lunedì 9 marzo 2020

"L'infinito dei verbi" di Piera Mattei presentato dalla stessa autrice – Terza e ultima parte


A PAROLE
SI PUO' DIRE LO SPAZIO?




La parte IV è dedicata all'amore per "Il suono delle parole", per le voci, che ti lascino immaginare i volti, senza restare schiacciate dalle immagini o sulle immagini.

Alle Parole è dedicata una piccola galleria come ciascuna fosse un piccolo animale, o la protagonista di una breve e rapida avventura.  Riprende in parte i modi della sezione "Le parole " in una raccolta di poco meno di venti anni fa , "La materia invisibile". Le parole e il loro suono che canta nella mente. La sezione si conclude con  un esercizio di appropriazione del proprio nome, nome che nella eliminazione della dentale cerca di dimenticare la durezza della pietra che è il suo significato.
 Nome che tuttavia non scegliamo, nome al quale per l'intera vita cerchiamo di far aderire la nostra personalità, tema che ritorna in Fortunato, poesia collocata nella parte VII " Lo Spazio", nella sottosezione Luoghi, che sono, ancora una volta, luoghi della Sicilia. Ma forse questo Fortunato, questo ragazzino muto dalla nascita che non si arrende e vuole parlare in pubblico, dire la sua, più di ogni altra immagine mi rende l'idea della vita che non si arrende, vuole esistere nonostante la sua insignificanza nello Spazio infinito, nonostante le sue limitazioni evidenti a usare lo strumento principale della logica, le parole.

La parte V "La curva dell'oblio" adotta un termine tecnico che ha per l'utilizzo di quella parola "oblio" una risonanza poetica. Commistione di registri.  La curva dell'oblio tecnicamente disegna il tempo durante il quale un'informazione, un'impressione nella memoria si attenua e si cancella. La prima poesia sdrammatizza i vuoti di memoria, con porre in risalto le esperienze più semplici e naturali, al presente. Questa sezione è quella in cui il ricordo si configura non come entità psicologica ma come dato sensoriale che ha una sua durata misurabile.
" Le cose perdute considerale perdute" è una riflessione oggettiva su alcuni dati forse ineliminabili della propria sensibilità e del proprio carattere.  Vanitas vanitatum, fin dall'infanzia avvertito.

E LE COSE PERDUTE
CONSIDERALE PERDUTE (nell'eco di Catullo)


Non parlo qui di amore, no
di amore parlo poco, anzi non parlo mai
ascolto gli altri parlarne
quasi con meraviglia

anche delle persone che ho perduto
tutte insostituibili
anche di quelle non mi dispero più
se ne conservo il distinto ricordo

No
la miseria invincibile che sento
che m'inquieta
viene da altri motivi, da altro tempo
viene da prima ancora...

la fisso ai sette anni, dicono l'età della ragione

Già da allora c'erano tazze
che lasciavo cadere
mentre orgogliosa immobile
contemplavo il disastro
chiusa in piccola sfida

contemplativa immobile

sempre aspettando
che fosse l'occasione a cercarmi
a muoversi
lei verso di me

"vedremo ci sarà ancora tempo
tempo non mancherà verrà l'occasione più adatta..."

tutto quel repertorio del quale tu sei stata
un'esecutrice davvero straordinaria
il repertorio del rinvio ad altro tempo

il repertorio del lento rifiuto



In"24 marzo 1999" una data crea il corto circuito d'immagini e suoni, una telefonata, i fiori sul balcone, il gatto. "Il vento e la finestra" torna su un tema già affrontato in un'altra raccolta , "L'equazione e la nuvola" con la poesia "Abitatori" . Lì ascoltavo gli echi delle vite precedenti, tornavo a ricostruire la presenza dei precedenti abitatori del mio appartamento, qui una finestra che si spalanca sul nero di una buia stanza porta a immaginare il ritorno degli antichi occupanti del palazzo di fronte, il palazzo Medici Clarelli.
" La morte del pino" introduce, riferito a una specie vegetale, così orgogliosamente bella da allietare ancora la nostra vista nel panorama di una Roma lasciata deperire e imbruttire, quello che è il tema centrale sotterraneo di tutta la raccolta, ed è centrale proprio nelle poesie d'apertura "del fare ordine", ma in maniera indiretta e con riferimento agli oggetti più che agli esseri dotati di vita.

