Parlare
di Cina oggi non è più un problema. Sono tanti quelli che raccontano della loro
esperienza in Cina, tante le cose che colpiscono uno straniero che arriva in
questo paese, ma capire dove sta andando la Cina e immaginare cosa succederà
domani non è assolutamente facile. Stiamo quindi all’oggi: sarà forse utile
cercare d’interpretare i fatti che coinvolgono milioni di persone
quotidianamente.
Per chi
vive in Europa, ad esempio, la rete dei trasporti in Cina è un sistema che lo
conduce in un mondo di diverse dimensioni. Si arriva a Pechino all’aeroporto
internazionale e non ci vuole molto a capire che è tutto “fuori scala”. Tre
terminali di dimensioni gigantesche, più di 17 milioni di viaggiatori l’anno,
quasi mezzo milione di persone che “frequentano” lo scalo ogni giorno, numeri
che impongono una riflessione sulle dinamiche quotidiane e sulla crescita di
questo paese nell’ultimo decennio.
La
crescita è un’esperienza che qui si sperimenta quotidianamente. Nei giorni
scorsi un amico francese atterrando nel nuovo aeroporto di Hefei, la capitale
della provincia di Anhui, una delle più grandi del paese, cercando sul suo
telefono la direzione per raggiungere la città, scopriva con stupore che Google
map non era a conoscenza dell’esistenza dell’aeroporto e dell’ autostrada di collegamento
al centro urbano. Non trascurabili problemi connessi a una crescita alla quale non
si riesce a star dietro…
Durante
lo spring festival – il capodanno cinese – questo paese si ferma per quasi tre
settimane. Tutti i mezzi possibili, auto, treno, bus e ovviamente oggi anche l’areo,
vengono utilizzati fino all’esaurimento
posti per tornare a casa a festeggiare la fine dell’anno vecchio e l’inizio di
quello nuovo con le proprie famiglie. Una tradizione antica che implica una
migrazione di dimensioni oggi ancora più straordinarie perché la popolazione
urbana ha ormai superato quella che vive nelle campagne. Spostamenti che sono
spesso di migliaia di chilometri, percorsi principalmente con il treno, viaggi
che durano 2-3 giorni. Molti studenti iniziano a prenotare il treno un mese
prima e, grazie a internet, oggi riescono a evitare le interminabili file alle
stazioni che in passato duravano anche decine di ore prima si potesse raggiungere
uno sportello dove acquistare il biglietto.
Sebbene
anno dopo anno i cambiamenti in atto, le abitudini della nuova classe emergente
e la ridistribuzione della popolazione nell’ambito dei centri urbani stia
sicuramente intaccando questa tradizione, nel 2013 il numero dei viaggiatori durante
il capodanno cinese ha superato i 200 milioni.
C’è però
un’altra migrazione in Cina che coinvolge ogni anno più di 250 milioni di
emigranti interni, che si spostano da una regione all’altra, dalla campagna
alla città.
Nell’ultimo decennio lo spostamento dalle campagne alle grandi aree
urbane è stato continuo non solo per la crescita delle opportunità di lavoro
nelle città, ma anche per i minimi guadagni offerti dal lavoro nelle campagne.
In pratica, in molte aree rurali è ormai impossibile immaginare di sostenere
una famiglia. Il desiderio di una vita migliore associata a una naturale
crescita del sistema sociale e delle condizioni di vita, ha determinato e continua
ad alimentare la migrazione verso le grandi e medie aree urbane del paese. Oggi
sicuramente più del 50% dei cinesi vive nelle città, per lo più in lontane
periferie e in condizioni spesso “precarie”, nella speranza di poter cambiare
il proprio destino. Questo è, infatti, il vero motore della società cinese. Un’ambigua
consapevolezza di “povertà”, ma anche di straordinarie opportunità che un
sistema economico, che cresce ancora con numeri impressionanti, può offrire.
Nel 2013, la Cina ha laureato quasi nove milioni di studenti. Tutti sono sicuramente
consapevoli delle difficoltà sempre maggiori di trovare un lavoro e,
soprattutto un lavoro ben retribuito, ma tutti sono anche molto motivati a
cercarlo.
È in questo contesto che andrebbe capito il perché
dell’Hukou, un documento personale
introdotto da Mao cinquanta anni fa che i cinesi chiamano huji. In Cina questo
documento ha origini molto più antiche e comunque si ritrova anche in altri
paesi asiatici. Si tratta di un passaporto
che identifica ufficialmente una persona come
un residente di un territorio e ne riporta tutte le informazioni: il nome,
i genitori, il coniuge e la data di nascita. L’Hukou rappresenta la storia di una famiglia e di tutti i suoi
membri, ma oggi costituisce anche uno dei problemi maggiori del sistema sociale
di questo paese. Milioni di cinesi, solo a Pechino probabilmente sono venti
milioni, vivono nelle aree urbane senza essere registrati nel territorio dove
realmente risiedono: sono, di fatto, degli illegali. In pratica, non possono avere
assistenza sanitaria e i loro figli non possono iscriversi alle scuole
pubbliche.
Un problema che richiederebbe soluzioni, almeno
a livello locale. In alcuni casi già avviene, anche grazie ad associazioni umanitarie
che si organizzano per permettere alle migliaia di figli di questi immigranti, di
fatto clandestini nel loro paese, di accedere alle scuole pubbliche. Ovviamente
prima o poi anche questo avverrà in Cina, ma questi sono cambiamenti difficili
e sicuramente molto più lenti della crescita non solo economica a cui
assistiamo in questo immenso paese.
Nella foto:
Passeggeri all’imbarco al Terminale 3 dell’aeroporto di Pechino durante una delle forti nevicate di questo inverno. Nemmeno la neve può dissuadere dal ritorno a casa durante lo spring fest.
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