Quali sono i criteri che hanno guidato la scelta delle poesie di Emily Dickinson che accompagnano in questo libro le opere di tre artiste: Caroline Peyron, Renata Petti, Lucia Sforza? Il libro assoluto e postumo della grande Emily si compone di ben 1770 liriche, come orientarsi in un panorama così vasto, così vario: pensieri, immagini e concetti (poesia!) assolutamente liberi, non vincolati da nessun progetto costruttivo?
Due i punti di riferimento che mi erano offerti: la poesia alla
quale le opere dell’artista si sono ispirate, la 689 della raccolta critica di
Thomas H. Johnson; e la 617 che mi era indicata come fulcro ispiratore per
l’attività delle edizioni IlfilodiPartenope.
La mia scelta è dunque partita tematicamente, ma anche
graficamente, da queste due poesie. Le ho stampate su foglio e con una penna
rossa ho cerchiato le parole chiave dell’una e dell’altra. Questi i risultati:
617
689
Gli zeri – ci insegnarono – il
fosforo
e imparammo ad amare il fuoco
giocando da ragazzi con ghiacciai
e l’esca per fuoco capimmo
con la forza
dell’opposto – per bilanciare
il diverso
se c’è il Bianco deve esserci
un Rosso!
Immobilità – il nostro semplice
catechismo
per la Vitalità
per la Vitalità
617
Non riporre su in alto il
filo e l’ago
comincerò a ricamare
quando gli uccelli riprendono
a fischiare
punti migliori – così
questi erano storti – e
distorta la mia vista
quando sarà limpida la mente
ricamerò – con esiti che
non farebbero arrossire una
Regina
orlature – troppo delicate perché
la dama
ne rintracci l’invisibile
nodo
piegoline – di deliziosa
dispersione
come un punto tutto di
puntini.
Lascia l’ago sulla trama
dove io l’ho lasciato
posso rendere diritti
i punti zigzaganti – quando
mi sento forte
fino ad allora –sognando che
sto cucendo
riprendi tu i punti che ho
perso
più vicino – così, addormentandomi,
ancora mi sembrerà di
ricamare
Nella seconda mettevo nel cerchio rosso anzitutto i nomi
relativi al lavoro di cucito: filo e ago,
orlature e piegoline, punti e trama; poi gli uccelli e la Regina;
e i concetti di debolezza e forza (distorta la mia vista… quando mi sento forte);
l’atto di addormentarsi, il bisogno di vicinanza (riprendi tu i punti che ho perso / più vicino)
Scoprivo a questo punto che la splendida poesia, giusto
contigua alla 617, la 616 (Mi sollevavo
perché lui affondava), comprende immagini e concetti che si collegavano sia
alla prima che alla seconda lirica, centrata com’è sui concetti di
bilanciamento di opposti, forza e debolezza, sull’immobilità del principe e la vitalità di chi parla (presumibilmente il
corrispondente femminile del Principe, la Regina).
Sempre per accordarmi con la prima delle due poesie,
sceglievo la 1510, dove protagonista assoluto è un oggetto del mondo minerale,
un sasso, che tuttavia indossa un cappotto di comune color bruno, e si
associa o sceglie di stare solo, come fosse vivo, richiamando così la potenza,
la bellezza e il mistero del mondo fisico – l’essere in sé, la minerale essenza
– cui sembrano fare riferimento gli zeri,
il fosforo e l’esca per il fuoco della poesia 689.
Tornando quindi definitivamente alla ricchissima seconda
poesia programmatica, la 617, già richiamata nelle idee di malattia e salute,
debolezza e forza e nel concetto di regalità della 616, trovavo – con
contiguità nella catalogazione, questa volta dal lato della numerazione
superiore – nella 618, l’uso degli strumenti
del cucito, il tenere occupate le mani con spilli e piccoli lavoretti,
come terapia al dolore, al vuoto; mentre atteggiamenti domestici femminili
relativi a abiti e stoffe sono
attribuiti anche alla Natura che si affretta al cambio di stagione nella lirica
1762.
L’immagine, anzi il suono,
degli uccelli che riprendono a
fischiare mi hanno indotto a citare lo splendido concerto che con grazia anche
scenica (s’inchinò) il piccolo volatile
intona all’ingresso del corteo funebre (n. 1761).
Il desiderio di
vicinanza si ricollega alla forza necessaria a restare immobile in attesa, nell’isolamento
della propria stanza-clausura, al suono noto e atteso del passo che annuncia la
presenza desiderata (1760). E forse è quasi superfluo poi evidenziare
l’affinità tra l’ultima strofa della 617 e la seconda della 1759, entrambe concentrate
sul delicato momento che conduce al sonno
con i pensieri e le immagini che lo accompagnano.
Infine la poesia 613 ci riporta nuovamente al tema degli uccelli, che Dickinson sente simili qui non
tanto e non solo per il desiderio prorompente di cantare (Mi zittiscono con la prosa) quanto per una naturale attitudine alla
libertà, con immagini piene di grazia e ironia che ci rendono vivo e presente
il ritratto di una Emily bambina indomabile. Una poesia perfetta alla quale, in
questa scelta, a malincuore avrei saputo rinunciare.