lunedì 11 maggio 2009

Piera Mattei – TEMPERA – Sabato Santo 2009


I fiori non se ne sono accorti

il verde non cessava d'aprirsi
e lo macchiava appena il giallo
dei fiori di tarassaco
se n'erano evaporati alcuni
in volatili globi

sui monti c'era ancora
visibile il manto del gelo
ma giù presso Tempera
di bianco si vestiva lo spino
che spartiva i campi
– accanto al Vera limpido
già fitto osava il grano

– l'aria era mite

l'aria era innocente e i nomi
– i nomi delle piante e dei fiori,
ma la gente
che qui si bagna all'acqua di sorgente
portati via tutti, i vivi e i morti

qui c'erano persone fino a ieri
oggi neppure un gatto, e noi che qui siamo
turbati dalla bellezza indifferente dei fiori,
noi non siamo in visita

e non dimentichiamo piazza dei Cantatori,
i narcisi con la bocca a sei petali
spinta in un grido contro la corrente limpida del Vera

Marco dice al telefono: "Siamo alla Madonnella"
L'edicola è lì infatti con tutte le Madonne
e i santi crollati a terra.
Nessun canto d'uccelli
verde ancora l'olivo bendetto della mattina prima
e Lei col Figlio bambino
è china su una copia in gesso colorato
di sé quale Pietà di Michelangelo

Di pietà c'è bisogno che lenisce la pena
– domestica pietas al bordo di rovine
l'albero dai rami rosa sporge dalla tettoia
con il bucato steso sul filo ad asciugare

Non ha scosso che pochi petali
ma le campane restano a terra
l'ugola confitta sopra mucchi di pietre

Perché della chiesetta del paese non rimane
che pietra su pietra? Le montagne guardano
mute alle rovine. Le montagne s'interrogano.
Sono forme in silenzio. Stagliate contro il cielo
sono solo forme.

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