domenica 27 settembre 2009

Maria Luisa Spaziani – L'incrocio delle mediane – Edizioni San Marco dei Giustiniani 2009

La poesia dove ritrovo l'espressione che dà il titolo all'opera è forse, tra tutte, la più misteriosa del libro. Si compone di due quartine dove i primi tre versi sono endecasillabi e l'ultimo un settenario:
Ecco le anforette del mio tesoro, / cor cordium, un incrocio di mediane. / Una è piena di lacrime, ma l'altra / sprizza lampi di gloria. // Come i due seni, i due occhi, i piedi, / l'uno all'altro è equilibrio, salvezza. / Qualcuno con due mani mi percorra / tutta, e mi benedica.
Il verso più enigmatico è il secondo della prima quartina, perché appunto all'incrocio delle mediane c'è il baricentro o centro di gravità, concetto geometrico astratto nonché preciso luogo che permette l'equilibrio dei corpi nello spazio. Spaziani ne fa il sinonimo di cor cordium, espressione ripresa dalla lapide di Shelley, per quanto lì sotto, in quella tomba, non ci siano che poche ceneri e non certo quel cuore che una bella leggenda vuole fosse incorruttibile: non bruciò col resto del corpo, e Mary lo portò in Inghilterra e lo tenne con sé fino all'ultimo.
Dunque un mito romanticissimo, quello del cuore superlativo e immortale, s'interseca, è il caso di dire, con un concetto ricavabile dal disegno di un geometra, a indicare due qualità diverse del tesoro. Ancora più complesso si fa il discorso se risaliamo alle due anforette che conterrebbero le qualità forse equivalenti ma anche opposte. E tuttavia neppure opposte perché l'una è colma di lacrime, l'altra però non di gioia, come una netta opposizione richiederebbe, sprizza bensì "lampi di gloria". Da questa immagine concreta ma fantasiosa delle anforette che contengono la vita stessa, il dualismo si diffonde al corpo che duale è naturalmente, come tutti i corpi animali. Ma sentirlo, tornare a scoprirlo, conferisce a questa dualità una valenza nuova, quasi la conferma di una scissione perturbante. Un dualismo, una scissione che richiedono di essere percorsi da mani guaritrici, di essere benedetti, per realizzare la miracolosa ricomposizione.

La stessa condizione, ancora in una poesia in due quartine, Spaziani fa vivere alla luna, corpo astrale molto presente in queste pagine. La cito per intero:
Newton ci spiega perché la luna non può / cadere sulla terra né allontanarsi di un metro. / Due forze opposte la spingono e incatenano: / l'attrazione terrestre e la forza d'inerzia : // La luna aspira a ricongiungersi a noi? La sua radice lo vorrebbe, ma / un alieno destino sempre la chiama altrove. / Vuole tornare a casa o vuole andarsene?
Questa poesia si trova nella sezione "Cieli", ma è chiaro che la luna, qui come altrove, non è una fredda pietra che gira nel cosmo seguendo le leggi di tutti i gravi. Se anche lei si muove secondo la risultante di due forze diverse è perché è una sorta di gemella, quale Spaziani la chiama nella poesia che ricorda l'attimo del suo concepimento sotto un plenilunio d'aprile: Sorella, pastorella, ostia sacrale, / verrai, estrema, per riportarmi a casa.

