Rivista diretta da Piera Mattei --- La rivista pone in primo piano la natura delle cose, la sua indagine, dal punto di vista della scienza, della poesia, della filosofia e dell'arte --- Direttore responsabile: Piera Mattei --- Superstripes Press
mercoledì 25 dicembre 2013
domenica 15 dicembre 2013
Sopralluoghi di Valerio Magrelli Libro + DVD di Filippo Carli, Fazi editore – nota critica di Piera Mattei
Stamani mi sono ritagliata il tempo di mettermi alla visione del DVD compreso in un cofanetto (Libro+DVD) Sopralluoghi di Valerio Magrelli, diretto da Filippo Carli, con le musiche di Adriano Lanzi e Omar Sodano, una passeggiata, con lettura di poesie e commento delle medesime, del poeta attraverso i suoi luoghi, nella sua città, Roma.
Le
poesie le conoscevo molto bene quasi tutte, alcune sono state per me un'integrazione
di una recente lettura-confronto di Valerio Magrelli con Durs Grunbein alla Casa
di Goethe di Roma, che si è tenuta il 28 novembre scorso per iniziativa della nuova impegnatissima responsabile della Casa, Maria Gazzetti, per quanto, mi pare di capire, il
video sia nato invece prima di quell’evento.
Ma
si è trattato anche e soprattutto di sfogliare un'antologia di luoghi di Roma,
alcuni ben noti e molto cari a chi scrive, come i margini del fiume a lungo percorsi e fotografati, Villa
Borghese e la Biblioteca Casanatense, altri che serrano (a chi scrive) luoghi
di segreta appartenenza, come il Verano.
Però
tra tutte le scelte di luoghi e luce, lo spazio scelto nel frammento iniziale,
quello dello sfasciacarrozze (preferisco
anch’io, per il suo suono, questo sinonimo a l'altro più neutro di
autodemolizioni) mi è sembrato veramente perfetto, con il racconto verissimo e
surreale, in poesia e nella prosa di introduzione e commento dell’autore, del
vagone “frenato” che è costretto a lasciare dietro a sé una scia di fuoco
incendiario.
In
generale le parole di Magrelli intorno ai luoghi della sua poesia sono un
valore aggiunto di poesia, alla poesia stessa. Nella premessa al libretto
che accompagna il video (mentre il video accompagna il libretto) cita, per la
prassi di farsi guida alla propria poesia, l’antecedente di Edgar Allan Poe, ma
perché non risalire oltre, a quel nostro medioevo così libero nella sua
espressione letteraria, al liberissimo Dante della Vita Nuova?
Qui,
in Magrelli, certe immagini – anche se si tratta di citazioni, ma rinnovate
quando riportate nel nuovo contesto – della biblioteca come lupanare, del libro
come oggetto di contagio pestilenziale, filtrate dalla sua voce pacata dal suo
elegante posizionarsi nello spazio, risultano veramente di grande efficacia
acustico-visiva: buona poesia che non contraddice, anzi contribuisce a
realizzare, buon cinema.
Foto:
Ai margini del Tevere
di Piera Mattei
lunedì 9 dicembre 2013
798: il linguaggio dell’arte in Cina - di Augusto Marcelli
Torno
dalla Cina dove si affronta quotidianamente un allarme ambientale di
proporzioni gigantesche, come d’altra parte è quasi tutto in questo paese. In
questo momento l’est della Cina è sotto un cielo “grigio” e la gente comincia a
guardare al futuro prossimo con grande preoccupazione.
Tuttavia, nonostante il clima e un livello di polveri sottili ben superiore alla soglia di allarme, Pechino è certamente una delle città con maggiori attrattive e posti da visitare. La Città proibita, il Palazzo d’estate, la Grande muraglia, sono solo le maggiori attrazioni turistiche, ma esistono molte altre opportunità spesso molto più stimolanti, tra le quali in particolare lo spazio artistico del 798. Il nome o meglio il numero di questo “distretto artistico” che copre un’area di quasi un km quadrato è l’identificativo originale di una fabbrica di armi costruita negli anni ‘50 nel distretto di Dashanzi.
Questa gigantesca area espositiva, ormai in pieno centro urbano, non è solo una collezione straordinaria di gallerie d’arte moderna, in parte all’aperto, ma un vero e proprio incubatore d’idee e di espressione del pensiero, della cultura e dell’arte contemporanea cinese. (http://www.798district.com/)
La storia del 798 inizia una decina di anni fa, quando nel 2002 artisti e organizzazioni culturali cominciarono a utilizzare, affittare e ricostruire gli enormi spazi di questa immensa area industriale trasformandoli in gallerie per esibizioni temporanee, studio’s, negozi di moda, ristoranti e bar, luoghi d’incontro di giovani e di artisti cinesi. Il suo stile molto simile a un’architettura Bauhaus rende il 798 assolutamente originale e per certi aspetti stridente, nell’attuale contesto urbano di Pechino. Luogo unico per guardare, pensare e riflettere, confrontarsi, questo spazio è aperto a tutti e decine di artisti provenienti dall’Europa e da tutto il mondo espongono qui creando opportunità culturali, e non solo.
