Questo libro mi ha fatto entrare in un mondo diverso, sotto un cielo diverso direbbe l'autore, per il quale il possesso di "quaggiù" sembra avere meno importanza del possesso, lassù in alto, del nostro spazio di cielo.
Un mondo di forti contrasti: notti con trenta gradi di caldo (Caballeros) e notti di gelo e coprifuoco (Toque de queda), ingiustizia, usura (Y si no fuera, El tio Ezra tenia razon). Il compito del poeta è, per Jorge Palma, additare tutte le contraddizioni con le quali la vita quotidiana lo confronta, senza per questo adattarsi, anzi disadattato sempre all'ingiustizia, all'infelicità, all'inganno esistenziale (Nada es real).
Lo stile di Palma lo trovo attento soprattutto a cogliere le immagini reali, a far esplodere, da quelle, altre immagini che restino, come un repertorio, come lampeggianti miti urbani.
Questa esplosione ha spesso una direzione ascensionale, il poeta guarda in alto, sulle impalcature dove un uomo, piccolo per la distanza, si guadagna la vita quotidianamente sfidando la gravità e la morte(Andamios), dove una ragazza incinta s'arrampica a consegnare il pasto del mezzogiorno, e forse anche mostrare le sue gambe dritte come steli, la sua chioma di rossi capelli. In un'altra poesia è il bambino con le ali che in "quella strada" fa volare in aria il suo legnetto rosso e, in quel suo gioco, crea la magia: ferma, per pochi secondi, il traffico e la morte.
Questi miti palpitanti non temperano la violenza della realtà, che è osservata con occhio lucido. Tuttavia la poesia non conosce odio, questa poesia non lo conosce, sebbene non sia tollerante con quanto vede di negativo (Salarios), e con chiarezza indichi alcune scelte etiche imprescindibili.
Ponteggi
Si vedono i volti
non i cuori / molto meno
il cuore scheggiato
di chi usa il martello / del lontano
omino sul ponteggio
(piccole mani / sudore quasi
impercettibile / battito
indemoniato sul bordo del vuoto),
solo nella sua barca vacillante
solo nella sua culla di tavole
e ferro
nel suo feretro mobile
inquieto come un pendolo
come una cometa estravagante
nei cieli remoti
della città che arde
tra vapori / grida / uccelli
che volano via nella pioggia
tra i colpi di martello
che laggiù in basso risuonano
per la folla
come smorzate note musicali
che cadono dal cielo.
Lo zio Ezra aveva ragione
Con l'usura nessun uomo
ha una casa di buona pietra
(E. Pound)
Lo zio Ezra aveva ragione
non si può costruire una casa
con l'usura
e neppure un paese
o una qualunque strada
che conduca alle calde
labbra dell'amore.
Ancor meno con l'usura
si può respirare
e andare vestito leggero
nell'aria.
Non si può guardare il cielo
con l'usura
non si possono contemplare
le onde che si rompono
sui frangiflutti
dell'infanzia,
né tremare di gioia
al trillo giallino
d'un uccello,
non si può respirare quest'aria
fredda o toccare la neve
né sedersi in una sera
d'autunno sulla gonna
del tramonto
e raccontare al figlio
che ora il vento
s'è nascosto nella chioma sollevata
di quell'albero
e che le stelle
sono lampade che gli spiriti
accendono in cielo.
Con l'usura non si può
respirare,
né scambiarsi carezze,
né sentire nel petto,
proprio sulla pelle,
il palpito dell'alba
così giovane e tiepida
mentre si affaccia dalle finestre
nelle minime pieghe della camera.
Lo zio Ezra aveva ragione
non si può costruire una casa
con l'usura
né un cielo né una bandiera
né occhi che guardano
occhi che nel guardare
vedano di scorcio
benché per pochi istanti
il volto del futuro
in attesa.
Jorge Palma – Lugar de las utopias – Trilce, Montevideo 2007
cura e traduzione di Piera Mattei