Vorrei tornare, lasciando ora la luna, alla dicotomia, alla concordia discors delle due anforette. Dato che L'incrocio delle mediane è il titolo dell'intera raccolta, questo vorrà additare la preferenza dell'autore per la sua parte equilibrata, oraziana, sorridente e misurata, rispetto all'elemento romantico, passionale? Questa forse è la scelta consapevole. Il tono, la metrica con la brevità musicale e conchiusa delle strofe, la ricerca di una risposta certa e rassicurante agli interrogativi, sembrano esserne conferma: Massimo sogno è vivere come un frutto o un fiore / e fare della morte una cellula di vita. E, d'altra parte, anche al di fuori dell'armonia naturale, Spaziani sembra amare in tutto l'eleganza misurata di cui qui compare, simbolo primaverile culturalmente connotato, un tailleur di Chanel: Comprare a marzo un tailleur di Chanel, / come per l'olmo mettere le foglie. // Ora lo so che l'abito fa il monaco, / che la brutta stagione è finita. Proprio questi versi di brevità aforìstica fanno riflettere sul concetto prescelto di semplicità e naturalezza: preziosa e fissata a canoni di classicità storicamente determinata, cui si tende a dare una valenza assoluta, appunto, come, per l'olmo mettere le foglie. Ritrovo qui, oltre la misura, un'accettata obbedienza alla "buona" alla "giusta" tradizione, col sospetto di un'ironia leggera, clima nel quale si muovono anche le liriche delle sezioni "Arie cristiane" e "Chiuse".

Eppure tra tanta ragionevolezza e serenità, colpisce in questo libro un'immagine lugubre e tragica, mutuata dalla Ballata degli impiccati di Villon. Corpi che pendono senza vita, fantocci, sono ciò che rimane di coloro che non hanno raggiunto la gloria: …Milioni di uomini passano / e uno solo ha un nome. // Gli altri, invisibili scheletri, // pendono dai rami, fantocci di Villon. / Invano li diedero alla luce, le madri, / urlando di dolore e di dolore inutile. Quindi, se l'uomo non lascia il suo nome, se non è baciato dalla gloria, sarà stato inutile il suo venire al mondo. L'artista avverte il suo destino come super-natura se non anti-natura: non si adegua al tempo, ma si oppone, intende ritardarne la corsa travolgente. Non si realizzerà pertanto col rinnovare stagionalmente l'abito, come avviene, per l'appunto agli alberi, alle foglie. Trovo conferma di questa opposizione in altri versi: Scende la sera, il ritmo imperturbato / da milioni di anni, cerimonia / ripetitiva, senza fantasia / né scarti d'imprevisto. La natura / copia se stessa, formula vincente / legata a sbocci, semine e maree. / Dille che non ci stai, che a comandare / all'universo nessun Dio l'ha eletta.
Contro la serena ripetizione, una delle due anforette almeno deve sprizzare lampi di gloria. E il tempo poi, col suo ritmo imperturbato, Maria Luisa vorrebbe morderlo …come il pane, / lasciarci il segno dei miei denti, dove è evidente non solo il desiderio di gustare con slancio la vita senza arrendersi a ritmi prestabiliti, ma anche la volontà di lasciare un'impronta persino fisica del proprio passaggio.

