domenica 31 ottobre 2010

Cristiano Franceschi – Oltre vento e da nessun luogo – Ghenomena Edizioni, 2009

Un libro di poesie dedicato a una donna, non con un semplice esergo ma con l'acrostico che introduce la raccolta. Dunque, da subito, abbiamo la presentazione di un canzoniere (poesie d'amore e di lontananza), da subito il desiderio, la sensualità sono protagonisti, ma rinserrati in forme chiuse: sonetti e madrigali con stretto controllo dei metri e delle rime.
L'autore di queste poesie è lo stesso fotografo che, sulla copertina, colloca un'immagine notturna. Un luogo centrale di Roma, il ponte Duca d'Aosta, vi è quasi irriconoscibile, tanto la foto è limpida, perfetta, e l'immagine, nella sua perfezione, "altra" da quanto normalmente si vede. Sempre in quella foto un dettaglio inquietante: i fari accesi di un'automobile che sembra parcheggiata, sotto il ponte, in cima a un'ampia scalinata.
Ho riferito di quella foto in copertina perché vi leggo, come in altre opere fotografiche di Cristiano Franceschi, la metafora visiva della sua poesia, che costringe l'angoscia pulsante, l'enigma che assilla, nella misura del metro, nella forma accurata e netta.
Del resto la forma chiusa e la rima sono, nell'uso del poeta abile e accorto, per l'orecchio addestrato, lo strumento mediante il quale la lingua scopre da sé la via al discorso che urge, o addirittura lo suscita. Nella seconda strofa della poesia di pag. 11 c'è infatti il riferimento a un "cantare a braccio", anzi direi che l'intera strofa costituisce nel suo insieme una dichiarazione di poetica e un programma esistenziale: Come soltanto un verso preso al laccio / e a sopravvento per l'ostile intorno / delle mani e del mio cantare a braccio, / ho messo all'ancora il vagar del giorno / dov'è sicura la fonda e l'abbraccio / imbarchi il fuoco e il piacere adorno. Un programma esistenziale che avrà quale durata? "Ho messo all'ancora il vagar del giorno": per quanto tempo resterà agli ormeggi una vita che cerca da sempre, ma non riesce a trovare, il luogo dove sistemare i suoi Lari? I luoghi qui citati, vissuti, sono molti. A cominciare da Firenze: Santa Croce, gli Innocenti, Duccio, Via delle belle donne, ma anche la bassa Toscana, Chiusi, Siena, Bagno Vignoni, poi Roma, alla Stazione Termini. Tra i molti ancoraggi, il riferimento a un altrove linguistico nelle poesie in tedesco, idioma che potrebbe rivelare l'Heimat originale e insieme additare un altro termine delle molteplici, irrisolvibili contraddizioni. Nelle metafore, infine, il mare, le acque compaiono come atavico ricordo del viaggio, dell'espatrio, forse della fuga senza sapere verso cosa e a causa di chi: E' un porto come tutti gli altri, ma / pesantemente nei canali domina / quel muschio di bonaccia che si fa / nera insolenza […] E trascinato dai venti che fan- / no alla prima occasione cadere gomene / e sartie, l'ancora e i paranchi inutili / strumenti di salvezza.
Ancorarsi, o rifiutare di scendere a "un porto come tutti gli altri"? Speranza e disperazione si sovrappongono, fino a corteggiare la follia e la morte: Conviene l'omicidio, soluzione / di originale freschezza, modesta / come fanciulla irritabile, clone / del desiderio furioso di Vesta.[…] quel cielo capovolto e quelle fate / ranicchiate sull'angelo, cura- / no della morte anime disamate. Versi assai belli, che "curano" a loro volta la disperazione e, nella loro aperta cantabilità e chiarezza, contrastano con l'enigmaticità di molti versi dove la rima onnipresente spinge alla scoperta d'assonanze e immagini, anche strane.
Dovunque la parola è in caccia dell'amore, dell'eros, non come annientamento ma come ipotesi di rispecchiata identità e, finalmente, d'immobilità. Ma l'immobilità non è anche la fine, la morte? Bellissima fanciulla, / Dolce a veder non quale / La si dipinge la codarda gente, / Gode il fanciullo Amore / Accompagnar sovente. La citazione leopardiana dal canto Amore e Morte, che liberamente si affaccia, mi aiuta a definire lo stile e l'ispirazione di Cristiano Franceschi come poesia fondamentalmente classica, nella forma e anche nelle tematiche. Giudizio che rimane saldo, e non contraddice a un primo approccio con questi versi piuttosto aspro, difficile. Perchè l'armonia, come le fate che ho dianzi citato, è presente ma nascosta, e si richiede al lettore di andarla a stanare, mentre se lei se ne resta immobile, ranicchiata "sull'angelo".
Piera Mattei

Nessun commento: