lunedì 11 ottobre 2021

A proposito di "Krankenaus" di Luigi Carotenuto di Irène Duboeuf




 

Dopo aver pubblicato L'amico di famiglia e Vi porto via presso la casa editrice Prova d'Autore - due raccolte tra derisione e umorismo disincantato che ci confrontavano con l'assurdità di un mondo dove tutto è futilità, inganno e fugacità - e Taccuino olandese, una prosa poetica e onirica uscita nella rivista internazionale di poesia italiana Gradiva, il poeta Luigi Carotenuto ci propone una nuova raccolta dal titolo in tedesco che confonde i riferimenti appenal’abbiamo in mano. 

Per quanto riguarda l'epigrafe, essa evoca l'architettura della Russia di Pietro il Grande. Qual è, quali sono i luoghi del poema? Non lo sappiamo, e non importa: si capisce presto che l’unico luogo è l'ospedale e che tutti gli ospedali si rassomigliano. Per l’autore, peraltro musicista, predominano i suoni. Così Krankenhaus, oltre ad essere un titolo di canzone[1], è innanzitutto un significante che, pronunciato ad alta voce, evoca l’incrinatura, lo spezzamento, la rottura. Ed è proprio il tema di questa raccolta che inizia con l'immagine di un osso fratturato e prosegue con la rottura di una vita che se ne va.

Unità di soggetto, la morte, e unità di tono per queste poesie scritte in temporalità parallele: un tempo che anticipa la morte del padre come per addomesticarla di più, ed un altro che si ricorda, «continui spostamenti dello psichismo che si abbandona al vuoto o lo colma con ciò che resta: la memoria» scrive il poeta Leonardo Barbera nella prefazione. Due temporalità che sulla carta finiscono col diventare una: tutti i versi sono scritti al presente (il presente della narrazione e il presente reale) perché l'ospedale «satura il tempo», tutto si concentra sul presente, nell'attesa dell'ineluttabile. Il presente è anche l’abolizione del tempo, la possibilità di dire l’immutabile al cuore del cambiamento stesso. 

 

Non sono capace di devozione.

Se vuoi, però, posso trovarti

i difetti migliori, quei pregi

presentabili che non destano invidia. 

 

È con una tenera ironia che egli affronta l'indicibile, l'ignoto, la morte e confessa con umiltà la sua impotenza di fronte alla vecchiaia e alla sofferenza: 

 

Non posso darti lezioni su come si soffre

garbatamente sul filo del mondo,

questa è roba di equilibristi,

barcollo da sempre. Cosa posso offrirti?

 

Luigi Carotenuto rimane fedele al suo stile: nessuna disperazione in questo vissuto che, anche se intimo, risuona in ognuno di noi. Perché, perfino nel mezzo della gravità, il poeta non perde mai di vista il bambino che sta in lui. Per sopportare l'insopportabile, ricorre al gioco. La parola stessa è presente in molti versi del poeta che fin dall'infanzia ha “imparato a giocare col fuoco/ ai piedi del vulcano/ rischiando ogni giorno il destino di Empedocle”[2]

«Due cose vuole l’uomo autentico: il pericolo e il gioco, perciò vuole la donna, come il giocattolo più pericoloso»[3], diceva Nietzsche. Il poeta, lui, «barcolla» tra Eros e Thanatos «Sento il desiderio, la muta/ corsa dei colori», «Voglio nutrirmi di tutto il visibile» scrive in mezzo alla violenza del dolore, all’angoscia di fronte all'assenza, alla perdita prossima, una sofferenza che egli esprime nel rivivere i giochi dell’infanzia, come se, finita la partita, tutto potesse tornare come prima. «Derealizzazione» transitoria creando un'illusione di realtà che si può appropriare e padroneggiare, il gioco non è altro che uno «scherzo»:

 

La tua assenza è uno scherzo

di cattivo gusto. 

Se giochiamo a nascondino, 

mi arrendo, ho smesso di contare da un pezzo. 

Hai vinto tu.

 

Più avanti, è un gioco di carte a cui allude il poeta:

 

Cambiare gioco stravolge tutto.  

Vuoi gettare il mazzo così?

 

altrove, sono videogiochi nei bar dove, per «riprodurre» il passato, basterebbe mettere un gettone nella macchina:

 

Andavo in cucina con l'idea di trovarti operoso

e restavo deluso come un bimbo senza più gettoni. 

