Una roccia a forma di nave – nota di lettura di Piera Mattei
Poesie in Si minore, scritte sulla tonalità dell'Incompiuta di Schubert, poesie di tonalità romantica? A ben
considerare non sarebbe la caratteristica precipua di questo libro di Marco
Ercolani, dato che tutta la produzione di questo scrittore, ossessionata dal
buio, dalla follia, dalla morte è, nel senso più autentico del termine, romantica. Non sentimentale tuttavia –
mai – né popolare, anzi costruita su una scrittura e a una lettura insieme marginale
e elitaria.
Pratica romantica è anche la
rilettura-attualizzazione dei classici e qui l'ultima sezione che porta in esergo
alcuni versi tratti dall'Odissea, costruisce le sue poesie con riflessi dell'immagine
originalissima dell'episodio citato. Occorre accennarne, perché, per quanto di mirabile
forza, il racconto, tutto fondato su una sola "pietrificante" immagine,
rimane tronco, senza reali conseguenze sugli sviluppi successivi e sul destino
dell'eroe protagonista. Siamo dunque nella parte centrale del poema. I Feaci
hanno deposto, con dovizia di
doni, Odisseo addormentato sul suolo della sua Itaca. Il loro gesto, di grande
umanità e generosità, provoca le ire di Poseidone, che vede minacciato il suo potere
di far naufragare gli umani o sospingerli erranti nel regno che gli appartiene.
Il dio del mare vorrebbe punire i Feaci distruggendo la loro nave e ricoprire
la loro bella città con un monte. Zeus, con finezza crudele, rivede il progetto, nello stesso tempo
lasciando ai Feaci la possibilità di pentirsi della loro generosità e
convertirsi all'indifferenza verso i naufraghi che il mare getta sulle loro
rive. Così stabilisce, con i versi, appunto, riportati nell'esergo: "quella
nave subito diventi roccia a forma di nave, in vista della costa! E siano presi
dal sacro stupore tutti quanti gli uomini. E poi una montagna enorme li
travolga essi e la loro città".
Gli dei ottengono quanto volevano:
i Feaci terrorizzati dalla punizione che ha reso la loro nave immobile e di
pietra, per scongiurare che il malefizio si compia nella sua interezza, faranno
a Poseidone l'offerta di dodici tori, con la promessa che smetteranno infine "di
accompagnare i mortali".
Gli dei ci puniscono della nostra
generosità. Chi si muove e attraversa gli oceani per riportare alla sua terra
un naufrago (per quanto re della sua isola) rischia di restare radicato alle
profondità marine, su una nave di pietra, "in vista della costa". Può
essere questo il senso nascosto nelle poesie dell'ultima sezione del libro? Non
è da escludere, per quanto il poeta sembri soprattutto affascinato da quella
maligna magia in sé, incantato anche lui, nell'idea di una solida immobilità: Noi, grande pietra nera / a forma di nave /
ancorata nell'acqua / niente
sangue nessuno / dice nulla / alberi immobili / svettano sul ponte
Letto dunque nella prospettiva
offerta dall'ultima sezione, il libro rende anzitutto l'idea di un mare a sua
volta colpito da immobilità su cui come relitti nuotano sogni, frammenti d'esperienze
al confine col sonno. E di nuovo torna l'acqua: Vortice / nelle vie inondate, incubo sordo / cose familiari come
estranee macerie / nell'acqua nera, cofani, vetri / scarpe. Qui l'incubo si
è fatto cronaca, anzi viceversa: l'alluvione prospetta allo sguardo un incubo
reale, con oggetti che la furia dell'acqua toglie al loro significato
familiare, per ridurli in macerie, come avviene anche – sempre, e spesso molto
prima che alle cose – per gli esseri viventi. Anche la terra compare, terra di
laguna, la laguna di Grado, Aquileia, mentre l'autore trascrive il suo sguardo
su una bellezza disegnata anche dalla storia. La preferenza per l'acqua
tuttavia è fin troppo evidente e apertamente dichiarata: Ma preferisco altre visioni: / un continente d'acqua, senza figure, /
che comprenda le nostre vite terrene / in una navigazione lentissima.
Abbiamo detto dell'acqua, del
mare. La raccolta comprende però anche poesie strettamente liriche, poesie che
raccontano l'amore, e – grata
sorpresa in una produzione che conoscevamo soprattutto legata allo scavo e al
rovello psichico e intellettuale – sensuali, con sottolineata rivincita del
tatto sugli altri sensi. Le labbra, le mani, la pelle diventano protagoniste: Pelle contro pelle, / ombra contro ombra, /
con l'impulso di rinascere ancora, / furiosi e muti. Il ritmo, in queste
poesie, si fa altra volta morbido e il racconto del dolore o dell'amore diventa
discorso triste, sì, ma piano, quasi una confessione totalmente accessibile: Anni / che non arriva il silenzio / e il
ritratto di te / si moltiplica // anni che appena respiro / mi disinganna
l'aria / e devo smettere con il fiato / tenermi la testa stretta tra le mani
nella Foto: Trieste, Molo san Giusto (Piera Mattei)
nella Foto: Trieste, Molo san Giusto (Piera Mattei)
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