Il giorno 16 ottobre il cielo di Roma era della sua bellezza più commovente e io, sentendomi percorsa di quella strana felicità che le condizioni atmosferiche regalano, entravo nel luogo di pace e pacata bellezza che è il Cimitero acattolico.
Lì, certo sono entrata più volte a rendere omaggio ai grandi che vi sono sepolti, ma stavolta l’omaggio era rivolto a un’artista, Francesca Vitale che, ancora una volta assecondando la sua passione per i cimiteri, aveva allestito, in quella che era stata la camera mortuaria una sua originale mostra: Jubox Klein1961, istallazione di tecnica mista a base fotografica su due piani spaziali.
Sulle pareti decalcomanie e collage digitali impressi su alluminio, frammenti di immagini del San Michele a Venezia, dove sono sepolti anche Brodskij e Pound , e immagini del cimitero acattolico di Roma. Sul pavimento invece una istallazione che evoca la triade contemplativa di Klein, il blu, l’oro e il rosa carminio. L’istallazione vuole infatti anche pagare un tributo di ammirazione e di affinità a Yves Klein, precursore della Body art.
Ecco inoltre: noto le mani tinte di blu di Francesca (body art, appunto). E poi, da notare, la data del 1961 che compare nel titolo della mostra, è l’anno in cui Klein donò al monastero di Santa Rita da Cascia il suo EX voto – composto con l’oro che non era finito nella Senna, di quello ricavato dalle sue note venditi di Vuoto – ma anche quello della nascita della nostra artista.
Francesca l’avevo conosciuta alcuni anni fa, agli inizi dell’attività del nostro Spazio Gattomerlino in Borgo Vittorio 95. Per un certo periodo aveva frequentato i nostri incontri e infine, nell’ottobre 2017, aveva partecipato in prima persona alle attività con una mostra, Il Sogno di Zazie , che immergeva lo spettatore in una quantità di immagini e suoni, dove le presenze meno immateriali erano presenze feline, sagome nere o bianche di gatti dagli occhi fosforescenti.
Alcuni di quei bellissimi gatti sono tornati qui, nella mostra al cimitero acattolico e mi dicono che i gatti in carne e ossa del giardino, durante l’allestimento della mostra, quando non notavano presenze umane intorno alla cappella, entravano furtivamente, come per voler capire di che cosa mai fossero fatti quei loro simili.
Della mostra, ma anche di gatti, mi sono poi intrattenuta a parlare con Amanda Thursfield, direttore del Cimitero, una donna dall’aspetto luminoso, non solo per la complessione chiara dei lineamenti. La cosa più bella che le sento dire è, a proposito del cielo di Roma – blu assoluto tra il verde intenso di cipressi e pini – che entrambe siamo attratte a contemplare: “Quando studiavo in Inghilterra i pittori del Novecento, pensavo che i loro colori fossero esagerati, ma no, Roma ha dei colori inimmaginabili, di un’intensità unica!”.
Turisti silenziosi si aggirano, si fermano davanti all’apparizione della Piramide.
Bella e interessante la mostra, un tonico per l’anima questa ottobrata romana.