 

Il distanziamento ironico e il gioco fittizio permettono di alleggerire la vita, ma «bisogna ammettere che il gioco è sempre in grado di trasformarsi in qualcosa di spaventoso»[4]. Non importa, il poeta sa bene che «bisogna giocare per diventare serio»[5] ma anche che «Nell’uomo autentico si nasconde un bambino che vuole giocare».[6]

 

 Le ventinove poesie brevi e incisive, sono numerate, come per darle un posto preciso in un tempo che si disfa. A volte si incontra un aforisma formato da un solo verso, la poesia più lunga non supera i dieci versi, ed è proprio da questa densità distillata con leggerezza nel bianco delle pagine (bianco che evoca tanto le mura dell'ospedale quanto il silenzio dell'assenza, della morte, del dolore) che nascono l'intensità e la profondità della scrittura di Carotenuto, poeta dalle immagini forti che sa rendere concreto l'impalpabile, introducendo materialità anche all'interno dell'immateriale: 

Ho messo scarpe adatte/a reggere l’urto dell'assenza.

 Un dolore vibrante che risuona nelle assonanze e allitterazioni e che la traduzione arricchisce di rime interiori: «L'ospedale [...] applica suture/satura i colori» - « L’hôpital […] applique les sutures/sature les couleurs.» 

Con poche parole il lettore capisce che la morte del padre potrebbe provocare la morte simbolica del figlio che era il suo doppio, il suo riflesso:

Sono forse io quel puntino in fondo allo specchio?

Un punto, cioè quasi nulla. Una vita improvvisamente ridotta all'incarnazione di un'ombra. Ma se la morte del padre è inevitabile, viene da pensare che quella del poeta potrebbe essere salvata dalla scrittura. Georges Perros scriveva, in Papiers collés: "Poesia. Un uomo sta morendo. MORENTE. Lo trasportiamo alla clinica. Lo salviamo. La poesia è l'operazione". Una morte allegorica, passaggio obbligato per rinascere e iniziare un lento cammino verso il suo vero Io.

Da questa nuova raccolta tratteniamo immagini concrete (si potrebbe quasi parlare d’ iperrealismo) nelle quali gli oggetti usuali interferiscono e colpiscono in pieno i pensieri e le emozioni, poesie nelle quali si alternano l'«Io» e il «Tu» per un dialogo in forma di lunga lettera poetica, omaggio del poeta al padre, omaggio alle sue radici, Catania, città di cui gli ultimi versi ci nascondono la bellezza sepolta. Catania, metafora d’un giardino segreto…

 

Krankenhaus è stato pubblicato quest'anno in versione francese presso la casa editrice Il Cigno (Parigi) accompagnato da altre poesie dell'autore con il titolo “Krankenhaus suivi de Carnet hollandais et autres inédits”.

 

Irène Duboeuf

 

 

 

 

 

Quatre poèmes extraits de Krankenhaus, Gattomerlino 2020 / Krankenhaus suivi de Carnet hollandais et autres inédits

traduction de l’italien: Irène Dubœuf

 

 

 

9

Lo sportello lo apro a forza stamane.

La radio canta una messa atea di fame e miserie.

Mi sembra allora che sia vero, mentre accendo il climatizzatore

e s’inceppa, che si può anche morire

se perfino gli elettrodomestici

a volte si guastano.

 

9

La portière, je l’ouvre avec peine ce matin.
L’autoradio chante une messe athée sur la faim et la misère.
Il me semble alors que c’est vrai,

tandis que j’allume le climatiseur et qu’il se bloque, 

que l’on puisse aussi mourir 
si même les appareils électroniques

tombent en panne.

 

17

Ogni giorno siamo sempre più creativi

nell’inventarci miracoli, nel trovare scuse

per tirare avanti, nel fingerci interi.

 

17

Chaque jour, nous sommes de plus en plus créatifs

dans notre invention de miracles, l’élaboration d’excuses

pour aller de l’avant, faire semblant d’être entiers.

 

 

25

Raccogliamo la solitudine per strada.

Ripulita, rivestita, la portiamo in società: bestiolina

inoffensiva che attacca l’uomo raramente.

 

25

Nous recueillons la solitude dans la rue.

Nettoyée, habillée, nous l’emmenons en société : petite bête

inoffensive qui rarement attaque l’homme.

 

 

29

Mi domando il senso di tanto brulicare di persone

in piazza, di facce assenti a due passi da Catania Vecchia.

La bellezza può darsi l’abbiano tutta sepolta,

nascosta per bene.

29

Je me demande ce que signifie tout ce monde grouillant

sur la place, ces visages absents à deux pas de la vieille Catane.

La beauté, il se peut qu’on l’ait complétement enterrée,

soigneusement cachée.

