giovedì 17 gennaio 2008

Piera Mattei INDIETRO DI CENTO ANNI?

Nell'intervista rilasciata al corriere della sera proprio ieri, l'ex-presidente della repubblica ciampi affermava che così, con la protesta di professori e studenti universitari, in risposta all'invito del rettore al papa per una lectio magistralis alla sapienza, il rapporto tra stato e chiesa tornava indietro di cento anni.
Forse è vero. Forse tuttavia non è un male arretrare un po' e vedere con una certa prospettiva dove sta andando la cultura. Forse non è sicuro che gli ultimi cento anni abbiano fatto avanzare la nostra cultura verso il progresso. e quando parlo di cultura mi riferisco non alla società in generale (è un discorso diverso) ma proprio all'ambiente di chi dedica la vita al sapere e all'arte. L'idea stessa di progresso, intesa come avanzamento generale verso il meglio è senz'altro un concetto che non può essere acriticamente adottato. Da un punto di vista della libertà, del non condizionamento da parte del potere religioso, cento anni fa, quando, se ben ricordo, crispi faceva innalzare in campo de'fiori la splendida statua di giordano bruno a memento che simili roghi non si sarebbero accesi mai più, erano certo altri tempi, e non è detto, no, che fossero tempi peggiori.
Scriveva sofri, sulla repubblica due giorni fa, che l'università la sapienza è stata fondata da bonifacio VIII (forse direi sotto il papa bonifacio che era un sovrano più di quanto non fosse uomo di cultura), ma se vogliamo andare così indietro perché non ricordare allora che il titolo stesso di "pontifex maximus" era titolo della tradizione poi detta pagana, di cui augusto si fregiava al pari di quello di imperator? I papi nel medioevo riempirono certamente un vuoto di potere, ma cosa sta avvenendo adesso, è il problema che ci riguarda.
Un papa che si dichiara, per dogma, infallibile, quando parla ex cathedra (e, paradossalmente, alla sapienza l'equivoco avrebbe potuto innestarsi) non è figura con cui, come alcuni hanno detto, rispettando il protocollo che addirittura impone il bacio dell'anello, si possa dialogare. E ricordiamo che il dogma dell'infallibilità papale viene proclamato da pio IX, alla vigilia dell'esproprio del suo stato da parte del nuovo stato italiano.
Ci sono nel mondo molti capi religiosi, ma nessuno così potente come il vescovo di roma e forse il motivo risiede nel fatto che i papi si sono fatti eredi dell'universalismo del diritto romano. Il vangelo non c'entra molto. Del resto lo studio, direi democratico, dei testi sacri non è mai stato una preoccupazione della chiesa cattolica, perché anzi è stato una delle cause di separazione di altri cristiani.
Oggi credo che il papa riceva più danno da chi lo adula che da chi, pur rispettandolo quando, molto frequentemente, esprime il suo pensiero attraverso i preti, la gerarchia ecclesiastica e gli organi di stampa, vede la sua presenza inopportuna, nel giorno stesso molto simbolico dell'inaugurazione dell'anno accademico, in una sede universitaria. Agli occhi di chi, possibilmente con umiltà, sicuramente con fatica, è in cammino nel labirinto della conoscenza, l'immagine del vescovo di roma riceve discredito maggiore da un libro dedicato ai bambini ove si "spiega" che il papa indossa scarpe rosse perché rosso è il colore del martirio e san pietro di cui il papa è successore è martire. Chi si fa portatore di verità come può non vedere che non c'è relazione tra la verità e questo tipo d'insegnamenti impartiti all'infanzia? (la notizia sul libro, edito da cantagalli "perché il papa ha le scarpe rosse?" la traggo da un articolo di aldo cazzulo, il corriere della sera, venerdì 31 dicembre 2007)
Piera Mattei
scrittrice