domenica 26 ottobre 2008

Piera Mattei – LA PRIMA LEZIONE DI FISICA

Domenica 26, Università la Sapienza. Ancora una bella giornata, quasi estiva. Il cielo vede con compiacimento questa protesta. E di domenica, senza le automobili parcheggiate all'interno, nello sfondo del cielo azzurro e dei sempreverdi, la città universitaria mostra la sua particolare bellezza. Si fa lezione di fisica ai bambini delle elementari. Chi insegna – studenti, ricercatori e professori – si divertono anche loro. Mi diverto anch'io: le facce dei bambini sono intente, a tratti preoccupate di capire fenomeni che sembrano magici, ma sono in realtà l'effetto, innocente (senza trucco), di onnipresenti forze della materia.

Poi, dopo l'una e mezza, quando i bambini sciamano per uno spuntino sul prato, intercetto Laura Caccianini, una delle responsabili del movimento.
Si ferma volentieri a parlare con me. E' una ragazza di Pescara, dell'ultimo anno della laurea triennale, gentile, semplice, carina. Certo non corrisponde al modello di bella ragazza che è diventato di moda da quando si è affermato Berlusconi, il tipo velina per intenderci, ma neppure somiglia alle dure e ideologizzate "compagne" del sessantotto. La sua sicurezza la intuisci attraverso la trama di un linguaggio prudente e molto preciso. Mi dice:
"La prima cosa che abbiamo fatto è stato stampare la legge per studiarla e conoscerla a fondo, codice civile alla mano, con studenti di diritto, per capire l'entità del danno".

Parla con molto rispetto della facoltà di Fisica di Roma: "Avrei potuto iscrivermi a L'Aquila, mi dice, ma qui è un'altra cosa, qui l'atmosfera è più stimolante, i professori sono eccellenti, questa è la punta di diamante della ricerca. Noi difendiamo questa qualità di studio, non è una dimostrazione di forza. E non è vero che siamo manovrati. Io stessa, come molti di noi, non abbiamo mai fatto parte dei collettivi e con i professori ci siamo trovati "di fatto", non programmaticamente, a condividere gli obbiettivi di lotta. Proseguiamo con un calendario di lezioni in piazza, di cui noi di Fisica siamo stati gli ispiratori, ma che molte altre facoltà stanno seguendo. Altre facoltà sono ugualmente occupate o in mobilitazione, anche quelle tradizionalmente impermeabili alla contestazione come Ingegneria, Medicina, Economia".
Laura proviene da un Liceo Classico, me lo dice con semplicità, anche se intuisco un orgoglio, discreto, di appartenenza a quella cultura, e gli anni del liceo non sono passati poi da così tanto! Ma, poi, cosa prevede dopo la laurea?
"Prevedo un'emigrazione forzata. Certo un periodo di studio all'estero lo mettevo volentieri in conto, ma con la prospettiva di tornare. Ora questa prospettiva si fa confusa…"

Ci raggiunge una ricercatrice, che ha appena concluso una bella lezione ai bambini dimostrando, sull'esperienza di un sughero a galla in una bacinella, che non sempre il parere della maggioranza è quello giusto. Per capire ciò che è giusto occorre sottoporre la nostra intuizione all'esperimento. Bella lezione, anche di etica, da parte di una sperimentale! Si chiama Barbara Sciascia, lavora ai Laboratori di Frascati, ma si vedrà scadere il contratto il prossimo giugno.
"Si vogliono tagliare i settori che potrebbero fare da volano per la ripresa dell'economia" dice,"la ricerca, poi, non può essere incanalata solo in obbiettivi pratici. Tra l'altro alcune scoperte, vedi la PET, che si è dimostra adatta e utilissima a scoprire alcuni tipi di cancro, sono state del tutto casuali".
Nel frattempo arrivano le telecamere di Mediaset e discretamente mi allontano. Spero che queste ragazze tengano duro, anche per la loro futura carriera di scienziate. E che intanto, oggi, trovino parole pacate ma convincenti per le affollate platee del padrone di Mediaset.

sabato 25 ottobre 2008

Piera Mattei-PIAZZA MONTECITORIO: LEZIONE DI FISICA

Venerdì 24 ottobre. La giornata, a dispetto delle previsioni, era bellissima. Roma, nella cornice di Piazza di Montecitorio, splendida. Li ascoltavo, lo sguardo fisso sul meraviglioso obelisco, interrogandomi sui pittogrammi, ma non rinunciando a seguirli, i geniali professori di Fisica della Sapienza. Facevano la loro lezione all'aperto, usando parole semplici, comprensibili anche da chi, trovandosi a passare, si fosse messo ad ascoltarli.
Non avevano l'aria di facinorosi, né di "cattivi maestri", i professori.
Erano quieti da suscitare meraviglia le decine di studenti seduti sui duri sampietrini, alcuni con il blocco degli appunti. Del resto il materiale a disposizione per la lezione consisteva in niente più che un paio di lavagne e un sacchetto di gessi.
Materiale che ha usato per la sua lezione sulla materia (e la materia oscura) Paolo Lipari, ma che non è servito poi né a Giovanni Jona Lasinio né a Giorgio Parisi che hanno fatto lezioni eccellenti semplicemente parlando al loro pubblico, senza bisogno di scrivere formule. Ma, attenzione, nessuno di loro voleva affermare che due lavagne e dei gessi, o solo un microfono, sia di quanto la scienza ha bisogno per avanzare. La scienza anzi per avanzare, lo hanno tutti sottolineato, richiede di far uscire dal precariato chi vi lavora, richiede investimenti, per frenare quella che, talvolta con fatalismo e freddezza, viene chiamata "fuga di cervelli", l'espatrio a cui sono costretti i nostri giovani di talento.

