La data del 2016 non è solo quella del
quarto centenario dalla morte di Shakespeare e Cervantes. Si celebra anche il
secondo centenario dalla nascita di Charlotte Bronte, motivo per cui sono
contenta di essere qui a parlare di Emily.
Emily, così diversa come persona e come
scrittrice da Charlotte, forse neppure esisterebbe come autrice se non fosse
per la tenacia, l’ottimismo della sua sorella maggiore. Non esisterebbero le sorelle Bronte senza la
convinzione che Charlotte ebbe del valore della sua scrittura e di quella delle
sue sorelle, in particolare della forza straordinaria di Emily.
Charlotte, Emily, Anne, una trinità
femminile. Il miracolo è appunto questo: che ciascuna abbia conservato la
propria inconfondibile originalità (anche Anne in tempi recenti conosce i suoi
momenti di apprezzamento critico, nuove traduzioni). Questo avviene nel
reciproco scambio, nel radicamento assoluto a una stessa realtà, alla
consistenza anzitutto atmosferica del loro villaggio nello Yorkshire. Più
assoluto che per le altre questo radicamento riguarda Emily.
La Portrait Gallery di Londra dedica
un’intera grande sala a Charlotte, ma, appunto, la scrittrice di Jane Eyre lì
non è sola.
Troneggia il quadro dipinto dal
fratello Branwell che le riprende insieme. Forse al centro del dipinto Branwell
aveva posto se stesso là dove appare una macchia simile a una colonna, poi si
era cancellato. La Gallery espone il quadro così, con questi tagli
perpendicolari della pittura che indicano la lunga conservazione della tela
staccata dal telaio e ripiegata. Infatti Charlotte l’aveva conservata, e alla
sua morte quello che fu suo marito per poco meno di un anno, poi risposatosi e
trasferitosi in Scozia, l’aveva riposta in una soffitta dove è stata ritrovata
all’inizio del secolo.
Nella sala anche i ritratto di Byron e del Duke of Wellington, perché saranno per le giovani poetesse protagonisti di gesta al pari dei loro eroi inventati dei cicli di Angria e Gondal.
Nella sala anche i ritratto di Byron e del Duke of Wellington, perché saranno per le giovani poetesse protagonisti di gesta al pari dei loro eroi inventati dei cicli di Angria e Gondal.
Emily fu schiva e riservata, non
concedendo nulla al di fuori della cerchia familiare da viva.
Così da morta sembra resistere a offrirci di più.
Così da morta sembra resistere a offrirci di più.
Di lei restano:
- quattro
diari, tanto affascinanti quanto frustranti, piccole schegge ove appunti di
scrittura si mescolano a osservazioni sulla vita domestica, ma non veri
propositi non veri racconti con un inizio e una fine,
- il
romanzo
- le
poesie
Forse, qualcuno ha congetturato,
Charlotte, pensando di rispettare il volere non scritto di Emily, ha distrutto
le prose che hanno preceduto il romanzo e che dovevano collegare le poesie del
ciclo di Gondal.
Ma qui mi fermo un attimo per essere
coerente a una promessa che ho fatto. Silvio Raffo che vorrebbe essere presente
ma non può, mi ha chiesto di renderlo presente con una poesia che lui ama
particolarmente, nella sua traduzione che lui giudica particolarmente riuscita.
Mantengo l’impegno perché concordo sulla bontà della traduzione ma soprattutto
perché mi sembra una poesia molto adatta a restituirci in sintesi poetica un autoritratto
dell’autrice:
The night is darkening round me
Si fa tenebra intorno a me la notte,
spirano venti gelidi e selvaggi;
ma mi ha vinta una gelida magia
e non posso, non posso andare via.
Alberi giganteschi i rami piegano,
scheletri nudi gravidi di neve;
la tempesta mi tiene compagnia,
e non posso, non posso andare via.
Sopra di me ci sono solo nuvole,
ai miei piedi deserti e poi deserti
nessun timore avrà l'anima mia:
io non posso, non voglio andare via
io non posso, non voglio andare via
Una poesia che nell’amore repulsione
per quella natura fredda e desolata che lega la sua volontà, è un bellissimo,
degno ritratto del carattere di Emily, come possiamo dedurlo dalla sua opera e
come ce l’ha disegnato appunto Charlotte, la sua prima e unica biografa, nella
nota a lei ed ad Anne, che nel 1850, dopo la morte di entrambe le sorelle,
precede la seconda edizione che Charlotte curò dei loro romanzi.
