Pandemonio blues è un libro scritto in terza persona e dal punto di vista che nei manuali di tecnica cinematografica si chiamerebbe la soggettiva di Agata. Come nel copione di un film dell'ècole du regard vediamo la protagonista riempire le pagine di un giornale enigmistico, prepararsi la colazione a base di riso integrale e verdure cotte al vapore. Accanto a lei, in silenzio ma in costante comunicazione, l'amico gatto. Un gatto straordinario, fortunata Agata!, che, se si tratta di prendere l'automobile non fa storie e molto serio si sistema sul suo sedile, accanto al posto di guida.
Agata ha delle figlie, se ne accenna di sfuggita, ma sono lontane. Di lei non sappiamo se ha genitori o sorelle. Ha amiche e amici, questo sì, e trascorre le sue giornate preferibilmente tra libri e ritagli di giornali. Si circonda di notizie che giungono dal mondo, e accuratamente le divide sul grande tavolo che è una cara eredità, in buone e cattive notizie. Anche gli scambi con le amiche e gli amici ruotano essenzialmente intorno a un unico argomento: in quali condizioni si trova la società? e la Terra? Anche se Agata accetta di ascoltare un richiamo e parte, tornando nel Marocco nel quale si è costruita una parte essenziale della sua storia personale, lo fa sempre nella prospettiva di essere all'erta e captare segnali.
Di Agata sappiamo infatti, ma sempre incidentalmente, che ha avuto una vita intensa, viaggi e studi. Ora dedica volentieri le sue energie, quando è nella città dove si è trasferita orami da molti anni, a spiare il ritorno del tordo, il suo canto. Ama anche, fuori della stagione estiva, rifugiarsi in una casetta in un paesino dominato da un castello, a leggere, scrivere e meditare. Di quel luogo ci racconta le avventure recenti, il carattere di alcuni selezionati abitanti. Devo notare che tanto il suo interesse, la sua palpitazione, vanno al mondo nel suo complesso, alla sua integrità, altrettanto gli ambienti che descrive sembrerebbero vuoti di persone se non facessero la loro comparsa singoli individui contraddistinti da nome proprio, con i quali Agata ha un rapporto diretto, ma sempre molto riservato. Non può farsi troppo distrarre. Perché Agata, infine, è una sentinella. Ed è chiaro che quel paesino è la sua postazione preferita. Sta attenta a cogliere tutti i segnali che arrivano dal mondo, anche se non ha, o non ancora, un piano preciso per difenderlo e salvarlo. Quanto al suo compito lo assolve col suo vegetarianesimo integrale e tenendo sveglie le sue energie, drizzate le sue antenne.
Ho detto che Agata chiama per nome i suoi amici. Un solo amico, se non sbaglio, ha diritto al nome e cognome: Emilio Villa. Il poeta, spirito grande e originale che aveva la sua casetta anche lui tra i monti dove si trova il rifugio di Agata, Rocca Sindibad, come appunto lui la chiamava scherzosamente. Un nome in cui certo non è difficile riconoscere Rocca Sinibalda, dove l'autrice Toni Maraini ha una minuscola casetta appoggiata ad altre piccole abitazioni, ai piedi del castello. Anche i nomi delle amiche li riconosco, mi riconosco.
Allora Agata è la stessa Toni Maraini?
Sì e no. Direi che è una delle possibili proiezioni della persona che scrive. Una donna, certo, ma che tende alla smaterializzazione. Quasi uno spirito. Basta leggere i suoi menù per capirlo, e proprio il fatto che tali menù o un occasionale spuntino siano descritti minuziosamente, mostra l'intenzione di sottolineare il tratto ascetico del personaggio. Non la Toni madre, quindi (le figlie sono partite) non la figlia ( per quanto il tavolo-scrivania lo immaginiamo come un'eredità paterna), e neppure l'artista, la scrittrice, l'antropologa, come se Agata–Toni godesse finalmente di considerarsi ab-soluta, sciolta da legami forti, troppo forti e importanti, per librarsi tutta sola, nella sua proiezione Agata. Guarda con un sorriso compiaciuto, una lieve ironia che alleggerisce il ponderoso compito, quella donna che da un angolo ancora parzialmente incorrotto del mondo sta in vedetta. Non ha armi per fermare il nemico: chi inquina, chi distrugge la flora e la fauna del mondo. Ha solo la sua mente vigile e dalla sua solitaria postazione assolve a quello che sente come dovere verso l'universo, ma ancora più verso se stessa.
Bel personaggio, esemplare. Questo libro quasi un manuale, o una proposta al mondo.
Piera Mattei
Toni Maraini – Pandemonio Blues– Poiesis editrice 2009
Nella foto : La notte scende su Rocca Sinibalda (p.m.)