Paolo Lipari ha un entusiasmo, un'enfasi felice che certamente trascina gli studenti. Sono arrivata un po' in ritardo sul suo discorso, ma ho potuto notare una passione e una comunicativa specialissimi.

Di Jona Lasinio abbiamo già parlato su questa rivista. E' una delle grandi menti della Fisica Italiana, parla con originale eleganza, ma – gli altoparlanti non funzionano alla perfezione – la sua voce discreta non risuona nella piazza. Parla dello sviluppo della conoscenza da Keplero, a Kant a Maxwell, dell'analogia come categoria della ricerca e io rifletto (non so quanto correttamente) che c'è una somiglianza tra analogia in fisica e metafora in poesia.
Continua Jona Lasinio: parla di linguaggi, della "cross-fertilization" avvenuta negli ultimi trentacinque anni tra i linguaggi della fisica della materia condensata e la fisica delle particelle. Perché la superspecializzazione, anche necessaria, mi pare di capire, finisce per tramutare ambiti distinti e separati in giardini inaccessibili per chi non se ne sia procurata la chiave. Che i linguaggi s'incrocino e si fecondino a vicenda, non solo entro i vari ambiti della Fisica, ma anche tra scienza e letteratura, mi sembra necessario. Poi Jona Lasinio spiega cos'è una rottura di simmetria. Non credo mi sia sfuggito: non fa un minimo accenno al fatto che su questo argomento aveva nei suoi vent'anni firmato un articolo che al coautore è valso l'ultimo Nobel per la Fisica.

E' quindi la volta dell'altro grande, Giorgio Parisi, diventato, negli ultimi anni, popolare anche tra il pubblico non specialistico. Svolge una lezione bella e insospettabilmente "facile" su Einstein, con risvolti anche aneddotici, veramente felice. Conclude affermando con passione che il "diritto alla ricerca" è scritto nella nostra Costituzione e che non è possibile calpestarlo con tanta leggerezza.

Frattanto il bellissimo palazzo che si stagliava dietro alle lavagne, come spesso di questi tempi, restava chiuso, sordo e incapace di rimandare risposte o echi.
Occorre insistere. La prossima settimana si continua con le lezioni in piazza e spero faccia bel tempo.
Piera Mattei

domenica 12 ottobre 2008

Piera Mattei-DUE PROFESSORI DELLA SAPIENZA HANNO RISCHIATO IL NOBEL

Avevamo aperto questa rivista lo scorso gennaio, protagonisti i professori della facoltà di Fisica della Sapienza. Nonostante solo pochi mesi siano trascorsi, forse non sarà inutile ricordare: avevano firmato una lettera di protesta al rettore, per difendere l'inaugurazione dell'anno accademico da inopportune sovraesposizioni mediatiche e dall' intromissione del Papa. Per questo furono attaccati da ogni lato, persino – e Lucreziana lo notò con rincrescimento e un'ombra di sdegno – da illustri colleghi di altre facoltà.
Da allora molte cose sono cambiate e quel che molti temevano è avvenuto: il ritorno al governo di una classe politica che di fronte alla parola cultura fa smorfie, arriccia il naso e, concretamente poi, taglia i fondi all'Università e alla scuola. Anche di recente, esponenti di spicco del governo hanno colto l'occasione per difendere e elogiare le veline, loro sì!, contro i detrattori, gli "snob", "gli arroganti" esponenti della cultura.

Tuttavia i professori della facoltà di Fisica della Sapienza non sono scomparsi. Tornano a far discutere, a occupare le pagine dei giornali perché hanno rischiato, in due, ma per ricerche diverse, di vedersi aggiudicato il Nobel. Uno si chiama Giovanni Jona Lasinio ed è cofirmatario col giapponese Joichiro Nambu di un articolo scritto a Chicago nel 1961 per la scoperta del meccanismo di rottura spontanea della simmetria nella fisica subatomica. L'altro è Nicola Cabibbo: infatti è universalmente noto che la formula di fisica (il CKM mixing) per cui sono stati premiati "solo" i due scienziati giapponesi Kobayashi e Maskawa porta "anche" il il suo nome.

