lunedì 1 agosto 2011

Nella storia di un uomo, una data – di Piera Mattei


All'inizio dell'estate 2011 ho ricevuto dal suo autore questo piccolo tesoro custodito negli anni: la fotocopia di una copia a carta carbone di alcune poesie. Sulla prima pagina il titolo, Quaderno Inglese, e l'indice. Poi, in alto a destra, tracciata a penna, come chi a distanza di anni cercasse di fissare esattamente nel tempo quei fogli, una data: dicembre 1947. I caratteri dattiloscritti sono piccolissimi e la carta carbone spande un po'.

Sarebbe stato bello poter conservare quei caratteri nella stampa del libro. Avrebbero restituito con la loro vibrante e porosa impressione sulla materia-carta, la realtà di un salto temporale che direttamente ci porta a prima dell'invenzione dei computer. Sarebbero stato bello, non solo perché l'uso della carta copiativa rimanda a un'idea della scrittura come lavoro di precisione e fatica – a suo modo un manufatto – ma perché il leggero sforzo che la lettura di quei caratteri piccoli e sfumati comporta, subito dissuade da un incontro superficiale, costringe a porsi degli interrogativi, a cercare sul recente atlante della storia i fatti, il contesto culturale a cui si fa riferimento.

Avverti che si tratta del disseppellimento di scritti e di emozioni, mai veramente dimenticati. Anzi la scrittura sembra riferirsi a esperienze che ancora bruciano. Un "quaderno", appunto, messo da parte -– senza mai l'intenzione di separarsene davvero – solo perché gli eventi, gli incontri, e le decisioni esistenziali hanno richiesto, di lì a poco, la concentrazione su altre letture, su altri scritti, su teorie che per loro stessa definizione si staccano dalla lirica, dal canto. L'autore di queste poesie si sarebbe infatti dedicato, con totale concentrazione ed espansione a un tempo, al sociale, al confronto di teorie e indagini sul campo, al dato oggettivo, al calcolo delle sue costanti, della sua prevedibilità.
Ma nel 1947 il giovane che scrive non sa chi diventerà, ha solo ventun anni, tutto in lui è potenziale. Per temperamento e per il momento storico in cui sta vivendo, addirittura, direi, è un concentrato di potenzialità.
A momenti sente la poesia come espressione ineludibile, pensa che ciò che più conta per lui e conterà di più negli anni avvenire è proprio la poesia:

Se almeno Iddio mi concedesse ogni anno
Dono d'alcuni versi
E pur col sangue pagare li dovessi
E con l'avara salsedine delle lagrime condirli.

Parrebbe di udire un'eco romantica, alfieriana, o anche del Leopardi della poesia civile, ma il sangue di cui qui si parla non è immagine retorica. Del sangue che effondendosi porta via con sé la vita chi scrive ha già conosciuto la consistenza vischiosa, mentre il corpo dell'amico ferito a morte, compagno nei giorni della resistenza, provvidenzialmente per lui, lo ricopriva, durante i rastrellamenti:

Mi coprivi col gran corpo caldo
Bocconi sulla mia adolescenza impaurita
Ma il sangue io dico
Il sangue chi può fermarlo
Il sangue viscoso e dolciastro?

La ferita è mortale Leandro.

Dopo aver conosciuto la violenza liberatoria della lotta armata lascia ora esplodere la sua irrequietezza, la sua voglia d'andare, di vivere la sua particolare avventura nel mondo, questa sì, di marcata connotazione romantica:

È triste e bello a un tempo
Non aver casa e andare come il fiume

Tutta la breve raccolta è percorsa da riferimenti al viaggio, anche con la descrizione delle ingenue vedute di città d'arte, dentro gli scompartimenti di seconda classe (Il Viaggio). E affiora anche un'altra passione: quella di coniugare nella propria mente e nella propria sensibilità i mondi che lingue diverse lasciano affiorare. Meticciato linguistico, incontro di culture e teorie che diventerà più tardi una caratteristica preziosa del suo pensiero e dei suoi scritti:

Inutilmente passeggi. Eterna è la promenade
Di pietra liscia come un cuore morto

Si era trasferito dapprima a Parigi, poi in Inghilterra. Lì sta raccogliendo questi suoi pensieri, appuntando i suoi ricordi. Ha già certamente conosciuto la povertà, lo smarrimento, che drammaticamente affiora nella già citata Promenade, e, con dettagli poeticissimi, in Vicarege Road, infine con più sommessi toni, nei versi di Voi dovete perdonarmi:

Voi dovete perdonarmi
Perdonarmi perdonarmi
Vecchie panche del parco verde stinto
Se la notte qui siedo
Talvolta, solo,
E non pago affitto
Non ho pagato mai
Il mio debito cresce

Emergeva il ricordo di quali erano stati, quasi necessariamente in quei tempi, i primi incontri – incontri venali – con il sesso, nell'autocommiserazione di una prostituta non più giovane, che sembra prendere in prestito la sua ironia dal tenero sarcasmo di certo Gozzano (Lamento della sgualdrina povera):

Serviva bene una volta questa vecchia carcassa
Fra queste braccia c'era del caldo
Gli studenti erano timidi e goffi
Qualcuno si dava delle arie
Un maniscalco era il più naturale
E non parlava mai.

Il presente tuttavia era l'amore, le promesse, più spesso la solitudine e il freddo del cuore, lo strappo dei traslochi, delle partenze (Come piangono dentro), era il disagio di non conoscere la perfezione del proprio desiderio (Vicarage Road):

Come il bacio rubato nel vano di una porta
Una notte di nebbia
Il sapore di un frutto proibito
Hanno i giorni inquieti della vigilia.


"Tempo di uccidere" s'intitolava il romanzo col quale, in quel medesimo 1947, Ennio Flaiano vinceva la primissima edizione del premio Strega.
L'atmosfera culturale era in quegli anni vivacissima, carica di promesse. Le strade delle città erano ancora segnate dalle distruzioni e dai lutti della guerra, ma nei vivi, che si sentivano, con senso di colpa e incontrollabile gioia, indegni o fortunati sopravvissuti, era ormai tempo di sanare, di edificare, di ridere, di saltare, tempo d'amare, tempo di pace, come appunto recita, nell'opposto positivo, l'Ecclesiaste, da cui il titolo di quel romanzo era tratto:
tempo di uccidere, e tempo di sanare; tempo di distruggere, e tempo di edificare
tempo di piangere, e tempo di ridere; tempo di far cordoglio, e tempo di saltare;[…] tempo di amare, e tempo di odiare; tempo di guerra, e tempo di pace.

Per un giovane uomo pieno di talento, desideroso di vita, assetato di cultura, colmo di progettualità, era tempo di vivere. Di questo ci parla la raccolta, del coraggio e degli scoramenti, del piacere e delle dolorose complicazioni che comporta una vita pienamente etica, cioè proiettata infine verso le proprie libere scelte.

Piera Mattei