Un'altra serie di poesie esondano dalla misura per liberarsi nella passione, nella sezione "Affetti", dalla quale pure ho scelto la prima lirica presa in esame. Compaiono nomi che tanta importanza hanno avuto nella vita di Spaziani, come quello di Montale, ricordato in un infantile scoppio di pianto, il volto celato in una gardenia, il giorno che, lui avanti negli anni, nessuno ricorda il suo anniversario. Ma non c'è pianto nel notare che ormai, alla stessa età, succede lo stesso a lei: che nessuno si sia ricordato del suo compleanno.
Altri nomi sono quelli di Oriana e, infine, di Stelvio a cui mi pare siano dedicate le poesie più appassionate. Tra tutte, devo evidenziare le due quartine costruite su tre immagini, dove quella centrale (il confessionale) collega due immagini lontane e diversissime. Nella prima si ricorda re Mida, che per il desiderio di confessare il suo segreto scava un buco nella terra e lo riversa lì. Re Mida però doveva gridare quanto nessuno doveva sapere, qui l'autore vuole assolutamente essere ascoltato, il foro nel terreno diventa appunto, uno stratagemma, un confessionale dove sacramento è l'attenzione estrema alla voce dell'altro, per convincere quello, che non vuol saperne, a inginocchiarsi in ascolto: Il difficile è indurti ad ascoltare, / a mettere l'orecchio contro il suolo. / Chi ti vedesse riderebbe: ecco / l'indiano sulla rotaia del treno. Ecco il geniale scarto finale: in otto versi trapassiamo dalla favola classica ai fumetti, passando per il tramite di un rituale cattolico. Gioco perfetto, dove l'ironia la vince sul desiderio, sulla richiesta appassionata.
Dobbiamo ricordare che sorriso e autoironia sono due corde che Spaziani sa far risuonare magistralmente. Assento in pieno a quanto Stefano Verdino scrive, nella ottima introduzione, sulla voce di Maria Luisa "netta e mai tremante", a cui sono naturali ironia, "autoironia e capacità di distacco da sé," mentre dimostra "fede nella parola e in particolare nella parola della poesia". Sottolinerei questo aspetto, che mi pare abbia la forza di una militanza.
Perfetta misura e ironia trovo nella poesia che inizia senza falsi pudori inalberando il pronome di prima persona: Io sono intatta, pare. La fanciulla / che fui, qui mi rinasce a giorni alterni. / E oggi è aprile a tutto sole, scendono / dal Pincio viole e zenzeri d'oriente. // Rinasco? pare. Dicono Vangeli / purtroppo rifiutati, che vagava / Lazzaro, dopo, macilento zombie / fra complimenti e abbracci all'infinito. Dopo quel pronome impudico, una ancòra meno pudica dichiarazione è subito smorzata da un verbo dubitativo-assertivo nella sua forma impersonale. Nel pronunziare quel "pare" sembra di vederlo fiammeggiare divertito lo sguardo di Maria Luisa, anche se lo splendore di un aprile assollato potrebbe invece suggerire conferma della prima certezza. Solo nella seconda quartina l'ironia sceglie toni più amari, con la figura di Lazzaro che è rinato sì, ma quasi inutilmente anche lui, se va vagando macilento ormai, tra baci e abbracci.
PIERA MATTEI

venerdì 25 settembre 2009

Gianfranco Chiarotti ricorda Giorgio Careri

Gianfranco Chiarotti e Giorgio Careri, due professori dell'Università "La Sapienza" che hanno dedicato la loro vita alla fisica. Il primo, nel commemorare l'amico a un anno della sua scomparsa, ne sottolinea la versatilità e quella passione a indagare e scoprire l'invisibile comune alla scienza e all'arte.

Le idee di Giorgio Careri sui rapporti tra la scienza e l'arte appaiono, tra l'altro, in un articolo apparso nell'ottobre 2008 sulla rivista "Leonardo" [1]. 

Con grande piacere ospitiamo questo ricordo su Lucreziana 2008, che proprio da un importante episodio della vita di quella università romana prese il suo avvìo.
(Piera Mattei)


RICORDO DI GIORGIO CARERI


E’ trascorso più di un anno da quando Giorgio ci ha lasciati dopo una tenace lotta contro il mieloma, che comunque non gli ha impedito di condurre una vita attiva, anche scientificamente, fino agli ultimi giorni.
La Fisica italiana, e in particolare quella del Dipartimento della Sapienza, ha perso un protagonista che ha lasciato una impronta duratura in molti campi della Fisica , compianto dai famigliari, dagli allievi , dagli amici, e dai molti che, in Italia e all’estero, hanno condiviso e ammirato le sue ricerche nel campo della spettrometria di massa, delle basse temperature, dei superfluidi e della biofisica. Altri parlerà con maggior competenza di me dei risultati delle sue ricerche.
A me piace ricordare che Giorgio era affascinato dai processi di ordinamento spontaneo che si manifestano in molti sistemi naturali: nei superfluidi (ordinati nello spazio dei momenti) e nei sistemi biologici. Espresse questa sua convinzione in un aureo libretto (“Ordine e disordine nella materia “, Laterza 1981, tradotto anche in Inglese e in Russo) nel quale esponeva in modo piano ma molto profondo , senza formule , con disegni schematici, la sua filosofia della ricerca, applicandola ai superfluidi, alle transizioni di fase, ai Laser e infine all’ordine funzionale della materia biologica.

