giovedì 5 gennaio 2012

Alessandro Centinaro–In memoria di Giorgio





Carissima Piera,
è molto termpo che non ci sentiamo; purtoppo debbo dire anche a Te, che sei una amica di alta sensibilità, della tragedia che mi è capitata..la peggiore che possa accadere ad un padre..la perdita dell'unico figlio. L'ho già comunicato a Vincenzo, che mi è vicino con sincero e partecipato dolore. Come ho già detto a Vincenzo, mio figlio Giorgio, non ancòra diciassettenne, è morto, un mese e mezzo fa, non per malattie o incidenti, ma per sua scelta. Eppure fino al giorno prima sembrava il ragazzo più felice del mondo, bellissimo, bravissimo a scuola, tenero, sensibile, altruista, pieno di amici e di interessi... ha lasciato scritto che sapeva l'amore che riceveva e che dava, ma che tutto ciò non bastava a dare un senso a.. "Tutto"
Riporto, qui, il brano finale di una sua poesia scritta a dieci anni di età (una delle tante che scriveva quand'era più piccolo, e che gli valevano dei premi di poesia per quella categoria di età): sembrava semplicemente il frutto di una piccola mente profonda e brillante, eppure forse conteneva un presagio:

"SENSO DELLA VITA"
Se penso
che non possiamo niente
sulla morte e sulla casualità,
mi dico:
almeno noi, per noi,
doniamo ali alla libertà..



Canto del figlio.
(in ricordo di mio figlio Giorgio Centinaro)

Io non so più, tesoro,
la mia vita cos’era
prima di te.
Fino ad ieri m’era sembrato
che sempre tu c’eri stato.
Prima un prima; poi il tempo dorato che insieme
tu mio frutto per me fosti il seme;
poi senza ragione- o senza io capire il perchè-
questa strana e crudele stagione
del senza di te.
Tre sole stagioni di vita finora:
primavera di ogni possibile sorte,
poi l’ estate del vero di luce che eri,
poi l’istante infinito di questa
tua tenera morte:
la quarta stagione, lo temo, lo spero, lo penso,
sarà tenerezza e dolore d’un lungo
lunghissimo autunno del senso.
Persone più sagge mi dicono cosa
mi resta da fare, distrarmi, e ad altro pensare;
ma io non voglio, tesoro, distrarmi da te:
mi sei dentro ancòra più vivo e più forte,
ed è mia questa morte,
questa cosa impensata, ch’è entrata
nelle tue vene, ora è mia, m’appartiene,
e questa poesia (questa povera voce d’amore
che non sa più tacere) non la voglio finire,
ma disfare e rifare come l’antica e mitica tela
d’infinito incessante tessuto, perché in te insieme a te
son rinato e vissuto; fra le maschere tante della poesia
tu hai inverato la vita mia, e finchè le parole
non si vanno a esaurire anche questa poesia
non vuole finire.
Non lo so, io, tesoro, se ci rivedremo, e di te
cosa sia: eri fatto
di quella sottile sostanza
dei sogni che volano volano via..
ma, pur contro ogni ordinato pensiero, io lo voglio, lo spero;
ed in un qualche posto, fuor d’ogni posto,
e in qualche tempo, fuori dal tempo,
ti cercherò:

sebbene senza corpo,
ti riconoscerò.

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