Assassini insospettabili, zingare e medici con il doppio lavoro. È l’umanità raccontata dallo scrittore russo Maxim Osipov nel libro, edito da Gattomerlino, Precipitò nel mare cavallo e cavaliere, uno splendido spaccato della Russia di inizio XXI secolo nello spaesamento prodotto dalla caduta del muro di Berlino.
Con un linguaggio pacato ed essenziale, Osipov ci porta nel lato più profondo e meno visibile di quel cambiamento che ha attraversato Mosca e le città dell’entroterra russo a cavallo tra i due secoli. Un cambiamento sotterraneo, silenzioso, che porta in grembo numerose conseguenze, a volte sorprendenti, come l’aumento di preti ortodossi, ingolositi dalla possibilità di ricevere un salario fisso, ora non più garantito con il crollo dell’URSS; altre volte annunciate, come la chiusura di numerose fabbriche, non più regolamentate dallo statalismo sovietico.
Scenari che parlano di eventi lontani migliaia di chilometri dal mondo occidentale ma che ci sono così stranamente familiari. Questo perché le tematiche trattate da Osipov, cardiologo nato a Mosca ma che ha lavorato anche a San Francisco, sono straordinariamente vicine a ognuno di noi. Sottesa ad ogni racconto c’è la sensazione di vivere un periodo storico di crisi, con le sue numerose sottorealtà di disoccupazione e alienazione, dove il rapporto tra la città e la provincia si è completamente trasformato: a uno sguardo superficiale e disattento quest’ultima potrebbe essere associata al buio al fango e allo squallore, ma a uno sguardo più attento si rivela l’unico luogo dove salvarsi dal caos della città che fagocita ogni cosa che le sta intorno.
Il progresso, l’amore, e la necessità del raccontare per salvarsi dall’oblio (“ciò che non è scritto non esiste, come non fosse mai stato, capisce?” è la domanda che rivolge uno scrittore fallito al suo compagno di stanza d’ospedale, ancora più fallito di lui per la verità) sono i fili che fanno da raccordo a tutti i racconti: Osipov è capace di mettere dentro un calderone magico tutti questi ingredienti per tirarne fuori un piccolo capolavoro alchemico.
I protagonisti assoluti dei racconti sono però medici, infermieri, pazienti e ospedali, l’habitat naturale in cui l’autore proietta le proprie esperienze. Ogni racconto scorre con garbo e disinvoltura, in un crescendo che porta ai due racconti finali, i più riusciti ed emozionanti del volume.
Con Precipitò nel mare cavallo e cavaliere, Osipov si avvicina molto alle tonalità del racconto chekoviano con le sue riflessioni sull’insensatezza delle azioni umane ed episodi che sembrano non portare da nessuna parte ma che rivelano comunque qualcosa dell’umanità. Sono proprio i piccoli gesti quotidiani, quelli effimeri, minuscoli e impercettibili che definiscono chi siamo, anche se ci appaiono insensati se visti troppo da vicino.
Sta allo scrittore dare il quadro d’insieme ed Osipov ci riesce perfettamente. Con il suo sguardo clinico e disincantato, da cardiologo quale è, riesce a conferire unità a tutti i racconti e profondità ai personaggi, anche solo tratteggiandoli con poche righe. Quello che li lega è il trovarsi in bilico, a metà tra due mondi, tra città e provincia, tra il comunismo sovietico e l’ignoto del capitalismo.
Non a caso il titolo del libro fa riferimento a un canto biblico che ricorda l’episodio dell’attraversamento del Mar Rosso da parte degli ebrei d’Egitto, simbolicamente una fase di passaggio verso un mondo e delle abitudini completamente diverse, durante il quale chi rimane indietro è destinato a soccombere. Osipov ha una concezione che definirei verghiana dell’esistenza e del progresso, che ha il solo fine di “eliminare l’uomo dal suo prossimo”. Se pensiamo che per ordinare da mangiare, comprare un libro o anche solo per parlare l’uno con l’altro oggi ci basta un semplice tap sul telefonino, non possiamo che sottoscrivere parola per parola il ragionamento dell’autore: il progresso travolge tutto ciò che trova sulla sua strada.
È proprio per questo che, nel caos dell’essere tra un mondo che si sgretola e uno nuovo e incomprensibile che si apre davanti ai loro occhi, anche quegli assassini insospettabili, zingare e medici con il doppio lavoro ci sembrano più umani, in qualche modo più vicini a noi. Nonostante siano distanti migliaia di chilometri.
Chiunque ami la Russia nelle sue contraddizioni, nelle sue stranezze così come nelle sue peculiari normalità, non potrà fare altro che amare anche Precipitò nel mare cavallo e cavaliere, un libro sincero, quasi una confessione, che con flebile voce racconta la realtà in cui viviamo e in cui proviamo a ritrovare noi stessi. Maxim Osipov non fa altro che offrirci lo specchio.
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