mercoledì 30 aprile 2014

Emily, un libro d'arte – ilfilodipartenope edizioni




Quali sono i criteri che hanno guidato la scelta delle poesie di Emily Dickinson che accompagnano in questo libro le opere di tre artiste: Caroline Peyron, Renata Petti, Lucia Sforza? Il libro assoluto e postumo della grande Emily si compone di ben 1770 liriche, come orientarsi in un panorama così vasto, così vario: pensieri, immagini e concetti (poesia!) assolutamente liberi, non vincolati da nessun progetto costruttivo?

Due i punti di riferimento che mi erano offerti: la poesia alla quale le opere dell’artista si sono ispirate, la 689 della raccolta critica di Thomas H. Johnson; e la 617 che mi era indicata come fulcro ispiratore per l’attività delle edizioni IlfilodiPartenope.

La mia scelta è dunque partita tematicamente, ma anche graficamente, da queste due poesie. Le ho stampate su foglio e con una penna rossa ho cerchiato le parole chiave dell’una e dell’altra. Questi i risultati:

689

Gli zeri – ci insegnarono – il fosforo
e imparammo ad amare il fuoco
giocando da ragazzi  con ghiacciai
e l’esca per fuoco capimmo con la forza
dell’opposto – per bilanciare il diverso
se c’è il Bianco deve esserci un Rosso!
Immobilità – il nostro semplice catechismo
per la Vitalità



617

Non riporre su in alto il filo e l’ago
comincerò a ricamare
quando gli uccelli riprendono a fischiare
punti migliori – così

questi erano storti – e distorta la mia vista
quando sarà limpida la mente
ricamerò – con esiti che
non farebbero arrossire una Regina

orlature – troppo delicate perché la dama
ne rintracci l’invisibile nodo
piegoline – di deliziosa dispersione
come un punto tutto di puntini.

Lascia l’ago sulla trama
dove io l’ho lasciato
posso rendere diritti
i punti zigzaganti – quando mi sento forte

fino ad allora –sognando che sto cucendo
riprendi tu i punti che ho perso
più vicino  – così, addormentandomi,
ancora mi sembrerà di ricamare


Nella prima poesia le parole in evidenza sono zeri e fosforo, fuoco e  ghiacciai, il Bianco e il Rosso e i concetti: la forza / dell’opposto; bilanciare il diverso; Immobilità e Vitalità.

Nella seconda mettevo nel cerchio rosso anzitutto i nomi relativi al lavoro di cucito: filo e ago, orlature e piegoline, punti e trama; poi gli uccelli e la Regina; e i concetti di debolezza e forza (distorta la mia vista… quando mi sento forte); l’atto di addormentarsi,  il bisogno di vicinanza (riprendi tu i punti che ho perso / più vicino)

Scoprivo a questo punto che la splendida poesia, giusto contigua alla 617, la 616 (Mi sollevavo perché lui affondava), comprende immagini e concetti che si collegavano sia alla prima che alla seconda lirica, centrata com’è sui concetti di bilanciamento di opposti, forza e debolezza, sull’immobilità del principe e la vitalità di chi parla (presumibilmente il corrispondente femminile del Principe, la Regina).
Sempre per accordarmi con la prima delle due poesie, sceglievo la 1510, dove protagonista assoluto è un oggetto del mondo minerale, un sasso, che tuttavia indossa un cappotto di comune color bruno, e si associa o sceglie di stare solo, come fosse vivo, richiamando così la potenza, la bellezza e il mistero del mondo fisico – l’essere in sé, la minerale essenza – cui sembrano fare riferimento gli zeri, il fosforo e l’esca per il fuoco della poesia 689.

Tornando quindi definitivamente alla ricchissima seconda poesia programmatica, la 617, già richiamata nelle idee di malattia e salute, debolezza e forza e nel concetto di regalità della 616, trovavo – con contiguità nella catalogazione, questa volta dal lato della numerazione superiore – nella 618, l’uso degli strumenti del cucito, il tenere occupate le mani con spilli e piccoli lavoretti, come terapia al dolore, al vuoto; mentre atteggiamenti domestici femminili relativi a abiti e stoffe sono attribuiti anche alla Natura che si affretta al cambio di stagione nella lirica 1762.
L’immagine, anzi il suono, degli uccelli che riprendono a fischiare mi hanno indotto a citare lo splendido concerto che con grazia anche scenica (s’inchinò) il piccolo volatile intona all’ingresso del corteo funebre (n. 1761).
Il desiderio di vicinanza si ricollega alla forza necessaria a restare immobile in attesa, nell’isolamento della propria stanza-clausura, al suono noto e atteso del passo che annuncia la presenza desiderata (1760). E forse è quasi superfluo poi evidenziare l’affinità tra l’ultima strofa della 617 e la seconda della 1759, entrambe concentrate sul delicato momento che conduce al sonno con i pensieri e le immagini che lo accompagnano.

Infine la poesia 613 ci riporta nuovamente al tema degli uccelli, che Dickinson sente simili qui non tanto e non solo per il desiderio prorompente di cantare (Mi zittiscono con la prosa) quanto per una naturale attitudine alla libertà, con immagini piene di grazia e ironia che ci rendono vivo e presente il ritratto di una Emily bambina indomabile. Una poesia perfetta alla quale, in questa scelta, a malincuore avrei saputo rinunciare.