A partire dagli anni ’70 Giorgio (anche dietro suggerimento di quelli che ha sempre considerato i suoi maestri di pensiero: L. Onsager e H. Froelich) cominciò ad occuparsi di biofisica e in particolare dei problemi al confine tra la Fisica e la Biologia molecolare. Anche ad essi egli applicò la sua filosofia : processi collettivi, fluttuazioni, ordinamento spontaneo. Un suo lavoro sulle fluttuazioni negli enzimi (“fluctuating enzymes” , svolti in collaborazione con Paolo Fasella ed Enrico Gratton) ottenne subito una notevole risonanza internazionale e viene ancor oggi ricordato come il capostipite delle ricerche che hanno trasformato la visione delle proteine, allora considerate come delle strutture statiche (un po’ come i cristalli) in strutture dinamiche più adatte a descrivere le molteplici attività che caratterizzano i processi biologici.

Non è possibile ricordare Giorgio Careri senza menzionare i suoi interessi culturali e artistici sempre considerati in una visione unitaria del settore Scienza/Cultura/Arte . Ha illustrato questo concetto in vari articoli pubblicati sulla rivista artistico-letteraria “Leonardo” edita da Pergamon Press. Giorgio è stato anche un apprezzato scultore in legno. Nel 1985 ha esposto alcune sue opere a una mostra collettiva a Palazzo Venezia. E’ illuminante su questi problemi un manoscritto inedito ricuperato tra le sue carte dalla moglie Lina. “Io credo che arte e scienze abbiano in comune un punto fondamentale: quello di percepire una struttura che resta fuori dalle apparenze sensoriali. Muovendo da questa linea, ho operato sperimentalmente nel campo della struttura della materia e, in particolare, ho cercato di mettere in evidenza lo stato di alto ordine dei superfluidi e delle biomolecole. Nel campo delle arti visive [. . . ] utilizzando del legno allo stato naturale e modificando ad arte alcune sue parti ho cercato di mettere in evidenza la struttura non apparente”.
Sono gli stessi principi espressi nell’introduzione del libro “Ordine e disordine nella materia” dove scrive: “Questo discorso interessa il pensiero scientifico contemporaneo per la possibilità di estendere l’uso di questo concetto [ossia ordine nascosto] all’analisi di un contesto naturale sempre più ampio e non più strettamente fisico”.
Sono sicuro che questi insegnamenti e in particolare la interdisciplinarità che gli stava molto a cuore saranno raccolti dalle generazioni future e specialmente dai giovani.
Gianfranco Chiarotti


[1] Giorgio Careri,  "Artists and Scientists: Open and Hidden Connections", LEONARDO, MIT press, Oxford,  41, October 2008

venerdì 18 settembre 2009

Tempera (L'Aquila), oggi – Intervista a Marco Iovenitti, di Piera Mattei

Marco Iovenitti è lo studente di dottorato in fisica, presso l'Università "La Sapienza" di Roma, nato e residente in un piccolo borgo presso l'Aquila, Tempera, epicentro del sisma dello scorso sei aprile, a cui abbiamo dato voce da allora su Lucreziana 2008. A lui abbiamo rivolto alcune domande.

–Sui giornali, tra le foto che accompagnavano gli articoli sulla consegna delle prime case agli sfollati del terremoto, ho visto uno striscione di Tempera.
Qual è oggi la situazione del tuo paese?

Per quello che riguarda il mio paese, per adesso si vive ancora in tenda. La situazione non è ancora cambiata dal vostro ultimo viaggio qui a Tempera.
Alcune famiglie hanno iniziato a trasferirsi in appartamenti in affitto cercando di rimanere nell’aquilano, non optando per il progetto C.A.S.E. ma scegliendo il contributo di autonoma sistemazione o affitto.