Lucreziana qui s'interroga sul motivo per cui gli scienziati italiani sono stati tenuti fuori dal premio. Si è voluto, per motivi pratici evitare di dividere il premio tra due nazioni? ovvero la pessima immagine dell'Italia si è ripercossa sulla scelta svedese, e proprio loro, i fisici da Nobel, ne hanno pagato il prezzo?

lunedì 6 ottobre 2008

Alessandro Centinaro-LA RAGIONERIA DEL SESSO

LA RAGIONERIA DEL SESSO
Papa Benedetto XVI è tornato sull’argomento della contraccezione, ribadendo con forza il punto di vista ecclesiale secondo cui l’uso degli strumenti contraccettivi è moralmente illecito e peccaminoso, ritenendo che non si possa “esporre all’arbitrio degli uomini la missione di generare la vita”, e che l’atto sessuale sia lecito unicamente se finalizzato alla procreazione: in tale ottica si è pure ribadito che l’unica forma lecita di controllo delle nascite è il cosiddetto “metodo Ogino-Knaus”, ossia la osservazione dei periodi di fertilità della donna (quindi la astensione dal coito durante i periodi di fertilità, e la pratica dei coito nei periodi di non fertilità).
Bene, ogni dottrina – compresa quella tradizionalistica sopra richiamata- è meritevole di rispetto; tuttavia crediamo che l’intelligenza umana dovrebbe sempre ed almeno esser rispettosa di sé stessa, e degli elementari principi logici che la governano, se è vero che l’intelletto umano è un “riflesso” di quello divino, cosicchè ogni ragionamento viziato da intima contraddizione logica dovrebbe considerarsi una offesa a quella “fonte” soprannaturale dell’umano intelligere: fatta tale premessa, è assai facile dimostrare che il proibire, da un lato, gli strumenti contraccettivi, e consentire, dall’altro, il cosiddetto “metodo Ogino Knaus” (osservazione dei periodi di fertilità della donna, ed esercizio della sessualità limitatamente a tali periodi) è frutto di un percorso contraddittorio sia logicamente che moralmente.
Il principio, riaffermato dalla dottrina ecclesiale, è che sia “male” perseguire il sesso come fine a sé stesso, e quindi praticare il sesso non finalizzato alla procreazione, poiché il sesso sarebbe, moralmente e naturalmente, solo il tramite per la propagazione del dono della vita; orbene, non occorre scomodare alcun filosofo per capire una verità elementare, ossia che chi pratica il metodo “Ogino-Knaus” (pratica del coito limitata ai periodi di non fertilità della donna) altro non fa che un puntiglioso ed egoistico calcolo da ragioniere, finalizzato unicamente a godersi la libidine del coito, accuratamente evitando- e così causalmente impedendo- di far seguire, a tale piacere, il doveroso frutto della procreazione.
I filosofi, non meno dei giuristi, hanno sempre saputo che dal punto di vista della causalità e della responsabilità, una condotta causalmente “omissiva” equivale in tutto e per tutto ad una condotta causalmente “commissiva”.
Chi usa uno strumento “fisicamente” contraccettivo, quale un normale profilattico, interpone, fra il flusso seminale ed il suo naturale alveo di affluenza, un diaframma di lattice, ossia interpone, fra la libidine del coito e la procreazione, una barriera per così dire “idraulica”; chi pratica il metodo “Ogino Knaus” non interpone, rispetto al fine procreativo, una barriera “fisica” o “idraulica”, bensì interpone un altro tipo di barriera, la “premeditata” barriera di un calcolo statistico e ragionieristico, il cui scopo è però pur sempre quello di assicurarsi un piacere sessuale “puro” e fine a sé stesso, il coito per il coito, preordinando la elusione della procreazione: in entrambi i casi, e con entrambi i metodi (il lattice o il calcolo) vi è una “colpevole” e deliberata dispersione del “bonum seminale” (un dono che sarebbe stato concesso all’uomo non per il suo piacere, ma per il dovere di procreare), con l’unica differenza che chi pratica il metodo “Ogino-Knaus” potrebbe esser forse moralmente più colpevole, avendo, di solito, “premeditato” (con una paziente e prolungato “monitoraggio” dei periodi di non fertilità) un atto sessuale elusivo della procreazione, laddove invece l’utente del lattice potrebbe, chissà, aver ceduto ad un impulso occasionale, non premeditato!
Insomma, si al ragioniere, no all’idraulico: l’assurdo, si sa, sconfina sovente nel comico.
Varrebbe forse la pena di approfondire un po’ meglio la riflessione sul rapporto dell’individuo umano con il bene (e con i beni) della vita; vero è (dal punto di vista sia del credente che del laico) che la vita “passa” attraverso l’individuo umano, che ne è – per natura – custode in nome dell’umanità, la quale deve conservarsi e proiettarsi nell’avvenire; vero è anche che stiamo parlando della vita “umana”, nel cui orizzonte spirituale (riflesso, dicono i credenti, del divino intelletto) la bellezza (cui la umana “libido” appartiene “naturaliter”) è anche valore in sé e fine in sè, in quanto intellegibile evocazione e tensione al “senso” dell’universo nel suo essere e divenire: ragionare diversamente (considerando la “libido” umana non come varco spirituale alla bellezza ma come mera e brutale spinta istintuale meccanicamente ordinata alla riproduzione) ci dovrebbe indurre, coerentemente, a concepirci solo come bovini da allevamento e riproduzione (con tutto il rispetto per i sereni animali).