sabato 14 maggio 2016

Emily Bronte Milano 12 maggio 2016 Casa della Cultura di Piera Mattei



La data del 2016 non è solo quella del quarto centenario dalla morte di Shakespeare e Cervantes. Si celebra anche il secondo centenario dalla nascita di Charlotte Bronte, motivo per cui sono contenta di essere qui a parlare di Emily.
Emily, così diversa come persona e come scrittrice da Charlotte, forse neppure esisterebbe come autrice se non fosse per la tenacia, l’ottimismo della sua sorella maggiore.  Non esisterebbero le sorelle Bronte senza la convinzione che Charlotte ebbe del valore della sua scrittura e di quella delle sue sorelle, in particolare della forza straordinaria di Emily.

Charlotte, Emily, Anne, una trinità femminile. Il miracolo è appunto questo: che ciascuna abbia conservato la propria inconfondibile originalità (anche Anne in tempi recenti conosce i suoi momenti di apprezzamento critico, nuove traduzioni). Questo avviene nel reciproco scambio, nel radicamento assoluto a una stessa realtà, alla consistenza anzitutto atmosferica del loro villaggio nello Yorkshire. Più assoluto che per le altre questo radicamento riguarda Emily.

La Portrait Gallery di Londra dedica un’intera grande sala a Charlotte, ma, appunto, la scrittrice di Jane Eyre lì non è sola.
Troneggia il quadro dipinto dal fratello Branwell che le riprende insieme. Forse al centro del dipinto Branwell aveva posto se stesso là dove appare una macchia simile a una colonna, poi si era cancellato. La Gallery espone il quadro così, con questi tagli perpendicolari della pittura che indicano la lunga conservazione della tela staccata dal telaio e ripiegata. Infatti Charlotte l’aveva conservata, e alla sua morte quello che fu suo marito per poco meno di un anno, poi risposatosi e trasferitosi in Scozia, l’aveva riposta in una soffitta dove è stata ritrovata all’inizio del secolo. 
Nella sala anche i ritratto di Byron e del Duke of Wellington, perché saranno per le giovani poetesse protagonisti di gesta al pari dei loro eroi inventati dei cicli di Angria e Gondal.

Emily fu schiva e riservata, non concedendo nulla al di fuori della cerchia familiare da viva. 
Così da morta sembra resistere a offrirci di più.
Di lei restano:
- quattro diari, tanto affascinanti quanto frustranti, piccole schegge ove appunti di scrittura si mescolano a osservazioni sulla vita domestica, ma non veri propositi non veri racconti con un inizio e una fine,
- il romanzo
- le poesie
Forse, qualcuno ha congetturato, Charlotte, pensando di rispettare il volere non scritto di Emily, ha distrutto le prose che hanno preceduto il romanzo e che dovevano collegare le poesie del ciclo di Gondal.

Ma qui mi fermo un attimo per essere coerente a una promessa che ho fatto. Silvio Raffo che vorrebbe essere presente ma non può, mi ha chiesto di renderlo presente con una poesia che lui ama particolarmente, nella sua traduzione che lui giudica particolarmente riuscita. Mantengo l’impegno perché concordo sulla bontà della traduzione ma soprattutto perché mi sembra una poesia molto adatta a restituirci in sintesi poetica un autoritratto dell’autrice:

The night is darkening round me

Si fa tenebra intorno a me la notte,
spirano venti gelidi e selvaggi;
ma mi ha vinta una gelida magia
e non posso, non posso andare via.

Alberi giganteschi i rami piegano,
scheletri nudi gravidi di neve;
la tempesta mi tiene compagnia,
e non posso, non posso andare via.

Sopra di me ci sono solo nuvole,
ai miei piedi deserti e poi deserti
nessun timore avrà l'anima mia:
io non posso, non voglio andare via




Una poesia che nell’amore repulsione per quella natura fredda e desolata che lega la sua volontà, è un bellissimo, degno ritratto del carattere di Emily, come possiamo dedurlo dalla sua opera e come ce l’ha disegnato appunto Charlotte, la sua prima e unica biografa, nella nota a lei ed ad Anne, che nel 1850, dopo la morte di entrambe le sorelle, precede la seconda edizione che Charlotte curò dei loro romanzi.

