giovedì 23 aprile 2009

Lucreziana 2008 su Piero Sansonetti - Piero Sansonetti a Prima Pagina ovvero del giornalista è il fin la meraviglia


Stamattina a un ascoltatore che interveniva nella trasmissione Prima Pagina per indignarsi delle promesse candidature di "veline" al Parlamento europeo, Piero Sansonetti ha risposta con voce, che sembrava divertita, che non sa cosa significhi la parola velina. Strano per un giornalista, perché questi nomi li inventano loro, i giornalisti, e, per quanto siano brutti, tutti siamo costretti a intendere, intuitivamente, cosa significhino.
Poi, lui, il Sansonetti, cambiando il tono della voce come chi sa di dirla grossa, ha concluso che avverte, in chi si offende di veder candidate quelle belle e generose ragazze di cui non sono noti altri meriti se non la frequentazione del nostro ricchissimo premier (di questo si scriveva ieri sui giornali), una nota di antifemminismo. Come trovata mi pareva di ascoltare un allievo di Giuliano Ferrara. E certo, siamo messi proprio male se tanti che hanno fatto la carriera nei giornali della sinistra, si divertono ora a spiazzare i loro exlettori con affermazioni così gratuite, così falsamente ingenue.
Piera Mattei

sabato 11 aprile 2009

Tempera (Aq) 11 aprile 2009–In visita a un paese che non c'è più– Tempera, a small village that isn't there anymore

Un villaggio tra le montagne e un rivo di acqua purissima che l'attraversa. Intorno piccoli campi e giardini in fiore. Ma dall'altro lato della strada, sulla piccola altura dove c'era il centro del paese è rimasto un ammasso di rovine.
Marco ci ha accompagnato a vedere come il sisma ha ridotto il suo paese, la piazzetta dove giocava a pallone, la casa dove era cresciuto suo padre, quella dove un suo amico e coetaneo è rimasto sepolto, quella da cui ha estratto ancora vivo ma gravemente ferito un paesano, quella, rovinosamente crollata dove abitava la comare, che è riuscita a salvarsi, il campanile, ridotto in polvere, e tra i sassi l'orologio che segna le 3 e trenta, la campane a terra.
La sua casa miracolosamente è rimasta intatta, ma il muretto di cinta in un punto è trinciato come da una forbice. E' lì che passa la faglia. Marco ci dice: ora, appena abbiamo finito di portare via i vivi e i morti, bisognerà studiare, seguendo le lacerazioni lasciate sul terreno, come si è mossa la terra. Bisognerà aiutare i più poveri, quelli che già prima avevano serie difficoltà e noi, in un piccolo centro sappiamo chi sono.
Piera Mattei
-----

A village in the mountains and a stream of pure water that passes through it. All around small fields and flowering gardens. But on the other side of the road, on the small hill where there was the center of the village, what remains is a mass of ruins.

Marco took us to show how the earthquake has reduced his village in ruins, the square where young boy he used to play soccer; the house where his father grew up; the one where his friend buried; the one from which he extracted an alive but seriously injured villager; the bell-tower reduced in powder with the bells lying on the ground, and between fallen bricks the town-clock that indicates 3:30.

The house of Marco miraculously remained intact, but the surrounding wall fractured like it was teared up by scissors. And that’s the point where the geo-fault passes through. Marco tells us: once we will finish removing the living and the dead, following the lacerations left, we will have to study how the earth moved. We must help the poorest, those who already had serious problems and we know who they are in a small town like this.
-----
Tempera (Aq), 11 de abril de 2009. Visita a un pueblo que ya no existe.

Un pueblo entre las montañas y un arroyo de agua purísima que lo atraviesa. Alrededor pequeños campos y jardines floridos. Pero desde el otro lado de la calle, a la altura de donde estaba el centro del pueblo ha quedado un montón de ruinas.
Marco nos acompaña a ver cómo el seísmo ha reducido su pueblo, la plaza donde jugaba a pelota, la casa donde había nacido su padre, aquella donde un amigo suyo y coetáneo ha quedado sepultado, aquella de la cual ha sacado todavía vivo aunque gravemente herido a un paisano, aquella, ruinosamente derrumbada donde vivía la comadre, que ha logrado salvarse, el campanario, reducido a polvo, y entre las piedras el reloj que señala las 3 y media, la campana en el suelo.
Su casa ha permanecido milagrosamente intacta, pero en un punto el muro de la cerca está cortado como por unas tijeras. Es allí que está la hendidura. Marco nos dice: ahora, apenas hayamos acabado de llevar fuera a los vivos y a los muertos, habrá que estudiar, siguiendo los desgarros dejados sobre el terreno, cómo se ha movido la tierra. Será necesario ayudar a los más pobres, aquellos que ya tenían serias dificultades y nosotros, en un pequeño pueblo sabemos quiénes son.
(traducción Santiago Montobbio)