Gli artisti cinesi in questo momento, anche se con risultati non sempre convincenti, tendono ad azzardare nelle dimensioni e nelle tecniche, sentendo l’arte come provocazione, come possibilità di esprimere idee e opinioni senza alcuna “censura”. Nei vastissimi spazi, in grado di ospitare progetti ambiziosi e/o provocatori, si può trovare di tutto: quadri, foto, installazioni monumentali, video, etc.
Il 798 Art Zone si può considerare quindi un hotspot della città. Dal 2008 in questi immensi spazi, ideali non solo per gallerie d'arte, ma anche per altri progetti “artistici” a dimensione di questo immenso paese, centinaia di organizzazioni culturali e artistiche provenienti da tutto il mondo hanno stabilito una loro sede o una galleria. Oltre all’Art Festival che si tiene in primavera, altre importanti manifestazioni attirano durante tutto l’anno politici, star del cinema e celebrità che vengono a comprare opere d’arte, ma anche a farsi vedere. Fino ad oggi, probabilmente, hanno visitato il 798 più di ottanta milioni di visitatori.
Le collezioni di arte moderna e di opere esposte sono ben più di una semplice espressione del pensiero delle avanguardie artistiche cinesi. L’arte moderna ha oggi un ruolo straordinario nella società cinese influenzando profondamente il quotidiano. La recente apertura di un grande centro commerciale a Pechino “popolato” di opere prestate dal 798 testimonia il peso anche economico e sociale che l’arte ha oggi in Cina (foto 1). Dietro la dimensione spesso gigantesca di queste opere non c’è solo la voglia di egemonia, ma probabilmente la necessità di occupare lo “spazio” non riempito dalle parole, in una società troppo occupata a fare affari per fermare a riflettere sul suo futuro. Le molte emergenze di questa società sono però ormai dietro l’angolo: l’inquinamento è forse solo la prima di queste.
Il linguaggio e gli spazi concessi all’arte in questo paese sono una grande opportunità da cogliere per tutti.
Il 798 è molto di più di un enorme complesso industriale che celebra, con le sue installazioni di lavoratori con le casacche maoiste, con le enormi scritte rosse con gli slogan maoisti che decorano gli interni di molte gallerie, con le statue di lavoratori e le lanterna rosse, le radici proletarie del periodo comunista. È un posto dove è quotidianamente sperimentata e proposta l'arte contemporanea, l'architettura e la cultura in una posizione urbana unica, un posto da visitare e soprattutto “vivere” per riflettere sul movimento artistico di un paese guidato da un’avanguardia numerosissima e da personalità artistiche con obiettivi molto spesso divergenti. Un luogo del pensiero per cercare di capire dove sta andando questo paese e forse, anche dove andrà l’arte e la cultura del XXI secolo.
Molto spesso gli stranieri vengono in Cina con il desiderio e forse anche la convinzione di portare il loro pensiero e cambiare la Cina e i cinesi, ma forse è la Cina che finisce per trasformarli. Solo per fare un esempio, uno dei maggiori architetti di oggi, John Van de Water, nel suo libro: “You can’t change China, China changes you” pubblicato nel 2011, scrive “…. quello che ho imparato in Cina è che non c’è un solo modo di immaginare il design, e spesso, ragionare solo con la logica non è il modo corretto di pensare.”
(foto 1) Interno del centro commerciale di Pechino con una grande opera molto provocatoria di un artista cinese dal titolo “Non sempre quello che vediamo è reale”.
(foto 2) “La speranza” della pittrice cinese Ziqi (proprietà privata). Un’opera particolarmente simbolica ed emblematica della moderna società cinese.
Tuttavia, nonostante il clima e un livello di polveri sottili ben superiore alla soglia di allarme, Pechino è certamente una delle città con maggiori attrattive e posti da visitare. La Città proibita, il Palazzo d’estate, la Grande muraglia, sono solo le maggiori attrazioni turistiche, ma esistono molte altre opportunità spesso molto più stimolanti, tra le quali in particolare lo spazio artistico del 798. Il nome o meglio il numero di questo “distretto artistico” che copre un’area di quasi un km quadrato è l’identificativo originale di una fabbrica di armi costruita negli anni ‘50 nel distretto di Dashanzi.