 

Luigi Carotenuto, Krankenhaus

 



 

Gattomerlino 2020, 42 pages, 10 euros

 

 

Après avoir publié L’ami de la famille et Je vous emmène aux éditions Prova d’autore, – deux recueils entre dérision et humour désenchanté qui nous confrontaient à l’absurdité d’un monde où tout est futilité, leurre et fugacité – et Taccuino olandese, une prose poétique onirique parue dans la revue internationale de poésie italienne Gradiva, le poète Luigi Carotenuto nous propose un nouveau recueil dont le titre en allemand brouille les repères dès sa prise en main. L’épigraphe, quant à elle, évoque l’architecture de la Russie de Pierre-le-Grand.  Quel est, quels sont le(s) lieu(x) du poème ? On l’ignore, et peu importe : très vite on comprend que le lieu unique est l’hôpital et que tous les hôpitaux se ressemblent. Ce qui prédomine chez l’auteur, par ailleurs musicien, ce sont les sons. Ainsi Krankenhaus est plus que le titre d’une chanson[7], c’est avant tout un signifiant qui, prononcé à voix haute, évoque la fêlure, la brisure, la rupture. Et c’est bien de cela dont il s’agit dans ce recueil qui s’ouvre sur l’image d’un os fracturé et se poursuit par la brisure d’une vie qui s’en va. 

 

Unité du sujet, la mort, et unité de ton pour ces poèmes écrits dans des temporalités parallèles : un temps qui anticipe la mort du père comme pour mieux l’apprivoiser, un autre qui se souvient « déplacements continus du psychisme qui s’abandonne au vide ou le comble avec ce qui reste : la mémoire » écrit le poète Leonardo Barbera dans la préface. Deux temporalités qui sur le papier finissent par se confondre : tous les vers sont écrits au présent (présent de narration et présent réel) car l’hôpital « sature le temps », tout se concentre sur le présent, dans l’attente de l’inéluctable. Le présent, c’est aussi l’abolition du temps, la possibilité de dire l’immuable au cœur même du changement.

 

Je suis incapable de dévotion.

Cependant, si tu veux, je peux trouver

tes défauts les meilleurs, ces qualités

présentables qui n’ont rien d’enviable

 

C’est avec une tendre ironie que le poète fait face à l’indicible, à l’inconnu, à la mort et qu’il avoue avec humilité son impuissance face à la vieillesse et la souffrance :

 

Je ne peux te donner de leçons sur la façon de souffrir

avec grâce sur le fil du monde

c’est une affaire d’équilibriste

je titube depuis toujours. Que puis-je t’offrir ?

 

Luigi Carotenuto reste fidèle à son style : aucune désespérance dans ce vécu qui, bien qu’intime, résonne en chacun de nous. Au cœur de la gravité il ne perd jamais de vue l’enfant qui est en lui. Pour supporter l’insupportable, il a recours au jeu. Le mot lui-même est présent dans de nombreux vers chez ce poète qui dès l’enfance a « appris à jouer avec le feu/ au pied du volcan/ risquant chaque jour le destin d’Empédocle »[8].

 

 « L’homme véritable veut deux choses : le danger et le jeu. C’est pourquoi il veut la femme, le jouet le plus dangereux » [9]» disait Nietzche. Le poète, lui, « titube » entre Éros et Thanatos « Je sens le désir, / la muette course des couleurs », « Je veux me nourrir de tout le visible » écrit-il au milieu de la violence de la douleur, de l’angoisse face à l’absence, à la perte prochaine, une souffrance qu’il exprime en revivant les jeux de son enfance, comme si, la partie achevée, tout pouvait à nouveau redevenir comme avant.  « Déréalisation » transitoire créant une illusion de réalité que l’on peut s’approprier et maîtriser, le jeu n’est rien d’autre qu’un « scherzo », c’est-à-dire une plaisanterie : 

Ton absence est une plaisanterie

de mauvais goût. Si nous jouons à cache-cache, 

je me rends, j’ai fini de compter depuis longtemps. 

C’est toi qui a gagné.

 

Plus loin, c’est à un jeu de cartes que le poète fait allusion : 

Changer de jeu bouleverse tout.

C’est ainsi que tu veux abandonner la partie ? 

 

 et, ailleurs, c’est aux jeux-vidéo des bars où pour « rejouer » le passé, il suffirait de mettre un jeton dans la machine : 

J’oubliais, distrait, que tu étais parti.

J’allais à la cuisine dans l’idée de te trouver affairé

et j’étais déçu comme un enfant 

qui n’a plus de jetons. 

