domenica 26 giugno 2011

François Cheng – l'uomo di lunga erranza


Double Chant

Roccia che propelle albero
Albero che aspira roccia

Cerchio stabilito che rinnova
L'alleanza terra e cielo

Cerchio aperto che rinnova
Il mistero dai tre volti

Nell'ombra qui offerta
L'uomo di lunga erranza

Fissa infine il suo regno

Questa poesia che apre la raccolta Double chant potrebbe essere considerata come una balenante autobiografia poetica. Se l'uomo è, secondo la teoria taoista il "cerchio aperto che rinnova / il mistero dai tre volti", sembra sia proprio l'uomo François Cheng che fissi infine il suo regno nell'ombra "qui offerta". Il "qui" a cui si farebbe riferimento sarebbe espresso allora dalla cultura e dalla lingua francese, ma anche, più ampiamente, europea, certamente anche italiana, se il nome, François, che, a un certo punto della sua vita, Cheng si è scelto per fissare la sua doppia identità cino-francese, è il nome che il mercante d'Assisi Pietro Bernardone inventò per il figlio in onore dei suoi felici rapporti commerciali con la Francia. Circolarità aperta, recettiva, rapporti, connessioni: una raccolta del 1999 di cui una nutrita selezione è confluita nella ricca antologia Gallimard del 2005, s'intitola Cantos Toscans ed è dedicata al paesaggio del titolo. Paesaggio toscano coltivato e modulato, che sottende una concezione del rapporto natura-cultura molto lontano da quello espresso dal sempre presente nella lontananza, roccioso monte Lu, della regione natìa nel sud–est della Cina, ma nella diversità saturo, al pari di quello, della passione e dello sguardo dell'uomo e dell'artista.
Forse sarà utile una brevissima nota a ricordare quale è, secondo la dottrina taoista una possibile collocazione dell'uomo nell'universo e perché può corrispondere, al numero Tre, al "mistero dai tre volti". All'origine infatti c'è il Vuoto supremo da cui emana l'Uno, l'Afflato primordiale. Questi genera il Due, gli Afflati vitali Yin e Yang, che con la loro interazione reggono e animano i Diecimila esseri. Ma tra il Due e i Diecimila esseri si pone il Tre, che, nella concezione di tendenza confuciana, corrisponde all' uomo, unione di Cielo (Yang), Terra (Yin) e, nel suo cuore, di Vuoto, Afflato internamente percorso da forze, pulsioni, desiderio.
L'uomo Cheng, dunque, giunge a Parigi nel 1949, all'età di vent'anni, per un soggiorno di lunga durata che si rivelerà definitivo. Il suo nome è allora ancora Baoyl, come era stato chiamato alla nascita. La sua formazione culturale è ormai completa, eppure la sfida è quella di cominciare una nuova vita e senza dimenticare mai la cultura d'origine, farsi "vivo tramite" tra quella e la lingua e la cultura francese. I primi dieci anni sono durissimi, difficilissima la lingua. Il processo di comprensione e assimilazione è lungo: nel 1971 Baoyl diventa François e adotta la cittadinanza francese. Insegna cultura e pittura orientale e dà corsi di calligrafia: così incontra, come allievo, Lacan. L'ambiente intellettuale gli si apre, traduce in cinese, tra gli altri autori, Baudelaire, Rimbaud, Michaux, Char, e negli anni '80 comincia a pubblicare in francese libri sulla pittura cinese, fondamentali per comprendere la filosofia sottintesa a quei paesaggi di delicatezza altrimenti indecifrabile. Pubblica libri di poesie e un romanzo. Nel 2002, primo e unico asiatico, viene eletto all'Accademia di Francia.
Non si può comprendere la poesia di Cheng se non si hanno presenti, non solo alcune nozioni fondamentali di filosofia cinese, ma anche quale importanza ha la scrittura per ideogrammi nella formazione estetica e culturale, infine quali sono i soggetti quasi immutabili della pittura, che tornano come soggetti fondamentali della sua poesia : la Montagna, l'Acqua.
Nei suoi scritti sull'estetica cinese, in particolare in L'Espace du rêve: mille ans de peinture chinoise, Cheng sottolinea come montagne e corsi d'acqua siano stati sempre dipinti nei secoli, variando i temperamenti artistici e le dinastie, perché queste due entità corrispondono non solo a due poli della natura, ma anche della sensibilità umana. Riporta questa massima di Confucio: L'uomo di cuore s'incanta davanti alla montagna; l'uomo di spirito gode dell'acqua.
In questi paesaggi l'uomo di solito è una minuta silhouette, che solo a uno sguardo superficiale può risultare insignificante, perché di fatto l'uomo, l'artista, è ovunque presente: quella natura è vissuta o sognata da lui. Ciò che il paesaggio esprime altro non è che il modo d'essere dell'uomo: i suoi atteggiamenti, il suo ritmo, il suo spirito, i terrori, le estasi, gli slanci, le contraddizioni, i desideri esauditi o inappagati. Tutte le figure della natura vengono così a comporre un variato lessico del destino umano. La sensibilità cinese si spinge fino a sentire un profondo dialogare di sguardi tra l'uomo e la natura, e questa non è mai passiva, ma attivamente, a sua volta, accresce la bellezza in chi guarda, come accade tra due innamorati.
Tra la Montagna e l'Acqua il Vuoto è tradizionalmente rappresentato dalla nuvola o dalla nebbia, un meno (un bianco del foglio non toccato dall'inchiostro) che allude a un più inattingibile ai sensi. Questa importanza dell'allusione spiega come la maggior parte dei paesaggi cinesi siano ad inchiostro nero. L'inchiostro nero può suggerire tutte le sfumature di colore che la natura esprime. Del resto la tradizione ne distingue, a seconda del periodo storico, cinque o sei sfumature, a cui si aggiunge il bianco della carta, quasi un colore al di là dei colori.

