Può uno scrittore napoletano smettere di prendere Napoli a scenario delle sue trame? Oppure come la voce manterrà la cadenza ironica e orgogliosa di quella città, anche la fantasia continuerà a frequentare i luoghi dove, per la prima volta si accese? La Napoli di questo romanzo è Fuorigrotta, vera protagonista di questo romanzo, vero personaggio a tutto tondo, fondale di una black comedy, ritratto grottesco di una società.
Un contesto piccolo borghese: una coppia di professori di scuola media superiore, a cui per primi la cultura non dice proprio nulla. Come per molti, dietro il titolo, il ruolo presunto, ci sono il vuoto e la frustrazione. I valori sono sempre e solo il denaro e l'apparire. Anche se, la protagonista, Laura, ama i fiori e l'albero del suo giardino e, di certo, è una creatura buona. Potenzialmente, almeno agli inizi, una vittima del marito e della figlia e una creatura di cui prendersi gioco nell'ambiente di lavoro.
Napoli di Fuorigrotta è, secondo come soffia il vento, odore di monnezza o di corpi che si decompongono dal vicino cimitero, un vicino stravagante che va in giro travestito da Cristo, una madre che ne è fiera: non siamo lontani dalle atmosfere di certo surrealismo alla Totò. Ma i tempi sono cambiati, ora ciò che è vero non è soltanto quello che appare agli occhi della gente, ma quello che si vede in televisione, e il finale a sorpresa è la rivelazione di una realtà non solo napoletana.
Come in una favola, l'autore ha rinunciato a scavare psicologie, per designare archetipi, marionette, incapaci di uscire dal personaggio che il burattinaio ha ritagliato per loro. Ma il congegno è perfetto, i tasselli di una storia incredibile ma proprio per questo possibile, alla fine trovano tutti il loro incastro.
Sulla copertina si baciano, perfetti e bugiardi, una coppia di sposi da un quadro di Giovanna Picciau, che a me ricorda perché aveva curato delle esposizioni di suoi quadri, una cara amica gallerista, Sandra Gerace, anche lei una vera napoletana trapiantata a Roma, una di quelle che il loro accento e la loro arguzia partenopea, dopo anni e le esperienze più varie, non li dismettono mai.
Piera Mattei
Nessun commento:
Posta un commento