Il 2013 è stato sicuramente l’anno più difficile
per i laureati cinesi. A maggio il ministero dell’Educazione Cinese ha dichiarato
che solo il 30% dei laureati nelle maggiori città cinesi, Pechino, Shanghai e Guangzhou,
avevano trovato un lavoro. Questa crescente difficoltà nel mondo del lavoro
cinese ha provocato un’importante riduzione dei salari d’ingresso da ~900 $ a
~600 $. L’incremento della popolazione dei laureati che quest’anno ha raggiunto
in Cina il ragguardevole numero di quasi sette milioni ha sicuramente
contribuito a determinare questo andamento. Tuttavia la percentuale dei laureati
rispetto alla popolazione totale Cinese rappresenta meno del 9% (censimento
dell’Aprile 2011) e sicuramente la ragione principale di questa difficoltà è legata
alla struttura industriale del paese che è fortemente squilibrata.
La ricchezza e l’enorme crescita di questo paese ha infatti origine in una straordinaria produzione industriale, comunque non ancora sufficientemente bilanciata
da offrire opportunità al crescente numero di laureati che escono ogni anno dalle
università cinesi.
Il boom economico cinese ha intensificato
gli investimenti nella ricerca e il numero di citazioni delle pubblicazioni
delle università cinesi è aumentato più di dieci volte nell’ultimo decennio,
tuttavia restando ancora molto basso rispetto ai numeri tipici del sistema
occidentale. La Tsinghua o la Peking University, istituzioni pubbliche con
almeno 100 anni di storia, raggiungono valori inferiori a dieci citazioni per
pubblicazione contro le 15-30 delle migliori università occidentali quali Harward,
Princeton, Stanford, Oxford o Cambridge che continuano a rappresentare l’élite
nel mondo universitario.
Molte università asiatiche stanno
crescendo nelle classifiche mondiali, non ultime le cinesi. Queste classifiche tengono conto di parametri universalmente
accettati nell’ambito scientifico, ma l’inclusione di altri parametri
tipicamente cinesi come la reputazione, non sempre consente di valutare
oggettivamente queste nuove realtà.
Un altro aspetto fondamentale da considerare è che queste università emergenti non sono in grado di competere con i finanziamenti garantiti alle maggiori università occidentali.
Un altro aspetto fondamentale da considerare è che queste università emergenti non sono in grado di competere con i finanziamenti garantiti alle maggiori università occidentali.
La Cina con le sue 2700 scuole e più di 31 milioni
di studenti investe circa il 3.69 % del suo GDP nell’educazione, rappresentando
oggi il maggiore sistema di educazione del mondo e anche quello che cresce più
rapidamente. È ancora inferiore e strutturalmente debole rispetto al sistema occidentale,
ma sicuramente sulla strada giusta. Nell’ultimo decennio almeno venti università
cinesi sono entrate nella lista delle 500 maggiori istituzioni del mondo
scavalcando alcune università americane. Ma mentre queste ultime spesso possono
contare su consistenti finanziamenti privati, tutte le università cinesi sono
pubbliche e negli ultimi anni solo un' università privata, l’University of
Science and Technology of South, è stata riconosciuta dal sistema educativo
cinese. l costi annuali di gestione di un’università cinese corrispondono in
termini monetari a 12-13 milioni di
euro, che normalizzati al costo della
vita salgono a 40-60 milioni. Importanti investimenti statali sono iniziati già a partire dagli anni ‘90
con incrementi annuali del 20% (fonte Royal
Society of London) proprio per costruire un sistema educativo competitivo.
Oggi che la
Cina è il secondo paese per numero di pubblicazioni scientifiche è facile
riconoscere l’importanza di questo paese nel mondo della ricerca scientifica. Già nel 2001, durante la mia prima visita in Cina per una summer school a Pechino dedicata alle
applicazioni con luce di sincrotrone, ebbi chiaramente l’impressione di
quanto fosse importante in questo paese il sistema dell’istruzione e della ricerca.
Importanti investimenti nelle infrastrutture in importanti settori interdisciplinari
e strategici erano già in essere. L’attenzione era già allora
rivolta a un’apertura internazionale per attrarre talenti stranieri e mantenere
nel paese i migliori studenti e ricercatori, sviluppando una politica etica e stimolando
le pubblicazioni su riviste internazionali di alto impatto.
Questi
investimenti stanno producendo i primi importanti frutti e quello che oggi osserviamo in Cina è esattamente l’opposto di quanto avviene
nei maggiori paesi occidentali dove le difficoltà economiche portano a una
continua riduzione dei budget delle università
e in generale di tutto il sistema educativo.
Per maggiori approfondimenti sul tema vedi A. Marcelli, La Cina e le infrastrutture di ricerca: investimenti per la scienza e la società, Mondo Cinese 154, 12-37, 2013
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