Abbiamo dunque deciso di tradurre qui alcune poesie che hanno a protagoniste la montagna e le pietre, simbolo immobile del movimento e della deflagrazione primitiva. Ad esse il poeta si rivolge col Tu, con un'intensità che potrebbe farci pensare all'invocazione di una divinità o di un essere amato. In certo senso si rivolge a qualcosa che è l'una e l'altro. Altre volte le stesse pietre parlano e raccontano il movimento, il desiderio e l'afflato che le anima dentro l'apparente immobilità. Ogni parola sembra avere la compattezza di un ideogramma, di un disegno perfetto che contiene mille sfumature all'interno della sua essenzialità. Quanto ai temi ricorrenti e quasi ossessivi della pittura a cui s'ispira certo non dovremmo meravigliarcene, se ritorniamo a nostra volta, ad esempio, dalla visita a un museo d'arte, o dall'esposizione del Lotto, dove la Maternità è il tema in ogni modo esplorato nella sua infinita bellezza. Cheng in un'intervista parlando del suo innamoramento per l'arte Rinascimentale italiana, che risale addirittura al suo primo viaggio in Italia nel 1960, parla di "rapporti carnali", aggettivo che troviamo anche qui, a proposito della bellezza che dalle pietre ci attraversa. Raffronti, scoperte di sotterranee affinità: l'affiorare e definirsi del lessico e delle sue complicazioni e radici è un'avventura infinita. Ogni parola conserva la freschezza di una nuova nascita, di un'infantile meraviglia, il senso ancora quasi intatto, non scalfito dall'uso dei secoli. Elevata a potenza è l'avventura, la naturale riscoperta di ogni poeta.
Qui la variazione dei sinonimi, non solo non è importante, ma sarebbe disturbante. Qui in ogni singola frase, di naturale brevità, bisogna restare tesi al pensiero che si vuole rendere, non distrarsi. Qui ogni poetico orpello, sarebbe più che mai fuori posto, cercando però che nulla sfugga di quanto racchiuso nel breve giro di frase, nella scelta delle parole. Le maiuscole non sono un abbellimento tradizionale che si possa decidere di eliminare, e dove, ad esempio, abbiamo notato che tutti i sostantivi, posti in una catena di assonanze, erano in francese femminili, abbiamo fatto il possibile per attenerci alla stessa scelta nella versione italiana. Pietre e montagne di una profonda eloquenza nel loro silenzio: questa poesia è una meditazione. Un'ammirazione rispettosa s'impone, proprio come davanti alle rapide e non perfettibili immagini che ci rendono la calligrafia a inchiostro e l'antica pittura cinese.