La parte VI " La natura in sé" riporta a un concetto di Natura che risulta malvagia ma è solo indifferente, quasi alla Schopenhauer, una natura che segue un suo impulso vitale nel quale noi umani non non siamo più dignitosi e più degni di protezione di altre specie vegetali e animali. La natura non è per noi, è per sé e se lo dimentichiamo, può anche vendicarsi.
 In " Il rifugio " però la natura è accogliente, offre spettacoli di tramonti e profumi di bacche di ginepro. Non è per noi, ma con noi.

 Parte VII e conclusiva, dedicata all'Entità, nel senso letterale "incomprensibile". Spazio, infinito pronunciamo, eppure l'infinito non è immaginabile, possiamo solo pronunciare la parola, abbozzare il concetto.


NON ESISTE IL CIELO
c'è lo Spazio dovunque
più misterioso e potente della Città Celeste

Spazio non comprende
non racchiude e protegge
come la cappa azzurro-stellata
che era il Cielo

solitario rotola i corpi
secondo le sue leggi
e complicate equazioni
da nessuna volontà rese efficaci

Viaggiano le navicelle spaziali
fin dove è possibile
ma identico Spazio
è qui tra gli oggetti della scrivania
tra il nucleo e gli elettroni degli atomi
che dalla penna non scivolano via

spazio che occupano i corpi quaggiù
nell'aria
aria che occupa lo spazio
dove la vita vegetale e animale
si dilata e essicca
nel suo ciclo vitale

Spazio
che il mio corpo occupa nei mezzi pubblici
che il mio appartamento occupa sul pianerottolo
la mia automobile al parcheggio

Il mio spazio e lo spazio che altri vogliono

Spazio che crea l'esistere
che nelle storie fonda la dignità
di chi ne rivendica il possesso

Spazio realtà misurabile
indifferente alla vita che ospita e consuma

Spazio
e il suo movimento
che crea il metronomo del tempo

Spazio che afferma
futile l'orgoglio
e la coscienza dei viventi

Lo Spazio come entità era già apparso nella sezione "IO, ha senso?" Qui torna come l'assoluto nel quale accade la vita, oppure solo il movimento. Movimento e Spazio sono  le due espressioni della "incomprensibile" realtà.   In questa sezione una poesia è dedicata alla formazione nel grembo materno di una mente matematica, perché è evidente che c'è qualcosa di innato nella grande capacità matematica, che spinge verso forme e idee sempre ulteriori, come a trovare le dimensioni di quello Spazio che non ha dimensioni.



 Tra le Sparse, molte immagini di viaggi, scritte anche decine d'anni fa, che non avevo incluso in precedenti raccolte, ma ora tornano a essere immagini che mi appartengono, appartengono alla mia storia

"L'infinito dei verbi" di Piera Mattei presentato dalla stessa autrice – Seconda parte parte

IO, L'ORGOGLIOSA PRETESA
COSA SIGNIFICA?







Nella II sezione "Io, ha senso?" compare l'interrogativo sulla consistenza del pronome di prima persona. Questo interrogativo scaturisce direttamente ed emotivamente da un fastidio forte per chi, non contento di esprimersi in chiave lirica, sottolinea il protagonismo dell'io.
Si prova a dare un significato alla consistenza materiale, alla forza intellettuale e decisionale di quella determinata quantità  di carne sangue e ossa che chiamo IO, alla sua posizione e "consistenza" nello Spazio.
Lo Spazio tornerà come concetto che occuperà un'altra sezione del libro, ma già qui è necessariamente presente, come entità nella quale compio i miei minuscoli movimenti, insignificanti rispetto ai movimenti infinitamente più rapidi anche se inavvertibili del sistema solare, della Galassia e del cosmo. Spazio come ciò che sempre resta, Spazio come sovrana entità contesa da alcuni miliardi di individui che vogliono appunto occupare Spazio. "Io" come minuscola entità necessariamente sostanzialmente passiva, sottoposta all'usura del tempo, alle leggi della fisica.
In"Calendario", un ciondolo dato in regalo porta a interrogarsi sul tempo che rimane e sui cambiamenti che intanto assume il corpo.