Infinite congetture di carattere anche psicopatologico sono state fatte sul carattere di Emily. Si è scritto che vivesse al margine della follia, che fosse un maschio mancato.
In realtà tutte e tre le sorelle Bronte sono state divorate da una morbosa curiosità circa la loro vita. Subito dopo la morte di Charlotte e l’uscita della biografia di Charlotte commissionata dal padre alla scrittrice amica, Elisabeth Gaskell, nel 1857, si sprigionò una sorta di passione per queste sorelle nubili - allora si diceva zitelle spinsters- perseguitate dal lutto e tuttavia scrittrici originalissime, forti, quasi violente. Mitizzarono l’isolamento della loro casa nelle nebbie della brughiera.

Quella curiosità morbosa sul destino tragico della famiglia Bronte e delle tre sorelle in particolare ha rischiato di essere spesso più forte dell’amore per le loro opere.
L’industria culturale: cinema, musica, TV, gadget tovagliette e souvenir sempre nuovi si producono tutti gli anni a Londra e a Haworth nello Yorkshire lì dove nacquero e trascorsero la maggior parte della loro breve vita.

Già all’inizio del Novecento Henry James lamentava che il romanzo della loro vita impedisse un serio apprezzamento critico della loro opera.
C’è mi sembra particolare tipo di fanatismo inglese o anche genericamente anglosassone, che sostituisce la morbosità verso i personaggi della cultura e della corona a quello che nei paesi cattolici è il fanatismo per i santi: pellegrinaggi, commozione, e infine gadget e affari.

Mi viene talvolta di paragonare le Yorkshire Girls come le chiamava la Dickinson al furore che suscitano i Beatles o Elvis Presley. Ma per loro, complici le registrazioni che ai tempi delle Bronte non esistevano, c’è l’ascolto continuo passivo della loro musica, le canzoni imparate a memoria.
Per le leggende nate intorno alla vita delle tre sorelle mi viene invece quasi da paragonarle all’ignoto Bardo che si firmava Shakespeare.

Ma qui non è che la leggenda sia nata su un vuoto di notizie.  Si sa poco di Emily perché non ha avuto, che ci risulti, amori o amicizie importanti, ma si sa abbastanza della sua famiglia che era quanto lei amava ed era il contesto dal quale detestava allontanarsi, il contesto in cui sono nate le sue opere.

Se ci sia o no materia per parlare di un destino eccezionale, lo vedremo.
C’è un padre, un prete, che per ammirazione verso Nelson, dica di Bronte, borgo etneo, cambia il suo cognome da Brunty in Bronte, sposa Maria, le fa generare un figlio all’anno.
Dopo la nascita della sesta, Anne, Maria che trasmetterà ai figli la sua struttura delicata, stremata e forse colpita da cancro, morirà a 38 anni lasciando quella nidiata di figli. La maggiore ha sette anni.
Patrick vorrebbe risposarsi ma chi vorrebbe un vedovo con sei figli di cui una piccolissima. Rimane con i bambini la sorella di Maria, donna severa, ma anche fantasiosa che si occuperà soprattutto dell’educazione delle ragazze. C’è anche una tata deposito di leggende nordiche, di racconti di fantasmi, mentre Branwell è più seguito dal padre.

Appena diventano più grandi le ragazze, esclusa la piccola Anne, vengono inviate in un collegio per figli di ecclesiastici poveri. Collegio miserevole, dirà Charlotte, sporco, dove si soffre il freddo e la fame.
Lì le due maggiori si ammalano e ben presto muoiono. Charlotte e Emily sono riportate a casa.

Le bambine sono vivaci, intelligenti leggono ogni libro che trovano in casa, in particolare una rivista politicamente orientata verso il partito Tory. Assumono valori per cosi dire tradizionali, si rispecchiano in un mondo maschile, dove la guerra, lo scontro armato, il coraggio, sono comportamenti fondamentali.
Nel 1826 Patrick porta  casa per Branwell una scatola di soldatini. Li chiameranno young boys  e saranno i protagonisti di saghe cavalleresche dai contorni gotici.
Ovviamente presteranno a questi personaggi, virtù estremamente virili.