–Su Lucreziana abbiamo pubblicato le terribili immagini del paese atterrato: sono state rimosse le macerie del piccolo centro storico?
Le macerie sono ancora tutte al loro posto: togliere le macerie sarà un lavoro molto lungo in quanto ci sono zone dove c’è amianto e le pietre che dovranno essere riutilizzate per la ricostruzione/restauro dei monumenti.
Per L’Aquila e provincia quello delle macerie sarà un nodo molto difficile da slegare. Sembrava che avessero scelto il sito di stoccaggio per le macerie, ma poi è stato tutto bloccato…

–C'è in concreto un progetto di ricostruzione del vecchio paese?
Il progetto C.A.S.E. del governo è attivo anche in un sito nel mio paese. Stanno ultimando i lavori e tra fine ottobre ed i primi di dicembre, mi sembra, entreranno per prime le famiglie con un minimo di 3 componenti e poi a seguire.
Per i nuclei familiari di 1 o 2 persone sono stati destinati i M.A.P. (Moduli Abitativi Provvisori), una sorta di casetta di legno abbastanza grande con servizi e cucina (credo che sul sito della protezione civile ci siano).
Poichè io avevo la mia residenza in una casa a L’Aquila, che ora è di categoria E (edificio gravemente danneggiato o da abbattere), credo che andrò nelle M.A.P.

–Vuoi dirmi quindi che di restauro del paese non si parla, al momento. A Tempera alcune, poche famiglie, come ad esempio la tua sono presto tornate ad abitare la casa che non ha subito danni strutturali. Quante famiglie si calcola abitino oggi il paese? Che vita si vive da voi?
Le famiglie che abitano in paese, nelle proprie case, come la nostra, sono davvero poche. Una stima, sottolineo una STIMA, è intorno alle 50 famiglie. La maggior parte delle persone vive ancora in tenda oppure in autonoma sistemazione, ma lontano dal paese. Altri compaesani, infine, sono ancora alloggiati negli hotel della costa.
Che vita si vive qui a Tempera? Onestamente non saprei che dire… si cerca la quotidianità, una nuova quotidianità, quando in realtà di quotidianità è difficile parlare.
Un problema serio è quello del lavoro. Bisogna cercare di far ripartire un po' la nostra economia, con tutte quelle piccole e medie aziende che operano qui a L’Aquila e che sono anche all’avanguardia a livello tecnologico, come Finteckna.

–Oltre ai danni alle costruzioni, oltre ai morti che purtroppo avete contato numerosi, anche la sorgente del vostro fiume, il Vera, aveva subito spostamenti. Qual è oggi la situazione idrologica della zona? Infine avvertite altre scosse?
Scosse se ne avvertono ancora…basta collegarsi al sito di INGV e vedere che ancora si registra una attività superiore a M>2….quindi non solo “noise”!
Non si avvertono più con l’insistenza e la forza dei mesi precedenti e poi in realtà ora ci si fa caso di meno, ma se si è da soli a casa o sul letto la sera…Beh, si sentono molto bene!! L’ultima ieri sera è stata ben avvertita da mia madre!
Per quanto riguarda il fiume Vera, non saprei dirle in modo dettagliato. Ho fatto un sopralluogo qualche settimana fa verso le sorgenti e di acqua ce n’era, come al solito.
Comunque mi sono messo in contatto, circa 5 giorni fa, con un geologo dell’università dell’Aquila per chiedergli di farmi avere i dati del sottosuolo di Tempera e dintorni.
Sono in attesa di ricevere questi dati.