CALENDARIO


Ricevo in dono un ciondolo
e della circolare geometria trovo il diametro:
tre centimetri

su questa circonferenza
che moltiplica quel raggio piccolissimo per un numero infinito
leggo un calendario che copre cinquant’anni
2010-2060

gira il cerchietto e poni
il mese sopra l’anno

Ecco: mi hanno regalato la misura
di un tempo che  in buona parte non vedrò
né vivrò

è proprio come so di date
numerosissime
nelle quali  il progetto della mia vita
ancora non c'era

date identiche a quelle di questo marzo 2019
mi dice il calendario
torneranno nel 2047
già tardi
già molto tardi per me
e mi serve oggi saperlo?

Quello che conta oggi
è di tenere salde le caviglie
dentro le nuove scarpe
di pelle azzurra
sui sampietrini disconnessi

conta
sentire gli abiti
a ricoprire appena la pelle

i vestiti che amavi, gli stessi,
invecchiati li ami ancora

La verità però è un’altra: vorresti
apparire ancora desiderabile
ed è vietato

con la colazione al mattino
hai ingoiato il fiele delle notti

eppure ti piace ancora
raggomitolata
sotto il lenzuolo aspirare
l’odore che emanano i tuoi seni
e le tue braccia

infine ancora ami

l’abbaglio del tuo stesso biancore

Sullo stesso tema e sulla dicotomia tra le due parti non sovrapponibili, non identiche dell'aspetto esteriore come del carattere dell'autrice  è "Lo specchio è tuo gentile amico"
"Analisi cliniche" è riflessione su quanti altri rinnovano la vita negli spazi intorno, prima accolti con commossa meraviglia, quindi sentiti anche loro come pesci in uno stesso affollato acquario.

In questa sezione compaiono altre due poesie in cui c'è una deroga all'uso del presente "Sono io" un'immagine che appare al presente, un'apparizione che mi rimanda a un'immagine di me del passato, dell'infanzia e "Qualcuno dirà di me", dove prefiguro, usando quindi il tempo futuro dei verbi, pochi e superficiali commenti su di me, alla mia morte.

E qui devo sottolineare che il motivo portante di questo libro è quello dell'insignificanza dell'individuo nello Spazio, realtà totale, anzi totalità incomprensibile.
 Nello Spazio l'individuo umano si confonde con gli oggetti inanimati, che, per quanto ti siano accanto o, come nel caso dei vestiti sulla viva pelle, vivono in sé. L'individuo umano, leopardianamente  (Dialogo della Natura e di un Islandese) è del tutto ignorato dalla natura che vive in sé, che fa poco conto dei disastri umani che sono disastri per la specie uomo, non per la Natura.
 Domina in tutta la raccolta l'idea di Spazio come totalità , indicibile tuttavia, quanto incomprensibile nel senso letterale del termine.
Lo stile vuole essere semplice, privo di abbellimenti. Ciò che per me fa di questi versi poesia è l'idea sottintesa, non pronunciata, perciò metaforica, mentre si pronunciano azioni semplici e quotidiane: fare ordine, stiracchiarsi, contare


*****

Nella parte III, Scrivendone s'attenua ha  come tema l'ansia, l'attesa come tempo vuoto, la difficoltà nel rapporto umano, la paura di precipitare in un atteggiamento di chiusura(Ho pronunciato l'alt), di compiere verso l'altro il gesto sbagliato o di non essere in grado di compiere il gesto che aiuta, la paura dell'inerzia mentale (L'Assedio). Questa è anche la sezione dove mi permetto, nella sezione Scontento di scaricare il mio fastidio.