L'Espace du rêve: mille ans de peinture chinoise, Phébus, (1980)
A' l'orient de tout – poèmes extraits de Double chant, Cantos Toscans, Le long d'un amour, Qui dira notre nuit, le livre du vide médian, Gallimard (2005)
Cinq méditations sur la beauté, Albin Michel



*

Un giorno, Le Pietre

Un giorno
Vi ritroveremo
Sul nostro cammino

Pietre

Ignorate
Calpestate
Detentrici tuttavia
Dell'origine
Della fiamma
Del soffio dell'iniziale

Promessa

RitrovandoVi
Ci ritroveremo

*

Dal piede alla pietra
non c'è che un passo

Ma quanti abissi da superare

Noi siamo sottomessi al tempo
Lei, immobile
nel cuore del tempo
Noi legati alle parole dette
Lei, immutabile
al cuore del dire

Lei, informe
capace di tutte le forme
Impassibile
utero dei dolori del mondo

Brulicante di muschi, di grilli
di brume trasformate in nuvole
Lei è via di trasfigurazione

Dal piede alla pietra
non c'è che un passo

Verso la prescienza
Verso la presenza

*

Tu sei pagoda che eleva
E ponte che collega

Tu sei strato che riposa
Tu sei confine-ostacolo che
noi urtiamo
Dove inciampiamo
Che superiamo

Sulle nostre strade
Non sei tu, appunto
La pietra miliare
Che ci indica senza fine
Sempre da qui
sempre più lontano

L'orizzonte?

*

Creste, vette
Striature e stratificazioni

Schegge che nella mano firmano col sangue
la prima triade

Stratificazioni striate
vette crestate

Sommovimento del cuore che impasta col fuoco
la suprema cima

Statificazioni e striature
Vette, creste

*

E noi non cambieremo
Il quarzo di qui
Con i diamanti del cielo

Qui la vita vissuta
Qui il sogno perduto
Qui il canto fuggito
Qui il ritmo spezzato
Che al vento abbiamo gettato
– a quale età ingrata?

Che i cristalli di roccia
Hanno conservato intatti

A nostra insaputa

*

In te il sommovimento originale
Tutto il carnale del creato
Roccia d'un giorno
O di sempre

Tutto il tormento nelle tue pieghe
Tutta la gioia nelle tue pieghe
Quando tu ti dispiegherai
Lava e fenice non faranno che uno

*


Paura ingoiata
Sofferenza taciuta

Abbandonarsi alla folgore
E' già tradire?

Ogni ferita germe
Ogni frattura nascita

Paura ingoiata
Sofferenza taciuta

Eterno grido di nascita

*


Noi non facciamo che passare
Tu c'insegni la pazienza

D'essere il luogo e il tempo
Sempre per la prima volta

Sempre dal Soffio lo slancio
Che dal non-essere tende all'essere

Sempre presenza che rinnova
Tra lave e rugiade

Privato di fiori, di fogliame
Di consolabili oblii

Tu trettieni il nodo delle radici
Al passaggio dell'uragano

*

L'aquila invisibile è in voi
Rocce che sorgete dai nostri sogni

In voi la fiamma
In voi il volo
In voi la notte folgorante

Che noi ignoriamo
Rocce che sorgete dai nostri sogni
L'invisibile aquila è in voi

