martedì 4 febbraio 2020

Piera Mattei su Gabriella Musetti " La manutenzione dei sentimenti " Samuele editore 2015




Conosco Gabriella da anni. Più volte mi ha invitato a Trieste a quelle "Residenze estive", incontri internazionali di poesia,  che con coraggio da molti anni porta avanti. 
Nel dicembre scorso, a Piùlibri piùliberi 2019, mi aveva fatto dono di questo libretto, che ora nel mio disordine, all'ennesimo ribaltamento di carte sulla scrivania per motivi di spolvero, è tornato in primo piano, a fissarmi. E quindi rispondo all'invito che mi rivolge. Mi dedico a leggerlo.

Quanto succede è che il libro, perché donatomi pochi mesi fa, reclami di essere letto come un libro che si riferisce anche al presente dell'autrice, non solo al 2015, anno nel quale è stato pubblicato. E in questa chiave lo leggo.
Quanto succede è che, avendo  conosciuto anche il compagno di vita di Gabriella, nella prima sezione del libro, quella che dà il titolo alla raccolta, seguo, quasi fosse una pellicola, il racconto di una storia d'amore, scandita dai luoghi  dove, da un primo incontro in poi, quella vita si è svolta.
Cambiare residenza può, senza che proprio quello sia il progetto, diventare un espediente per rendere sempre nuovi i gesti d'amore o almeno lo scenario di quei gesti. Ma non si gioca sempre a fare i genitori, come nella tenda in Versilia. L'arte della convivenza consiste anche nell'arte sottile di far combaciare due misure/ usate in direttrici proprie.

La seconda sezione del libro corrisponde poi alla residenza della coppia a Trieste, soprattutto agli anni della malattia di lui che permettono, ormai, solo piccoli spostamenti, per lo più verso i vicini Balcani.
Protagonista in alcune poesie è diventato il respiro, il respiro che manca, che si muta in soffio e sbuffo:
bizzarri rumori di sbuffo
suoni soffocati, fischi sommessi
altalene di sibili improvvisi
stare con te è tutto un rumorio
 di sottofondo – un basso continuo
rotto da qualche acuto
intemperante bizzoso
come un cavallo improvviso
in corsa sfrenata

Versi dove riconosci la voce di Gabriella, al confine discreto tra l'ironia che salva e una pena insostenibile.
Distanze grandi sono orami le scale:
non mi ero mai accorta che sedici scalini
sono tanti
diventano cento
in alcuni momenti

Questo è quanto è accaduto, quanto avviene, e occorre imparare ogni giorno a vivere nella condizione di fatto:
Tocca a chi tocca
[...]
e si attraversa improvvisando
ogni esperienza

Nella seconda parte del libro le poesie obbediscono a richiami e stimoli diversi, incontri con la vedovanza di altre, che suona a premonizione, e con i cambiamenti che il tempo incide sui volti.
La prima parte del libro resta per me la più preziosa, un omaggio non di pianto ma d'incanto giovanile per lo sposo che non è più in grado di ascoltarla, e di pietà verso il corpo già amato che irrimediabilmente declina. 

Cantano tutti i poeti, e anche Gabriella, quel cammino della vita per ognuno uguale, per ognuno diverso, come quel "per sempre" dickinsoniano "composto d'infiniti adesso", che sono la vera sfida, e  compaiono nell'iniziale esergo e in chiusura della raccolta:
Forever - is composed of Nows -
'Tis not a different time -
 Except for Infiniteness -
And Latitude of Home - 

(624, E. Dickinson)






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