Carlo Gozzi – Storia del primo amore
e del secondo e del terzo amore
di un cuore metafisico
Lo stesso autore considerava come una narrazione a parte i
tre capitoli delle Memorie inutili dedicati
agli amori giovanili, che compongono il nostro volume. Questi racconti non
ricadono tout court nel genere
delle memorie galanti, così in voga nel Settecento. Riconosciamo lo stile
insieme ingenuo e ironico, la voce blandamente misogina dell'autore è ben
udibile, e le donne, tutte poco "virtuose", conservano tuttavia
un'incantevole innocenza, quasi fiabesca.
Quanto alla lingua, il feroce disprezzo verso ogni stile
contaminato da residui secenteschi, da francesismi alla moda, da vocaboli e
costruzioni sintattiche plebei o dialettali, non limita in alcun modo la
grandissima libertà espressiva, che arriva a foggiare, per vocaboli noti,
significati originali, come quell'aggetivo "metafisico" per dire
l'innocenza del giovane innamorato che fino allora, sull'amore, si era formato
soltanto sui libri.
"...passo a narrare pubblicamente, ingenuamente, senza la menoma renitenza e a costo del mio rossore, le storielle promesse dei miei errori amorosi. Un poco di lascivetto, che contengono queste storielle e che la mia penna fu costretta a trascorrere per dipingere e per dare tre quarti di verità e di natura, farà forse leggere con mio dispiacere più volentieri da alcuni i tre capitoli che contengono le storielle dei miei errori d'amore, di tutti gli altri capitoli contenuti nelle mie inutili Memorie."
(Memorie capitolo XLVI)
Carlo Gozzi nacque a Venezia, dove restò l'intera vita (1720-1806) tranne tre anni(1741-1744), trascorsi in Dalmazia come militare, al servizio del Provveditorato Generale veneziano in quella regione.
Proveniente da una famiglia molto numerosa, di nobile origine ma impoverita e litigiosa, non volle mai sposarsi né avere figli.
Oltre ai tre volumi delle Memorie inutili, date alle stampe per la prima volta nel 1797, pubblicò otto volumi di Opere, che comprendono, oltre al poema eroicomico la Marfisa bizzarra, le dieci Fiabe Teatrali, di argomento insieme polemico e fantastico, che regalava, perché le mettessero in scena, agli attori e alle attrici, agli impresari della compagnia Sacchi. Fu acerrimo critico del Goldoni del quale nelle stesse Memorie afferma:"uno scrittore italiano (levatolo dal dialetto veneto del volgo nel quale era dottissimo) da porre nel catalogo de' più goffi, bassi e scorretti scrittori del nostro idioma".
Le sue Fiabe ebbero molta fortuna soprattutto tra gli autori romantici. Furono amate, tradotte, imitate o reinventate tra gli altri da Goethe, Schiller, Tiek, Wagner, Puccini. Ricordiamo, tra le più famose, Turandot, Il Re Cervo, Il Corvo, L'Amore delle tre Melarance, La Donna serpente, Zobeide, L'Augellino belverde.