Questa gigantesca area espositiva, ormai in pieno centro urbano, non è solo una collezione straordinaria di gallerie d’arte moderna, in parte all’aperto, ma un vero e proprio incubatore d’idee e di espressione del pensiero, della cultura e dell’arte contemporanea cinese. (http://www.798district.com/)
La storia del 798 inizia una decina di anni fa, quando nel 2002 artisti e organizzazioni culturali cominciarono a utilizzare, affittare e ricostruire gli enormi spazi di questa immensa area industriale trasformandoli in gallerie per esibizioni temporanee, studio’s, negozi di moda, ristoranti e bar, luoghi d’incontro di giovani e di artisti cinesi. Il suo stile molto simile a un’architettura Bauhaus rende il 798 assolutamente originale e per certi aspetti stridente, nell’attuale contesto urbano di Pechino. Luogo unico per guardare, pensare e riflettere, confrontarsi, questo spazio è aperto a tutti e decine di artisti provenienti dall’Europa e da tutto il mondo espongono qui creando opportunità culturali, e non solo.
Gli artisti cinesi in questo momento, anche se con risultati non sempre convincenti, tendono ad azzardare nelle dimensioni e nelle tecniche, sentendo l’arte come provocazione, come possibilità di esprimere idee e opinioni senza alcuna “censura”. Nei vastissimi spazi, in grado di ospitare progetti ambiziosi e/o provocatori, si può trovare di tutto: quadri, foto, installazioni monumentali, video, etc.
Il 798 Art Zone si può considerare quindi un hotspot della città. Dal 2008 in questi immensi spazi, ideali non solo per gallerie d'arte, ma anche per altri progetti “artistici” a dimensione di questo immenso paese, centinaia di organizzazioni culturali e artistiche provenienti da tutto il mondo hanno stabilito una loro sede o una galleria. Oltre all’Art Festival che si tiene in primavera, altre importanti manifestazioni attirano durante tutto l’anno politici, star del cinema e celebrità che vengono a comprare opere d’arte, ma anche a farsi vedere. Fino ad oggi, probabilmente, hanno visitato il 798 più di ottanta milioni di visitatori.
Le collezioni di arte moderna e di opere esposte sono ben più di una semplice espressione del pensiero delle avanguardie artistiche cinesi. L’arte moderna ha oggi un ruolo straordinario nella società cinese influenzando profondamente il quotidiano. La recente apertura di un grande centro commerciale a Pechino “popolato” di opere prestate dal 798 testimonia il peso anche economico e sociale che l’arte ha oggi in Cina (foto 1). Dietro la dimensione spesso gigantesca di queste opere non c’è solo la voglia di egemonia, ma probabilmente la necessità di occupare lo “spazio” non riempito dalle parole, in una società troppo occupata a fare affari per fermare a riflettere sul suo futuro. Le molte emergenze di questa società sono però ormai dietro l’angolo: l’inquinamento è forse solo la prima di queste.
Il linguaggio e gli spazi concessi all’arte in questo paese sono una grande opportunità da cogliere per tutti.
Il 798 è molto di più di un enorme complesso industriale che celebra, con le sue installazioni di lavoratori con le casacche maoiste, con le enormi scritte rosse con gli slogan maoisti che decorano gli interni di molte gallerie, con le statue di lavoratori e le lanterna rosse, le radici proletarie del periodo comunista. È un posto dove è quotidianamente sperimentata e proposta l'arte contemporanea, l'architettura e la cultura in una posizione urbana unica, un posto da visitare e soprattutto “vivere” per riflettere sul movimento artistico di un paese guidato da un’avanguardia numerosissima e da personalità artistiche con obiettivi molto spesso divergenti. Un luogo del pensiero per cercare di capire dove sta andando questo paese e forse, anche dove andrà l’arte e la cultura del XXI secolo.
Molto spesso gli stranieri vengono in Cina con il desiderio e forse anche la convinzione di portare il loro pensiero e cambiare la Cina e i cinesi, ma forse è la Cina che finisce per trasformarli. Solo per fare un esempio, uno dei maggiori architetti di oggi, John Van de Water, nel suo libro: “You can’t change China, China changes you” pubblicato nel 2011, scrive “…. quello che ho imparato in Cina è che non c’è un solo modo di immaginare il design, e spesso, ragionare solo con la logica non è il modo corretto di pensare.”
(foto 1) Interno del centro commerciale di Pechino con una grande opera molto provocatoria di un artista cinese dal titolo “Non sempre quello che vediamo è reale”.
(foto 2) “La speranza” della pittrice cinese Ziqi (proprietà privata). Un’opera particolarmente simbolica ed emblematica della moderna società cinese.
domenica 24 novembre 2013
Fuori dal silenzio – poesie di Maria Gabriella Canfarelli
Ottobre 2013. Di questi giorni è la notizia della morte di un
uomo –Priebke– passato alla Storia con il nome di “boia delle Fosse Ardeatine”.
