Conosco Gabriella da anni. Più volte mi ha invitato a Trieste
a quelle "Residenze estive", incontri internazionali di poesia, che con coraggio da molti anni porta avanti.
Nel dicembre scorso, a Piùlibri piùliberi 2019, mi
aveva fatto dono di questo libretto, che ora nel mio disordine, all'ennesimo
ribaltamento di carte sulla scrivania per motivi di spolvero, è tornato in
primo piano, a fissarmi. E quindi rispondo all'invito che mi rivolge. Mi dedico
a leggerlo.
Quanto succede è che il libro, perché donatomi pochi mesi
fa, reclami di essere letto come un libro che si riferisce anche al presente dell'autrice,
non solo al 2015, anno nel quale è stato pubblicato. E in questa chiave lo
leggo.
Quanto succede è che, avendo
conosciuto anche il compagno di vita di Gabriella, nella prima sezione
del libro, quella che dà il titolo alla raccolta, seguo, quasi fosse una
pellicola, il racconto di una storia d'amore, scandita dai luoghi dove, da un primo incontro in poi, quella
vita si è svolta.
Cambiare residenza può, senza che proprio quello sia il
progetto, diventare un espediente per rendere sempre nuovi i gesti d'amore o
almeno lo scenario di quei gesti. Ma non si gioca sempre a fare i genitori,
come nella tenda in Versilia. L'arte della convivenza consiste anche nell'arte
sottile di far combaciare due misure/
usate in direttrici proprie.
La seconda sezione del libro corrisponde poi alla residenza
della coppia a Trieste, soprattutto agli anni della malattia di lui che
permettono, ormai, solo piccoli spostamenti, per lo più verso i vicini Balcani.
Protagonista in alcune poesie è diventato il respiro, il respiro
che manca, che si muta in soffio e sbuffo:
bizzarri rumori di
sbuffo
suoni soffocati,
fischi sommessi
altalene di sibili
improvvisi
stare con te è tutto
un rumorio
di sottofondo – un basso continuo
rotto da qualche acuto
intemperante bizzoso
come un cavallo
improvviso
in corsa sfrenata
Versi dove riconosci la voce di Gabriella, al confine
discreto tra l'ironia che salva e una pena insostenibile.
Distanze grandi sono orami le scale:
non mi ero mai accorta
che sedici scalini
sono tanti
diventano cento
in alcuni momenti
Questo è quanto è accaduto, quanto avviene, e occorre
imparare ogni giorno a vivere nella condizione di fatto:
Tocca a chi tocca
[...]
e si attraversa
improvvisando
ogni esperienza
Nella seconda parte del libro le poesie obbediscono a
richiami e stimoli diversi, incontri con la vedovanza di altre, che suona a
premonizione, e con i cambiamenti che il tempo incide sui volti.
La prima parte del
libro resta per me la più preziosa, un omaggio non di pianto ma d'incanto
giovanile per lo sposo che non è più in grado di ascoltarla, e di pietà verso
il corpo già amato che irrimediabilmente declina.
Cantano tutti i poeti, e anche Gabriella, quel cammino della
vita per ognuno uguale, per ognuno diverso, come quel "per sempre" dickinsoniano
"composto d'infiniti adesso", che sono la vera sfida, e compaiono nell'iniziale esergo e in chiusura
della raccolta:
Forever - is composed of Nows -
'Tis not a different time -
Except for Infiniteness -
And Latitude of Home -
(624, E. Dickinson)
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