 

Distanciation ironique et jeu fictionnel permettent d’alléger la vie, mais « il faut admettre que le jeu est toujours à même de se muer en quelque chose d’effrayant »[10]. Qu’importe, le poète sait bien qu’« il faut jouer pour devenir sérieux »[11] mais aussi que « Dans tout homme véritable se cache un enfant : un enfant qui veut jouer.[12] » 

Les vingt-neuf poèmes, brefs et incisifs, sont numérotés, comme pour leur donner une place précise dans un temps qui se défait. On rencontre parfois un aphorisme formé d’un seul vers, le plus long poème ne dépasse pas dix vers, et c’est précisément de cette densité distillée avec légèreté dans le blanc des pages (blancheur qui évoque autant les murs de l’hôpital que le silence de l’absence, de la mort, de la douleur) que naissent l’intensité et la profondeur de l’écriture de Carotenuto, poète aux images fortes qui sait rendre concret l’impalpable en introduisant de la matérialité au sein même de l’immatériel : 

 

J’ai mis des chaussures appropriées

pour supporter le choc de l’absence.

 

 Une douleur vibrante qui résonne dans les assonances et allitérations lesquelles s’enrichissent, dans la traduction, de rimes intérieures : « L’hôpital […] applique les sutures/sature les couleurs, le temps. » 

 

En peu de mots le lecteur comprend que la mort du père risque d’entraîner la mort symbolique de ce fils qui était son double, son reflet : 

 

Peut-être est-ce moi ce petit point au fond du miroir ? 

 

 Un point, autrement dit presque rien. Une vie soudain réduite à l’incarnation d’une ombreMais si la mort du père est inévitable, on se prend à penser que celle du poète peut être sauvée par l’écriture. Georges Perros n’écrivait-il pas, dans Papiers collés : « Poème. Un homme est mourant. MOURANT. On le transporte à la clinique. On le sauve. Le poème, c’est l’opération ». Mort symbolique donc, passage obligé pour renaître et entamer un lent cheminement vers son moi véritable. 

  

On retient de ce nouveau recueil des images concrètes (on pourrait presque parler d’hyperréalisme) dans lesquels les objets usuels interfèrent et frappent de plein fouet pensées et émotions, des poèmes dans lesquels alternent le « Je » et le « Tu » pour un dialogue qui prend la forme d’une longue lettre poétique, hommage du poète à son père, hommage à ses racines, Catane, ville dont les derniers vers nous cachent la beauté ensevelie. Catane, métaphore d’un jardin secret…

 

À noter que Krankenhaus est paru cette année en version française aux éditions du Cygne accompagné d’autres poèmes de l’auteur sous le titre Krankenhaus suivi de Carnet hollandais et autres inédits.

 

Irène Dubœuf

 

 

 

 

Quatre poèmes extraits de Krankenhaus, Gattomerlino 2020 / Krankenhaus suivi de Carnet hollandais et autres inédits

traduction de l’italien: Irène Dubœuf

 

 

9

Lo sportello lo apro a forza stamane.

La radio canta una messa atea di fame e miserie.

Mi sembra allora che sia vero, mentre accendo il climatizzatore

e s’inceppa, che si può anche morire

se perfino gli elettrodomestici

a volte si guastano.

 

9

La portière, je l’ouvre avec peine ce matin.
L’autoradio chante une messe athée sur la faim et la misère.
Il me semble alors que c’est vrai,

tandis que j’allume le climatiseur et qu’il se bloque, 

que l’on puisse aussi mourir 
si même les appareils électroniques

tombent en panne.

 

17

Ogni giorno siamo sempre più creativi

nell’inventarci miracoli, nel trovare scuse

per tirare avanti, nel fingerci interi.

 

17

Chaque jour, nous sommes de plus en plus créatifs

dans notre invention de miracles, l’élaboration d’excuses

pour aller de l’avant, faire semblant d’être entiers.

 

 

25

Raccogliamo la solitudine per strada.

Ripulita, rivestita, la portiamo in società: bestiolina

inoffensiva che attacca l’uomo raramente.

 

25

Nous recueillons la solitude dans la rue.

Nettoyée, habillée, nous l’emmenons en société : petite bête

inoffensive qui rarement attaque l’homme.

 

 

29

Mi domando il senso di tanto brulicare di persone

in piazza, di facce assenti a due passi da Catania Vecchia.

La bellezza può darsi l’abbiano tutta sepolta,

nascosta per bene.

29

Je me demande ce que signifie tout ce monde grouillant

sur la place, ces visages absents à deux pas de la vieille Catane.

La beauté, il se peut qu’on l’ait complétement enterrée,

soigneusement cachée.



[1] Jazzkantine 1998

[2] Poesia pubblicata su Facebook il 17 settembre 2019

[3] Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra.

 

[4] Winnicott, 1975

[5] Aristotele

[6] Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra

 

[7] Jazzkantine 1998

 

[8] Poème inédit paru sur Facebook le 17 septembre 2019.

[9] Friedrich Nietzsche, Ainsi parlait Zarathoustra.

[10] Winnicott, 1975

[11] Aristote

[12] Friedrich Nietzsche, Ainsi parlait Zarathoustra

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