giovedì 7 aprile 2011

A due anni dal terremoto: a (e da) Marco Iovenitti, neolaureato in fisica, originario di Tempera (AQ)


Piera Mattei a Marco Iovenitti

Caro Marco,

siamo appena rientrati da Milano, dove ho presentato un paio di miei piccoli libri, traduzioni e saggi di Plath e Dickinson. L'ho
presentati proprio il giorno 6 aprile, data strettamente legata al terremoto dell'Aquila, e poi alla nostra dolorosa visita a Tempera, giusto il sabato successivo al disastro.
Avevo il rimorso, essendo in viaggio e lontana dal mio computer, di non avere ancora ricordato quest'anno la ricorrenza su "Lucreziana 2008", come mi sono ripromessa di fare, fino a che qualcosa nel volto di Tempera non farà pensare a una rinascita.

Con un giorno di ritardo sulla triste ricorrenza pubblico la tua lettera in cui parli del tuo dolore e della tua rabbia, e, nonostante m'immedesimi in quel dolore e in quella rabbia, della tua lettera ti ringrazio: mi viene in soccorso per mantenere la promessa.

Il mondo sta conoscendo in questo periodo infinite tragedie, ma questo non può farci dimenticare i luoghi e le persone che hanno attraversato il nostro cammino, che ci sono in qualche modo più prossimi.
Quella notte, ricordo, era ancora fresco l'olivo benedetto della Domenica delle Palme. Quest'anno siamo prossimi alla Pasqua una festa che per me ha soprattutto una valenza simbolica, universale, di rinascita.
Cercando d'oppormi al senso d'impotenza che ci stringe, faccio gli auguri più affettuosi a te, alla tua famiglia e a tutta la piccola comunità di Tempera,

Piera Mattei

Marco Iovenitti a Piera Mattei

Gentile dott. Piera Mattei,

sono Marco Iovenitti, l'ormai "ex" studente del prof. Bianconi alla Sapienza, il ragazzo di Tempera (AQ).

Sicuramente si ricorda di me, come del resto io non posso e non potrò mai dimenticare lei e il mio professore.

Oggi, 06 aprile 2011 ricorrono due anni dalla fatidica data che ha cambiato per sempre le nostre vite ed i nostri animi, per questo mi sentivo di doverle scrivere poche righe, giusto per un ricordo di ciò che è stato fatto e ciò che NON è stato fatto.

Affinché l'attenzione sul dramma che si vive qui nell'aquilano non continui a precipitare nel già profondo e scuro dimenticatoio dove è ora.

E' inevitabile che il pensiero torna a rivivere quella notte del "lontano" ma così vicino 2009. Sembra ieri, il ricordo è vivo, presente, brucia ancora nella mia mente.
Le grida, la devastazione, la distruzione, la morte. Tutto così lontano, tutto così attuale.
I miei amici che non ci sono più; compagni dei giochi d'infanzia, compagni di arrampicate, compagni e colleghi di università e di liceo. Perché loro? Nessuno saprà mai dare una risposta a questa domanda.
Ieri sera, dalle ore 23 30, c'è stata una fiaccolata lungo le vie principali della "città" L'Aquila; la fiaccolata terminava in piazza del Duomo, alle 03 30 e alle 3 32, 309 rintocchi di campane hanno ricordato le vittime del terremoto.
Ma tante altre persone sono morte nei mesi dopo quell'aprile 2009, persone forti, anziani con ancora tanta voglia di vivere, di godere degli ultimi anni rimasti, si sono lasciati andare, forse straziati da un dolore troppo forte. E così Guido, Pasquale, Vero, Maria, se ne sono andati: lo "zoccolo duro" del mio paese va assottigliandosi sempre di più.

E' tremendo rendersi conto che una realtà già difficile come L'Aquila prima del 2009, ora è un presente fatto di macerie, di assenza di lavoro. Ma soprattutto di assenza di gioia, di serenità, di felicità.
Quella bella città alle pendici del mio amato Gran Sasso non ha più un'identità, non ha un futuro. Il lavoro da queste parti è assolutamente assente.
Io, studente neolaureato, sono (o sarò) costretto ad abbandonare la mia terra tanto amata a cui sono tanto legato soprattutto in questo momento. Staccarsi da questi posti, soprattutto dopo tanto dolore, è difficile.
Dove posso fare domanda per lavorare? Quale ente di ricerca potrebbe assumermi? A L'Aquila non c'è nulla. Sono costretto ad abbandonare la mia terra in questo momento quando, invece, ci sarebbe bisogno di tutti noi.

E questo fa rabbia....tanta rabbia...

Oggi qui a Tempera splende il sole, come due anni fa; illumina le macerie del mio paese (e non solo) quasi a voler ricordare che da quel giorno poco o nulla si è fatto per avere un futuro migliore.

Splende il sole, vero. Ma nel mio cuore ancora non si è aperta l'alba.
E non credo sia ancora buio solo nel mio cuore.

Un carissimo saluto,

Marco

P.S. Gli anni di studio a Roma, la serenità di svegliarmi la mattina ed andare alla Sapienza a seguire lezioni mi mancano moltissimo.