lunedì 9 dicembre 2013

798: il linguaggio dell’arte in Cina - di Augusto Marcelli





Torno dalla Cina dove si affronta quotidianamente un allarme ambientale di proporzioni gigantesche, come d’altra parte è quasi tutto in questo paese. In questo momento l’est della Cina è sotto un cielo “grigio” e la gente comincia a guardare al futuro prossimo con grande preoccupazione.

Tuttavia, nonostante il clima e un livello di polveri sottili ben superiore alla soglia di allarme, Pechino è certamente una delle città con maggiori attrattive e posti da visitare. La Città proibita, il Palazzo d’estate, la Grande muraglia, sono solo le maggiori attrazioni turistiche, ma esistono molte altre opportunità spesso molto più stimolanti, tra le quali in particolare lo spazio artistico del 798. Il nome o meglio il numero di questo “distretto artistico” che copre un’area di quasi un km quadrato è l’identificativo originale di una fabbrica di armi costruita negli anni ‘50 nel distretto di Dashanzi.


Questa gigantesca area espositiva, ormai in pieno centro urbano, non è solo una collezione straordinaria di gallerie d’arte moderna, in parte all’aperto, ma un vero e proprio incubatore d’idee e di espressione del pensiero, della cultura e dell’arte contemporanea cinese. (http://www.798district.com/)


La storia del 798 inizia una decina di anni fa, quando nel 2002 artisti e organizzazioni culturali cominciarono a utilizzare, affittare e ricostruire gli enormi spazi di questa immensa area industriale trasformandoli in gallerie per esibizioni temporanee, studio’s, negozi di moda, ristoranti e bar, luoghi d’incontro di giovani e di artisti cinesi. Il suo stile molto simile a un’architettura Bauhaus rende il 798 assolutamente originale e per certi aspetti stridente, nell’attuale contesto urbano di Pechino. Luogo unico per guardare, pensare e riflettere, confrontarsi, questo spazio è aperto a tutti e decine di artisti provenienti dall’Europa e da tutto il mondo espongono qui creando opportunità culturali, e non solo.


Gli artisti cinesi in questo momento, anche se con risultati non sempre convincenti, tendono ad azzardare nelle dimensioni e nelle tecniche, sentendo l’arte come provocazione, come possibilità di esprimere idee e opinioni senza alcuna “censura”. Nei vastissimi spazi, in grado di ospitare progetti ambiziosi e/o provocatori, si può trovare di tutto: quadri, foto, installazioni monumentali, video, etc.


Il 798 Art Zone si può considerare quindi un hotspot della città. Dal 2008 in questi immensi spazi, ideali non solo per gallerie d'arte, ma anche per altri progetti “artistici” a dimensione di questo immenso paese, centinaia di organizzazioni culturali e artistiche provenienti da tutto il mondo hanno stabilito una loro sede o una galleria. Oltre all’Art Festival che si tiene in primavera, altre importanti manifestazioni attirano durante tutto l’anno politici, star del cinema e celebrità che vengono a comprare opere d’arte, ma anche a farsi vedere. Fino ad oggi, probabilmente, hanno visitato il 798 più di ottanta milioni di visitatori.


Le collezioni di arte moderna e di opere esposte sono ben più di una semplice espressione del pensiero delle avanguardie artistiche cinesi. L’arte moderna ha oggi un ruolo straordinario nella società cinese influenzando profondamente il quotidiano. La recente apertura di un grande centro commerciale a Pechino “popolato” di opere prestate dal 798 testimonia il peso anche economico e sociale che l’arte ha oggi in Cina (foto 1). Dietro la dimensione spesso gigantesca di queste opere non c’è solo la voglia di egemonia, ma probabilmente la necessità di occupare lo “spazio” non riempito dalle parole, in una società troppo occupata a fare affari per fermare a riflettere sul suo futuro. Le molte emergenze di questa società sono però ormai dietro l’angolo: l’inquinamento è forse solo la prima di queste.
Il linguaggio e gli spazi concessi all’arte in questo paese sono una grande opportunità da cogliere per tutti.


Il 798 è molto di più di un enorme complesso industriale che celebra, con le sue installazioni di lavoratori con le casacche maoiste, con le enormi scritte rosse con gli slogan maoisti che decorano gli interni di molte gallerie, con le statue di lavoratori e le lanterna rosse, le radici proletarie del periodo comunista. È un posto dove è quotidianamente sperimentata e proposta l'arte contemporanea, l'architettura e la cultura in una posizione urbana unica, un posto da visitare e soprattutto “vivere” per riflettere sul movimento artistico di un paese guidato da un’avanguardia numerosissima e da personalità artistiche con obiettivi molto spesso divergenti. Un luogo del pensiero per cercare di capire dove sta andando questo paese e forse, anche dove andrà l’arte e la cultura del XXI secolo.


Molto spesso gli stranieri vengono in Cina con il desiderio e forse anche la convinzione di portare il loro pensiero e cambiare la Cina e i cinesi, ma forse è la Cina che finisce per trasformarli. Solo per fare un esempio, uno dei maggiori architetti di oggi, John Van de Water, nel suo libro: “You can’t change China, China changes you” pubblicato nel 2011, scrive “…. quello che ho imparato in Cina è che non c’è un solo modo di immaginare il design, e spesso, ragionare solo con la logica non è il modo corretto di pensare.”


(foto 1) Interno del centro commerciale di Pechino con una grande opera molto provocatoria di un artista cinese dal titolo “Non sempre quello che vediamo è reale”.


(foto 2) “La speranza” della pittrice cinese Ziqi (proprietà privata). Un’opera particolarmente simbolica ed emblematica della moderna società cinese.