venerdì 19 ottobre 2012

Istanbul Poetry Festival (11-16 settembre)


cronache e riflessioni
di PIERA MATTEI

INTRODUZIONE


Adnan Özer è sempre presente, ma quasi invisibile, in queste giornate istanbulesi. È un poeta turco, l'organizzatore, ormai da anni, dell'Istanbul Poetry Festival e di alcune altre iniziative che, mi pare,  pongono al centro la poesia europea e la sua traduzione in turco. Il suo sorriso, la sua semplicità, ma nello stesso tempo la convinzione del suo progetto lo rendono da subito una persona che ti senti amica. Si esprime oltre che in turco nello spagnolo di una comunità di antico stanziamento, e lo spagnolo è anche la lingua che adotta nelle comunicazioni con noi "stranieri".

"Non sono un accademico!" Ha messo le mani avanti, durante il nostro primo incontro, lo scorso maggio, al Centro Culturale Italiano – un incontro organizzato dalla dinamica direttrice Gabriella Fortunato. 
Certo, non c'è bisogno di essere accademici per comprendere e amare la poesia, per essere poeti. E poi la mia risposta "Io nemmeno! "

Dunque noi, poeti "stranieri"in vario modo incontrati e scelti da Adnan eravamo un piccolo gruppo, in tutto undici, tutti ospitati nello stesso albergo, e l'organizzazione delle nostre giornate permetteva di incontrarci non solo in occasione delle letture comuni, ma anche alla colazione del mattino, a pranzo o la sera a cena. Parlavamo in inglese, per lo più, ma anche uno strano impasto d'italiano-spagnolo, dato che due erano i poeti spagnoli invitati, e poi c'era una poetessa di Malta, così prossima all'Italia, infine come dicevo, lo spagnolo è la seconda lingua parlata da Adnan  Özer.

Tranne che con lui, che del resto con grande discrezione si è escluso dalle letture, con gli altri poeti turchi, alcuni invitati da altre città, altri residenti a Istanbul, invece, tranne rare ma anche fugaci eccezioni di scambio in inglese, abbiamo comunicato molto con sorrisi, con cenni di simpatia, con applausi, quasi in una dimensione prelogica. Infatti la lingua nella maggior parte dei casi si è dimostrata uno scoglio davvero ingombrante, posto di traverso al tentativo di una comunicazione più ragionata. Quanti amori, quante amicizie nascono così, sulla base di un sentimento di riconoscimento, di simpatia, che non si ferma "sulla soglia " della  comunicazione verbale, ma con naturalezza la supera? E la poesia può essere un modo di comprendersi "oltre"?

Queste domande mi sono posta durante la settimana circa di scambi, di letture: noi "europei" nella nostra lingua, e poi nella traduzione turca delle stesse poesie; i poeti turchi nella loro. Al mio ascolto la lingua turca ha questo di peculiare, me ne ero accorta già nei luoghi pubblici, per la strada: suoni  che si modulano discreti, senza  risultare in asprezze (come ad esempio l'arabo, e lo stesso olandese che ascolto qui) o in misteriose  cantilene (come quelle che mi restituiscono lo svedese o altre lingue nordiche).

Potevo notare inoltre che la lettura dei poeti turchi contiene più frequentemente un elemento di drammatizzazione, che giunge all'accompagnamento musicale o addirittura al canto (a cantare nella lettura sul battello, l'ultimo giorno è stato Mevlana Idris). 

Nella Foto Adnan Özer con un amico, sul battello del Bosforo
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