Infinite congetture di carattere anche
psicopatologico sono state fatte sul carattere di Emily. Si è scritto che
vivesse al margine della follia, che fosse un maschio mancato.
In realtà tutte e tre le sorelle Bronte
sono state divorate da una morbosa curiosità circa la loro vita. Subito dopo la
morte di Charlotte e l’uscita della biografia di Charlotte commissionata dal
padre alla scrittrice amica, Elisabeth Gaskell, nel 1857, si sprigionò una
sorta di passione per queste sorelle nubili - allora si diceva zitelle spinsters- perseguitate dal lutto e
tuttavia scrittrici originalissime, forti, quasi violente. Mitizzarono
l’isolamento della loro casa nelle nebbie della brughiera.
Quella curiosità morbosa sul destino
tragico della famiglia Bronte e delle tre sorelle in particolare ha rischiato
di essere spesso più forte dell’amore per le loro opere.
L’industria culturale: cinema, musica,
TV, gadget tovagliette e souvenir sempre nuovi si producono tutti gli anni a
Londra e a Haworth nello Yorkshire lì dove nacquero e trascorsero la maggior
parte della loro breve vita.
Già all’inizio del Novecento Henry
James lamentava che il romanzo della loro vita impedisse un serio apprezzamento
critico della loro opera.
C’è mi sembra particolare tipo di
fanatismo inglese o anche genericamente anglosassone, che sostituisce la
morbosità verso i personaggi della cultura e della corona a quello che nei
paesi cattolici è il fanatismo per i santi: pellegrinaggi, commozione, e infine
gadget e affari.
Mi viene talvolta di paragonare le Yorkshire Girls come le chiamava la
Dickinson al furore che suscitano i Beatles o Elvis Presley. Ma per loro, complici
le registrazioni che ai tempi delle Bronte non esistevano, c’è l’ascolto
continuo passivo della loro musica, le canzoni imparate a memoria.
Per le leggende nate intorno alla vita delle tre sorelle mi viene invece quasi da paragonarle all’ignoto Bardo che si firmava
Shakespeare.
Ma qui non è che la leggenda sia nata
su un vuoto di notizie. Si sa poco di
Emily perché non ha avuto, che ci risulti, amori o amicizie importanti, ma si
sa abbastanza della sua famiglia che era quanto lei amava ed era il contesto
dal quale detestava allontanarsi, il contesto in cui sono nate le sue opere.
Se ci sia o no materia per parlare di
un destino eccezionale, lo vedremo.
C’è un padre, un prete, che per
ammirazione verso Nelson, dica di Bronte, borgo etneo, cambia il suo cognome da
Brunty in Bronte, sposa Maria, le fa generare un figlio all’anno.
Dopo la nascita della sesta, Anne,
Maria che trasmetterà ai figli la sua struttura delicata, stremata e forse
colpita da cancro, morirà a 38 anni lasciando quella nidiata di figli. La
maggiore ha sette anni.
Patrick vorrebbe risposarsi ma chi
vorrebbe un vedovo con sei figli di cui una piccolissima. Rimane con i bambini
la sorella di Maria, donna severa, ma anche fantasiosa che si occuperà
soprattutto dell’educazione delle ragazze. C’è anche una tata deposito di
leggende nordiche, di racconti di fantasmi, mentre Branwell è più seguito dal
padre.
Appena diventano più grandi le ragazze,
esclusa la piccola Anne, vengono inviate in un collegio per figli di
ecclesiastici poveri. Collegio miserevole, dirà Charlotte, sporco, dove si
soffre il freddo e la fame.
Lì le due maggiori si ammalano e ben
presto muoiono. Charlotte e Emily sono riportate a casa.
Le bambine sono vivaci, intelligenti
leggono ogni libro che trovano in casa, in particolare una rivista
politicamente orientata verso il partito Tory. Assumono valori per cosi dire
tradizionali, si rispecchiano in un mondo maschile, dove la guerra, lo scontro
armato, il coraggio, sono comportamenti fondamentali.