Non risorgeranno i corpi di quanti sono rimasti sotto le macerie del terremoto. Però domani è Pasqua. La simbologia di questa festa è più che mai forte in terra d’Abruzzo.
Marco ci ha condotto per le stradine (mucchi di detriti) di un paesino di cui rimangono solo macerie. Vuole aiutare per la ricostruzione, soprattutto vuole capire. Abbiamo avuto l’impressione di coraggio, forza e intelligenza. Con persone del genere ciò che è stato distrutto potrà risorgere. Questo è l’augurio pasquale.

-------
The bodies of so many who buried under the ruins will not rise, but tomorrow is Easter and symbolism of this festivity is much stronger in the land of Abruzzo than it has been ever.
Marco led us to the streets (piles of dirt) of a village of which only ruins remain. He wants to help for the reconstruction, and especially he wants to understand. We had the feeling of his courage, strength and intelligence. With people like him, what has been destroyed could rise again. This is the Easter blessing.
(translation by Naurang Saini)

-------
No resurgirán los cuerpos de aquellos que han quedado bajo los escombros del terremoto. Pero mañana es Pascua. La simbología de esta fiesta es más fuerte que nunca en la tierra de Abruzzo.
Marco nos ha llevado por las callejuelas (montañas de cascotes) ) de un pueblecito del que quedan sólo escombros. Quiere ayudar a la reconstrucción, sobre todo quiere entender. Con personas así lo que ha sido destruido podrá resurgir. Éste es el augurio pascual.
(traducción Santiago Montobbio)

martedì 7 aprile 2009

Tempera (AQ)– Le email di uno studente al suo professore –

Trascrivo questo grido che ci dà i brividi perchè resti su Lucreziana, non lo cancellerò mai. Deve restare a ricordare che dobbiamo impegnarci a fare tutto quanto è possibile per rendere meno terribili simili tragedie. Non dobbiamo dimenticare anche quando, che sia presto! la terra in Abruzzo avrà cessato di tremare.
Piera Mattei


6 aprile
Gentile professore,
ovviamente come ha sentito, qui a casa mia (Tempera-Aq) è un macello!

Io sono a casa e devo stare qui... ho la mia famiglia e il mio paese,

epicentro del terremoto, è stato spianato al 90 %.

Non potrò venire a lezione.

Spero che mi capirà.

Marco Iovenitti
+++
7 aprile

Professore, qui è un disastro.
Il mio paese non esiste più.
Ora sono riuscito a collegarmi da casa di un mio amico che ha la corrente.

La terra continua a tremare e forte.

Io non posso essere a Roma ora... qui c'è bisogno di aiuti.

Appena potrò tornerò e mi faro vivo da lei.

Spero che mi potrà capire e sarà comprensivo.

La ringrazio per tutto.

E spero in Dio che ci salvi.

mercoledì 1 aprile 2009

Valerio Magrelli e l'accelerazione del rischio di vivere di PIERA MATTEI

Da subito, a ben ascoltare, col ritmo giambico del treno in corsa, si sente un'ansia che vola via coi vagoni, sui binari. Il treno in Vicevita –Treni e viaggi in treno di Valerio Magrelli non è associato a un'idea di evasione, ma piuttosto di sgomento per via del corpo, della vita, volontariamente e insieme forzosamente affidati a un proiettile, con l'incertezza di essere saliti sulla vettura giusta, nella giusta direzione.