–Dopo l'estate come immaginate la ripresa della vita lavorativa? È di fatto possibile organizzare la vostre proprie forze ai fini della ripresa di una vita normale?
Come le accennavo nella precedente risposta, quello del lavoro è un problema abbastanza complesso. Chi lavora nel pubblico, se gli edifici non sono stati danneggiati o sono stati prontamente riparati, ha ripreso regolarmente le proprie attività.
Chi invece lavorava in proprio, e soprattutto nel centro dell’Aquila, non vede ancora la possibilità di riaprire oppure ci si “inventa” delle sistemazioni/location diverse: molti pub e bar del centro dell’Aquila hanno riaperto in periferia (in via della Croce Rossa, sotto lo stadio comunale per intenderci) o nelle zone dove è stato possibile trovare locali in affitto o in strutture di legno realizzate a proprie spese.
Il problema è che qui già inizia a far freddo la sera, qualche giorno fa eravamo a 4 gradi…
PARLARE DI VITA NORMALE, ONESTAMENTE, È DAVVERO MOLTO DIFFICILE!
Ultima cosa che le volevo dire: non so se ricorda il mio caro amico, Dario Ciuffini (25 anni), che è morto quella maledetta notte… lui, cremato per sua volontà, era stato sepolto nel cimitero di Chieti.
Ora, grazie a noi ragazzi di Tempera, tutti amici di Dario, siamo riusciti a farlo riportare qui a Tempera. Domani alle 15 sarà di nuovo tra noi…sarà detta una messa in suo onore e l’urna sarà posta nel nostro cimitero, a TEMPERA.

Infine le volevo confessare che il dolore per tutti i miei amici, compagni di liceo, di università e di arrampicata, che sono morti quella notte, è ancora forte…
La settimana scorsa ero solo in macchina: tornavo dalle Dolomiti dove sono stato ad arrampicare e, durante il viaggio di ritorno, ascoltando una canzone di Vasco Rossi che sentivo sempre con il mio amico Armando, anche lui morto… guidavo e piangevo.

lunedì 14 settembre 2009

Piera Mattei – Dal grigio al rosso – lettura critica


Se il libro precedente di Luca Benassi aveva nel titolo un colore che è la negazione stessa del colore ("I fasti del grigio"), in questo "L'onore della polvere", per quanto incolore sia il miscuglio che si deposita al suolo, lampeggiano i violetti e il rosso. Quest'ultimo essenzialmente come connotazione cromatica del sangue. Sangue che sale nella siringa del prelievo, sangue d'una metaforica immaginata mattanza nell'imbuto alle uscite dal metro, sangue come macabra tisana, sangue infine sparso per gelosia? per far paura? per imprudenza?
Eppure a rileggerli più attentamente è facile riconoscere nei due libri una stessa struttura, individuare un progetto poetico che si sviluppa in coerenza ai propri inizi. Cominciamo da titolo: in entrambi i casi un'espressione ossimorica non solo ma, direi amaramente ironica, in cui il secondo membro = il grigio, la polvere, contraddice all'aulicità del primo = i fasti, l'onore. Una stessa eroica maniera di immaginare la vita, una stessa disillusione, ma, come accennavo agli inizi, non è senza significato che diversa sia la colorazione del cosmo.

Veniamo alla struttura dei due libri: entrambi si aprono su cinque poesie a carattere diaristico, nel primo caso al centro dell'attenzione è il cane randagio di recente adottato, creatura che ha un rapporto conflittuale col guinzaglio, lo strumento di resa e sottomissione che infatti dà il titolo alla raccolta.
Sono trascorsi quattro anni fondamentali nella vita del giovane poeta e ora le cinque poesie dell'inizio hanno tutt'altra pensosità e tenerezza. Il randagio è scomparso, forse è tornato alla sua rischiosa libertà, e il livello delle responsabilità nell'uomo è mutato qualitativamente. Qui le cinque delicate poesie d'esordio sono dedicate all'immagine ecografica del figlio nel ventre della madre, che con scadenza mensile, mostra l'evoluzione delle sue forme fino alla completezza.