Nel 1826 Patrick porta casa per Branwell una scatola di soldatini.
Li chiameranno young boys e saranno i protagonisti di saghe
cavalleresche dai contorni gotici.
Ovviamente presteranno a questi
personaggi, virtù estremamente virili.
Quando Charlotte parte per completare la
sua formazione originale ma lacunosa, quel gioco creativo divide i fratelli in
due gruppi: Charlotte e Branwell da un lato, a raccontare le imprese di Glass
Town prima, poi di Angria, Emily e Anne dall’altro a raccontare le imprese di
Gondal.
In effetti sono le due più giovani che
più a lungo portano avanti il gioco se in un appunto del ’45 Emily racconta che
“quei furfanti ancora le deliziano”.
Le poesie che Emily ci ha lasciato sono
divise in due quaderni. Sul primo c’è scritto Gondaliane, sull’altro nulla,
perciò non sappiamo se dovevano essere ancora selezionate per rientrare nel
ciclo o se Emily assegnasse a queste poesie una diversa collocazione
nell’ambito della poesia personale e lirica.
Nelle poesie che la nostra attrice
leggerà saranno facilmente riconoscibili alcune gondaliane, lì dove pronunciano
le parole cattedrale, granito, battaglia,
sangue, morte. Morte in prigione, morte sul campo di battaglia, morte
comunque violenta.
Mai morte per consunzione, per
malattia. Della morte della madre e delle sorelle queste poesie non parlano. La
morte appartiene alla guerra che interrompe i normali ritmi della vita: bel
modo per tenere lontano il dolore, bel modo per non doversi confrontare con una
ben diversa evidenza.
Nel 1846 Charlotte scopre i quaderni di
poesie di Emily che trova molto belle. Ne segue un breve contrasto, Emily ne è
gelosa, forse pensa che la sorella non debba mettersi nel ruolo di giudicante.
Infine però le tre sorelle si accordano per pubblicare a loro spese un libro
sotto uno pseudonimo che non riveli il sesso dei loro autori, appunto il titolo
sarà
Poems by Currer, Ellis, and Acton Bell
Il libro riceve tre recensioni
positive, se ne vendono due copie.
Ma le recensioni positive sono
sufficienti perché Charlotte, autonominatasi impresaria del trio, si senta
autorizzata ad annunciare che dei tre autori sono pronti altrettanti romanzi.
I romanzi Cime tempestose, Agnes Gray e quindi Jane Eyre escono nel 1947. C’è un gran dibattito, non sempre
positivo. Lo stile, soprattutto di Cime Tempestose viene accusato di brutalità.
Si sospetta infine che i tre romanzi siano opera di uno stesso autore.
Charlotte decide a questo punto di presentarsi all’editore con le sorelle, ma
Emily rifiuterà di andare e si oppone a ricevere alcuna comunicazione che non
sia rivolta al suo eteronomo
Ma i tempi corrono ormai rapidi verso
una data settembre1848- maggio 49 quando altri tre fratelli Bronte moriranno
l’uno dopo l’altro di malattia, probabilmente di tisi
Prima Branwell, poi Emily, quindi Anne.
Charlotte, la superstite, incontra per la prima volta
nel 1850 Elisabeth Gaskell, scrittrice e giornalista che sarà poi la sua
biografa e, indirettamente, sarà la responsabile della santificazione del trio.
La sua prima impressione di Charlotte è veramente modesta. Ne parla in una
lettera come di a modest spinster
daughter of a country parson, nota
persino, con una certa crudeltà, diversi denti mancanti. Nella biografia
cambierà completamente di tono. Certo Charlotte rimane da sola col padre vedovo
ancora cinque anni, alimentando quell’immagine dell’unica figlia, zitella,
dedita ad accudire un padre dispotico.
Ma in quegli anni Chalotte continua
invece a scrivere e a proteggere e a
diffondere l’opera delle sorelle.
Nel 1854 si sposerà infine con un prete
aiutante di suo padre. Sembra felice ma poi si ammala e, prima che si compia un
anno dal matrimonio, muore, forse incinta.
Sì c’è materiale sufficiente per
scrivere un’intera saga, senza dimenticare i romanzi e le poesie, di cui alcune qui leggeremo nella traduzione pubblicata da Via del Vento