Quando Charlotte parte per completare la sua formazione originale ma lacunosa, quel gioco creativo divide i fratelli in due gruppi: Charlotte e Branwell da un lato, a raccontare le imprese di Glass Town prima, poi di Angria, Emily e Anne dall’altro a raccontare le imprese di Gondal.
In effetti sono le due più giovani che più a lungo portano avanti il gioco se in un appunto del ’45 Emily racconta che “quei furfanti ancora le deliziano”.


Le poesie che Emily ci ha lasciato sono divise in due quaderni. Sul primo c’è scritto Gondaliane, sull’altro nulla, perciò non sappiamo se dovevano essere ancora selezionate per rientrare nel ciclo o se Emily assegnasse a queste poesie una diversa collocazione nell’ambito della poesia personale e lirica.
Nelle poesie che la nostra attrice leggerà saranno facilmente riconoscibili alcune gondaliane, lì dove pronunciano le parole cattedrale, granito, battaglia, sangue, morte. Morte in prigione, morte sul campo di battaglia, morte comunque violenta.

Mai morte per consunzione, per malattia. Della morte della madre e delle sorelle queste poesie non parlano. La morte appartiene alla guerra che interrompe i normali ritmi della vita: bel modo per tenere lontano il dolore, bel modo per non doversi confrontare con una ben diversa evidenza.

Nel 1846 Charlotte scopre i quaderni di poesie di Emily che trova molto belle. Ne segue un breve contrasto, Emily ne è gelosa, forse pensa che la sorella non debba mettersi nel ruolo di giudicante. Infine però le tre sorelle si accordano per pubblicare a loro spese un libro sotto uno pseudonimo che non riveli il sesso dei loro autori, appunto il titolo sarà
Poems by Currer, Ellis, and Acton Bell
Il libro riceve tre recensioni positive, se ne vendono due copie.
Ma le recensioni positive sono sufficienti perché Charlotte, autonominatasi impresaria del trio, si senta autorizzata ad annunciare che dei tre autori sono pronti altrettanti romanzi.

I romanzi Cime tempestose, Agnes Gray e quindi Jane Eyre escono nel 1947. C’è un gran dibattito, non sempre positivo. Lo stile, soprattutto di Cime Tempestose viene accusato di brutalità. Si sospetta infine che i tre romanzi siano opera di uno stesso autore. Charlotte decide a questo punto di presentarsi all’editore con le sorelle, ma Emily rifiuterà di andare e si oppone a ricevere alcuna comunicazione che non sia rivolta al suo eteronomo

Ma i tempi corrono ormai rapidi verso una data settembre1848- maggio 49 quando altri tre fratelli Bronte moriranno l’uno dopo l’altro di malattia, probabilmente di tisi
Prima Branwell, poi Emily, quindi Anne.

Charlotte,  la superstite, incontra per la prima volta nel 1850 Elisabeth Gaskell, scrittrice e giornalista che sarà poi la sua biografa e, indirettamente, sarà la responsabile della santificazione del trio. La sua prima impressione di Charlotte è veramente modesta. Ne parla in una lettera come di a modest spinster daughter of a country parson, nota persino, con una certa crudeltà, diversi denti mancanti. Nella biografia cambierà completamente di tono. Certo Charlotte rimane da sola col padre vedovo ancora cinque anni, alimentando quell’immagine dell’unica figlia, zitella, dedita ad accudire un padre dispotico.
Ma in quegli anni Chalotte continua invece a scrivere e a proteggere  e a diffondere l’opera delle sorelle.
Nel 1854 si sposerà infine con un prete aiutante di suo padre. Sembra felice ma poi si ammala e, prima che si compia un anno dal matrimonio, muore, forse incinta.

Sì c’è materiale sufficiente per scrivere un’intera saga, senza dimenticare i romanzi e le poesie, di cui alcune qui leggeremo nella traduzione pubblicata da Via del Vento

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