Proseguendo nella comparazione, segue in entrambi i libri una sezione in cui alle poesie in carattere tondo corrisponde un controcanto nella pagina opposta in corsivo. Una sorta di litania che batte e ribatte lo stesso motivo. In " I fasti del grigio" si trattava di un tappo, che, inutile dirlo e ripeterlo, non chiudeva bene, metafora di una disfunzione subdola nella sua normalità, che si prestava ancora al sorriso e all'ironia. In carattere tondo, al problema del tappo inadeguato corrispondevano le immagini sì, grigie, di un luogo di lavoro, con la noia e le rivendicazioni, gli spazi dedicati all'evasione (la macchinetta del caffè).
Nel nuovo libro si tratta invece, più torvamente, di un bordone che canta e ricanta di un tavolo delle trattative, segno che un conflitto è in atto, la conciliazione difficile. Sulla contropagina vicende di un mondo ristretto all'ambito familiare, di tragica claustrofobia: un padre, dei figli, un abbandono.

La nota epica che serpeggiava nel libro precedente nella sezione "L'assedio" ha qui il suo corrispettivo in "Il bacio", poemetto che, dopo un'invocazione alla Musa, prende a tema un omicidio consumato nella periferia romana, che ha nelle sue motivazioni solo il voler far paura. La cura con cui l'uomo sistema il letto prima di uscire a prendere la sua donna all'uscita dal lavoro, in una strofa molto ben costruita, rimanda la situazione di un disoccupato, che si accomoda alla sua situazione e diventa improvvisamente aggressivo quando riconosce ciò che già sapeva, di essere un perdente. Questa sezione, il particolare ambiente urbano che sottintende e descrive, mi ha fatto ricordare che Luca è stato tra quanti hanno seguito e promosso, negli scorsi anni, l'originalissima voce di Paolo Borzi. Qui, certo, niente musicali ottave eppure vi si legge un omaggio allo stile dell'amico. La leggerezza e il gioco che dietro un velo di tristezza aleggiavano nel primo libro hanno ceduto il posto al sarcasmo, l'epica con sottintesi romantici, cioè l'astuzia per vincere il conflitto scatenato dal desiderio di avere Elena, si risolve in un racconto grandguignolesco. Proprio in questo poemetto il rosso "che diventa il sangue / che arrossa la terra" si accende anche sui muri del quartiere, sui tramonti, contrasta cromaticamente con "la brama nera", col "maglione bianco" della donna.
Le ultime due sezioni sono dedicate ai poeti: una porta proprio quel nome,"Poeti", l'altra è dedicata a quell'estrema tenzone che si concluse con lo spellamento di Marsia. E certo è una bella sfida mettersi a competere, conservando, direi, intatto l'onore, con Ovidio e Dante. Il senso finale è che poesia è non solo il modo con cui raccontare le cose o sentirle, la poesia è qui, nell'ultimo libro di Benassi, protagonista rosseggiante che pretende infusi degni di Medea:" Mettete in infusione le vostre viscere / bollite come pesci o patate / e poi colate il succo rosso / che si incrosta al fondo della tazza."

Luca Benassi – L'onore della polvere – Passi, punto a capo 2009

sabato 5 settembre 2009

Antonio Porta – Educare al razionale all'interrogare

Se non sapessimo che Antonio Porta ci ha lasciati vent'anni fa – perché appunto si celebrano quest'anno i venti anni dalla sua morte – potremmo pensare che i versi che qui sotto riportiamo li abbia scritti per noi che viviamo la dura realtà italiana del 2009, mentre portano la data della seconda metà degli anni settanta, più di trent'anni fa.
Erano i suoi versi carichi di una forza profetica? O dobbiamo pensare che resta immobile il negativo, mentre il positivo procede quasi invisibile tra mille contraddizioni?
La poesia di Antonio Porta ha diritto anzitutto a un giudizio critico-estetico, ma non pensiamo certo di tradirlo se, nel contesto di questa rivista, la scelta è operata anche in base ai contenuti, seguendo un progetto in senso lato, politico.