Abbracciando Yin
Addossandovi Yang
Tracciando in noi la via sicura

Che noi ignoriamo

Sole screpolato
Cielo costellato
In noi il vostro slancio carnale

All'alba su tutte le strade
Voi innalzate i vostri colpi alati

Talvolta sotto le nostre mani callose
Spezzando il rigido inverno
Un angelo rinasce sorriso

*


Blocco intransigente
Anche ridotto in briciole
Noi siamo la vita intera

Sotto l'ignobile martello
Ogni grido raggiunge tutti i gridi
Ogni frammento

Proclama l'innocenza nuda

*

Nudi noi siamo
Tuttavia attraverso di noi
passano le metamorfosi
Gemme di granata
Rubino di pavone
Agate e ametiste
Di dieci mila aurore…
Perché noi eravamo soli
a fissare
La folgorante notte

Nell'istante in cui fu la luce

*


Silice dal gesto senza specchio
Silice dal gesto senza eco

Solitaria ombra in piedi
Ai bordi della Via lattea

*


Su pietre tra loro battute
Costrire a mani nude il regno
Dell'abitabile scintilla

*


Aver detto tutto
e più non dire
Accedere infine al canto
dal puro silenzio
Aprendoti là
senza ritegno
Al richiamo d'una ghiandaia
Al grido delle cicale
Al pino che da te scaturisce
lacerandoti il ventre

Sotto il cielo unito
Che solo una nuvola
sfiora

*

Verso te va
l'ombra del bambù
Da te viene
lo splendore del muschio

Tu ti concedi
alla grazia alata
Di due o tre fogie
d'orchidea

*


Giada liscia al tocco
Sottomessa alle mille carezze

A te stessa trasparente
Tu carezzi un solo sogno:

Luna sola su stagno solitario
Da dove s'invola l'oca selvatica

Verso l'infinito aperto
All'interno di te stesso

*

[……………………
Alcobaleno ritornato
Al nembo d'origine

Che solo sa dire in sogno
Il sapore senza colore

Che sa dire in nero-bianco
L'indicibile punto grigio]
*


Quando d'improvviso tace il canto del rigogolo
Lo spazio si riempie di cose che muoiono
Cadendo in cascata un lungo filo d'acqua
Apre dal profondo le rocce
La valle s'ascolta e percepisce l'eco
D'innumerevoli battiti di cuore

*
Dalla terra mortale
cosa potresti temere?

Tu meteorite
Che sei sopravvissuta
Alla deflagrazione dell''origine
Alla caduta
senza fine…

Cosa potresti temere
al di fuori del tuo stesso enigma?

*

Dalle rocce liberato
L'invisibile dragone
Da cima a cima si slancia
Verso la sua Madre-mare d'origine

Le oche selvatiche s'aprono
Al puro soffio che passa
E d'improvviso placati
I pini sono tutti udito

*

Verso il dio di passaggio
Tu fai il gesto d'invito

Dio di sete
dio di fame
Attraversa la terra
Senza sapere dove
posare il capo

*

Radici di rugiade
e di nuvole

Noi non cederemo d'un sol pollice
Su quanto abbiamo strappato
alle stagioni

Nel cuore dell''ultima ibernazione
I muschi conserveranno memoria
Ri-nasceranno i salici della nostalgia

*

E' dolce sul bordo del pozzo
Sedersi quando arriva la sera
La pietra è tiepida ancora e fresca
L'ombra–prima d'attingere l'acqua
E' dolce sul bordo del pozzo
Dai tiepidi muschi attardarsi
Unito alla presenza dell''ombra
Contemplare l'ultimo raggio
Del tramonto che tesse in immagini
– con gli aghi dei pini
La sua breve leggenda dorata