Siamo a pagina otto del libro e l'incubo è al suo inizio. L'incubo appunto della direzione sbagliata, della stazione superata, delle deviazioni, dei ritardi, degli abbandoni sui binari. Si potrebbe anche sorridere, anche fare una bella risata di sollievo, per queste come per molte altre disavventure di viaggio, giochi di ragazzini che non sanno di essere crudeli, trasferte faticose della famiglia in vacanza, tragedie alla Fantozzi come la visionaria apertura in corsa, contemporaneamente, di tutte le porte, mentre col capotreno si armeggia al quadro comandi, nel tentativo, andato così a vuoto, di liberarsi del fastidioso sottofondo musicale.
Quindi professioni sconsolate e tragiche, ma pur sempre catalogabili, con drastica cancellazione della tragicità assoluta: i "muti" che alle fermate salgono e lasciano senza molte speranze un giocattolino che poco dopo, impassibili, passano a ritirare, e, sempre troppo frequenti, i suicidi, rispetto ai quali il passeggero ha spesso reazioni ciniche o addirittura furiose.

Ma è soprattutto il ricordo di un trenino al parco giochi – il padre muto ma terrorizzato dai freni che non rispondono – che mette sull'avviso. La vita sul treno è per l'autore la metafora dell'attimo in cui la normalità, o addirittura il divertimento, potrebbero trapassare (non trapassano ancora tuttavia) nell'esatto contrario. E' in agguato l'imprevisto, un incidente che, in senso letterale, metta lo scompartimento, la vita, sottosopra. Ma anche solo una torva minaccia: un sasso che scagliato contro il treno in corsa, colpisce il finestrino dello scompartimento accanto.
Rischi a cui si è scampati per un pelo. Il treno non è, così come Magrelli ne vive l'esperienza, una forma di accelerazione del rischio di vivere, in mezzi di trasporto che ci lanciano rapidi, sempre di più, sempre di più, dall'invenzione della ruota a oggi? Vivere è, in sé, il rischio a cui il viaggio non fa che imprimere con la maggiore velocità, una probabilità maggiore di urti, dislocazioni indesiderate, disastri.
Occorre non pensarci: io in treno leggo, e leggo per narcotizzarmi, narcotizzando il viaggio: lettura come antidoto. Occorre non pensare alle associazioni più facili. Il mondo ferroviario rimanda per Magrelli l'immagine dei treni blindati di cui la storia e i testimoni ci danno notizia: noi tutti potremmo sentirci come bestie potenziali di un potenziale luogo di sterminio. La stesso rivolgere gli occhi fuori dagli scompartimenti, fuori dal proprio tavolo, dal corridoio e dalla fila di poltrone, potrebbe essere pericoloso, sia che l'occhio guardi il panorama in corsa, col rischio che le pupille si sfilaccino, sia che resti a fissare l'immagine del proprio volto riflessa sul vetro, che, dall'inizio alla fine del viaggio, varia e si modifica rivelando forse le differenti anime di cui nulla si vorrebbe sapere.
Talvolta compaiono personaggi inaspettati, estranei ed esterni al treno, come i topi della stazione di Londra, bestie che attraversano liberamente i binari, sulle quali la fantasia si scatena, creature che forse stanno iniziando una mutazione genetica verso l'umano, se sono già capaci dei loro grafiti. Protagonista altrove è lo stesso treno nel suo mutarsi e invecchiare, con l'eliminazione degli scompartimenti – già luoghi di furiose antipatie o di socializzazione – delle carrozze ristorante.

Qui, per giustificare la mia lettura di questo libro, sento il bisogno di rievocare l'immagine che per me si associa al treno fin dall'infanzia, quasi un'illustrazione visiva del concetto treno. E' il ricordo della sequenza di un film che forse a quell'età non avrei dovuto vedere: un'Anna Karenina, credo nella seconda interpretazione in quel ruolo di Greta Garbo. Nel buio il primo piano delle ruote roventi che esalano vapore, la figura tragica del controllore dei freni, il rumore, come di una funerea campana, di quel battere di un ferro sulle ruote. Di quel film non mi è rimasto nient'altro, né ho mai avuto voglia di confrontare la corrispondenza della pellicola al mio ricordo. Forse a causa di questa mia indelebile impressione, di questa tragica infantile illustrazione della parola treno, dal libro di Magrelli, scritto in quella sua lingua essenziale, nel suo tono sommesso e autoironico, mi giunge soprattutto un' eco che mi dà un brivido, mentre la sento risuonare nitida e metallica.

Valerio Magrelli – La Vicevita – Treni e viaggi in treno – Editori Laterza 2009