Dedico l'ultima poesia di questa breve serie a mia figlia partita in questi giorni dall'Italia per insegnare in un'Università bostoniana.

(Piera Mattei)

Le poesie di Antonio Porta qui riportate per gentile concessione degli eredi, nella persona di Rosemary Ann Liedl, sono in:
Antonio Porta – Tutte le poesie (1956-1989) a cura di Niva Lorenzini – Garzanti 2009

Le traduzioni, di Anthony Molino, sono in : Antonio Porta – Kisses, Dreams & Other Infidelities (translated by A. Molino). Xenos Books: Riverside, CA, 2004

educare al razionale all'interrogare
così come s'interroga il linguaggio col fare
la poesia ricercare la poesia ragionare
è non per quell'educazione sentimentale
da maiale feroce da tacchino omicida da bufalo
dunque fuori dalla famiglia questo sì molto fuori
luogo dell'educazione sentimentale
vi ho portato fuori questo è vero per via della salute:
passeggiare ragionare opporre
baciare senza mordere

19.4.1976

educate yourselves to be rational to question
the way making poetry questions
language seek out the poetry learn to reason
against the sentimental education
of wild boars killer turkeys buffalos
so away with the family away
from the locus of all sentimental education
yes, I've taken you away, for your health:
so you can take walks reason oppose
kiss without biting

April 19, 1976



se dice: è una misura
tu pensa: è una contromisura
se dice: è contro l'inflazione
tu pensa: è per l'inflazione
se dice: stangata
tu sai: stavolta deve essere vero
(questa lettera è semplice
come il gioco delle tre tavolette)
pur conosciuto il marchingegno inganna
per davvero Achille non raggiunge mai la tartaruga
il dire non è mai il fare

12.10.1976

if they say: it's a measure
you think: countermeasure
"it's to fight inflation"
you think: pro-inflation
they say: tax hike
it's not bluff
(this letter's simple
like dealing blackjack)
you know the trick but still get fooled
it's true, Achilles never does catch up with the tortoise
nor do people practice what they preach

Oct.12,1976



le finestre si chiudono tutte
(guardando dentro le case avete
chiesto: buongiorno, c'è lavoro?)
le porte si chiudono tutte
(premendo una mano sopra i vetri
avete chiesto: buon giorno, c'è un posto?)
lunga fila in processione salite e scendete
la penisola nazionale formiche spruzzate col DDT
(ma una volta lo avevano proibito)
di queste schiere di dannati
anche voi due fate parte
per questo vi ho partorito
(ora vi passo i soldi per sopravvivere)
per questo giro la macina
(a porte chiuse, a finestre chiuse)
vi dicono: fate i contadini
mentre gli altri fuggono dai campi
(continuerò a passarvi dei soldi)
fuggono la siccità, la grandine, i mercati
(ma un giorno non ci sarò più, lo sapete)
un sorso d'acqua a una fontana (è buona)
ricomincia la questua
in fila indiana cercano di passare le Alpi
(il Bel Paese è un formaggio scremato)

24.8.76

they're shutting all the windows
(as you got a peek at their homes did you ask: "good morning, any work?")
they're closing all the doors
(when you pressed a hand against the glass
did you ask: "good morning, any jobs?")
long lines up and down the peninsula
a procession of ants sprayed with DDT
(they'd banned it not too long ago)
you two are damned
like the rest of the horde
that's why I had you in the first place
(now I slip you the money you need to survive)
that's why 1 turn a millstone
(behind closed doors and windows)
"go back to being peasants," they say
(I'll still be giving you money)
when everyone else is leaving the fields
escaping the droughts, the hail, the markets
(there'll come a day, you know, when I won't be around):
a sip of water, good water, from a fountain
and they're off begging again
trying to cross the Alps in single file
(our Bel Paese is a low-fat cheese)

Aug. 24, 1976