proprio l’amore è quell’inganno che lo trascina via dalla baldoria incosciente della giovinezza, col desiderio di fornirsi di una tana, meglio se è una comoda casa, dove vivere da solo con l’amata.  Può capitare così che un’agente immobiliare un po’ particolare, abbozzolata in un vestito giallo stretto ma lunghissimo e con gli orli impolverati, conduca la coppia nella casa che dà sulla corte dei bianchissimi gigli a schiere, antico miracolo dell’amore che va tenuto vivo attraverso l’amore. 

 

L’amore, qui, anche raccontato come una favola, è intenso e credibile, ma mai si concede i toni del sentimentale. Quelli dello scherzo, sempre. Qui il tono è sostenuto dall’ironia, dal riso: C’è qualcosa di spaventosamente sano nel ridere[...]Tu guarda i più bei poeti della storia, guardali! Guarda Baudelaire, guarda Ungaretti, guarda Puskin, guarda Campana, guarda Whitman, guarda pure Leopardi, guarda! Non sono dei cazzo di stercorari ghignanti con le spalle gravi di pazzia?

 

Versi e prosa, un prosimetro che tratti d’amore non può non richiamare il suo archetipo. Ma “Il libro ebbro” non può passare per una Vita Nuova dell’anno 2021, anzitutto perché, ad apertura di libro, all’opposto del sommo Poeta,  Raffaele Marchi si premura di  assicurare che personaggi, avvenimenti e luoghi sono frutto dell’inventiva dell’autore. L’altro carattere che lo rende irriconciliabile con il capolavoro del Dolce Stile è appunto il tono disperato-burlesco, di cui si è detto e riportato. 

 Ma allora perché mi è venuta in mente la Vita Nuova, anche se per negarne la  discendenza? Mi rispondo: perché si tratta di una storia d’amore, non di sesso, come nella maggioranza dei romanzi contemporanei. Anche l’atmosfera toscana, direi pisana, che nei toni talvolta traspare, contribuisce a risvegliare quell’associazione. Il sesso non è escluso, certamente, ma Marichka, l’amata, è tutta compresa e, direi, protetta, nello sguardo del suo amante. Il quale, tuttavia non ama solo lei, ma anche il vino, altra grande fonte e stimolo all’ispirazione, così da entrare in competizione e avere quasi la meglio sull’altra passione.

 

 Ho solo accennato alla bellezza, all’abilità della prosa di questo “Libro ebbro”. Le parole scorrono e scaturiscono le une dalle altre con un’abilità quasi acrobatica che mi ricorda Gadda, ma  questa scrittura è molto più facilmente godibile. Per fare un esempio, poiché questo è un libro che parla del presente, succede che un certo capitolo si apra su queste parole: ”Scoppiò il morbo di Pan, dovreste saperlo”. Una trovata davvero scanzonata quella di chiamare la pandemia con quell’abbreviazione che la trasforma in dispetto della divinità-principe dei satiri, così sottraendola a tutto l’affannoso parlare che se n’è fatto, e se ne fa, in resoconti quotidiani. Raffaele Marchi proietta la pandemia nella mitologia, senza tuttavia preoccuparsi di mantenersi stretto allo scherzo linguistico, attenendosi all’invenzione quel tanto che gli permetta però d’intitolare il capitolo seguente: “Dei satiri e delle ninfe, o l’arte di rincorrersi fuggendosi”.

 

 Ho conosciuto la scrittura di Raffaele Marchi dapprima nel suo lavoro di traduttore, per il libro “La strada fantasma” di Aleksander Snegirev, che uscirà per le edizioni Gattomerlino, proprio domani. Lavoro di traduzione che ho subito trovato straordinario, anche se mi era difficile confrontare la sua versione con l’originale russo. Ora, leggendo il suo “Libro ebbro” mi pare di capire che le due attività, quella di traduttore e quella di romanziere, nella scrittura di Raffaele Marchi si nutrano reciprocamente, restituendoci il profilo di un originale, direi audace, scrittore, di un agile, intelligente, ricreatore (conferisco, anch’io, a questa improvvisata parola una valenza doppia) della narrazione in prosa.


Raffaele Marchi– Il libro ebbro–Porto Seguro 2021