cronache e riflessioni
di PIERA MATTEI
INTRODUZIONE
Adnan Özer è sempre presente, ma quasi
invisibile, in queste giornate istanbulesi. È un poeta turco, l'organizzatore,
ormai da anni, dell'Istanbul Poetry Festival e di alcune altre iniziative che,
mi pare, pongono al centro la
poesia europea e la sua traduzione in turco. Il suo sorriso, la sua semplicità,
ma nello stesso tempo la convinzione del suo progetto lo rendono da subito una
persona che ti senti amica. Si esprime oltre che in turco nello spagnolo di una
comunità di antico stanziamento, e lo spagnolo è anche la lingua che adotta
nelle comunicazioni con noi "stranieri".
"Non sono un accademico!" Ha
messo le mani avanti, durante il nostro primo incontro, lo scorso maggio, al Centro
Culturale Italiano – un incontro organizzato dalla dinamica direttrice Gabriella Fortunato.
Certo, non c'è bisogno di essere accademici per comprendere
e amare la poesia, per essere poeti. E poi la mia risposta "Io nemmeno!
"
Dunque noi, poeti "stranieri"in vario modo incontrati e
scelti da Adnan eravamo un piccolo gruppo, in tutto undici, tutti ospitati
nello stesso albergo, e l'organizzazione delle nostre giornate permetteva di
incontrarci non solo in occasione delle letture comuni, ma anche alla colazione
del mattino, a pranzo o la sera a cena. Parlavamo in inglese, per lo più, ma
anche uno strano impasto d'italiano-spagnolo, dato che due erano i poeti
spagnoli invitati, e poi c'era una poetessa di Malta, così prossima all'Italia,
infine come dicevo, lo spagnolo è la seconda lingua parlata da Adnan Özer.
Tranne che con lui, che del resto con
grande discrezione si è escluso dalle letture, con gli altri poeti turchi,
alcuni invitati da altre città, altri residenti a Istanbul, invece, tranne rare
ma anche fugaci eccezioni di scambio in inglese, abbiamo comunicato molto con
sorrisi, con cenni di simpatia, con applausi, quasi in una dimensione
prelogica. Infatti la lingua nella maggior parte dei casi si è dimostrata uno
scoglio davvero ingombrante, posto di traverso al tentativo di una
comunicazione più ragionata. Quanti amori, quante amicizie nascono così, sulla
base di un sentimento di riconoscimento, di simpatia, che non si ferma
"sulla soglia " della
comunicazione verbale, ma con naturalezza la supera? E la poesia può
essere un modo di comprendersi "oltre"?
Queste domande mi sono posta durante la
settimana circa di scambi, di letture: noi "europei" nella nostra
lingua, e poi nella traduzione turca delle stesse poesie; i poeti turchi nella
loro. Al mio ascolto la lingua turca ha questo di peculiare, me ne ero accorta
già nei luoghi pubblici, per la strada: suoni che si modulano discreti, senza risultare in asprezze (come ad esempio l'arabo, e lo stesso
olandese che ascolto qui) o in
misteriose cantilene (come quelle
che mi restituiscono lo svedese o altre lingue nordiche).
Potevo notare inoltre che la lettura dei
poeti turchi contiene più frequentemente un elemento di drammatizzazione, che
giunge all'accompagnamento musicale o addirittura al canto (a cantare nella
lettura sul battello, l'ultimo giorno è stato Mevlana Idris).
Nella Foto Adnan Özer con un amico, sul battello del Bosforo
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