I cittadini di Roma, dove è stato estradato dall’Argentina e ha trascorso gli
ultimi anni di una lunghissima vita, non vogliono che nel loro territorio sia
sepolto chi, il 24 marzo 1944, pianificò e realizzò presso una cava sulla via
Ardeatina, alla periferia di Roma, l’eccidio di 335 concittadini.
Mentre il ricordo storico e umano dei pochi sopravvissuti
ancora sanguina, per un caso fortuito ritrovo tra i miei libri un volume letto
a vent’anni: Lettere di condannati a
morte della Resistenza italiana (8 settembre 1943- 25 aprile 1945), a cura di Piero Malvezzi e Giovanni
Pirelli (Einaudi, 1974). Centonovantaquattro lettere di detenuti politici, di
uomini, donne e ragazzi condannati alla fucilazione o all’impiccagione, scritte
ai familiari e agli amici, ai figli, alle mogli, ai padri, a fratelli e
sorelle, alle madri soprattutto. Per chiedere scusa del dolore inevitabile loro
inflitto, ed esortarli a vivere con dignità, in nome degli ideali di libertà e
giustizia per i quali andranno a morire. Sono lettere semplici, talvolta
sgrammaticate, in cui baci e saluti e rassicurazioni s ‘intrecciano ai percorsi
della clandestinità, nella scelta coraggiosa di combattere per liberare
l’Italia dai nazi-fascisti.
Parte di queste lettere sono state fonte d’ispirazione per
una riscrittura in versi nella quale ho voluto mantenere l’originale tono
testamentario e testimoniale (Maria Gabriella Canfarelli)
Una poesia discreta. Versi che appena si sporgono e subito si
ritraggono dalla pagina. Un periodare spezzato. Perché i documenti da cui
nascono sono un estremo battito di vita e non tollerano di diventare pretesto
alla retorica.
Sulla poesia civile ci sono stati, negli anni, infiammati contraddittori, finché quella fiamma quasi del tutto si è spenta. La memoria di cosa significhi
Guerra, di cosa Guerra ha significato anche nelle strade delle nostre città, nelle
nostre case, nei semplici ed essenziali rapporti umani, deve essere tuttavia
conservato. Dobbiamo tuttavia sottolineare che ai Martiri delle Fosse Ardeatine non fu
neppure concesso il tempo di un addio: deciso il loro destino, l’immediata
vendetta, dall’oggi (23 marzo) al domani (24marzo).
Maria Gabriella, con la delicatezza dei suoi versi, dà qui il
suo prezioso contributo a tenere desta la memoria delle lotte e dei grandi
lutti civili (Piera Mattei)
FUORI DAL SILENZIO
FUORI DAL SILENZIO
Achille B. (Gilberto della Valle)
Non
vergognarti di me,
non
abbassare la testa.
Guarda la gente
negli occhi e porta
fieramente il sacrificio di oggi
incollato sul petto.
Dalle vite spezzate,
dai miei vent’anni uccisi,
verrà un domani più nuovo,
più alto e libero il giorno.
Domenico Q. (studente, ai genitori)
Sarà fatta
la volontà di Dio
-per chi ci crede-
sarò di certo andato
altrove
quando toccherà
le vostre mani
la lettera che scrivo.
Catturato ferito,
seviziato per giorni
interminabili, oscuri,
nulla da confessare
nulla di cui pentirmi.
Paola G. (pettinatrice)
Non ho avuto
un processo giusto
o ingiusto che fosse,
e i tuoi giovani anni
come un dolore sfiancano
le forze che ho raccolto
questo giorno
ch’è l’ultimo.
Non ti vedrò crescere,
altri a te penseranno:
perdona la brutale sparizione,
l’ assenza non voluta.
Giuseppe B.( sarto)
Il cielo è scivolato
in fondo all’ombra. Più volte
seviziato, non ho fatto la spia.
Torturato nel corpo,
non nell’anima,
sono pronto. Il tempo dei saluti
è pensiero che batte:
non la paura del fuoco dei fucili
ma l’epitaffio che vorrete
scrivere: resistere è un dovere
non da poco.
Ermete V. (commerciante)
Non datevi pensiero
-non mi rimproverate.
Prima di finire
prima che sia
troppo tardi,
alla famiglia il lascito
della calma che sento
come un abbraccio
tenero, come la neve soffice
cui cedo le ultime impronte,
i passi sempre più brevi,
che si fermano al muro.
Pietro B. (ebanista)
Trascorsi sei giorni
la notte sesta
ho sognato la casa di mio padre,
nella sua voce severi rimproveri.
Ho visto te, Enrichetta, sorridevi
con la bocca precisa di mia madre
e c’era nostra figlia
sulla porta di casa qualcuno
bussava forte,
qualcuno diceva “aprite”.
Echeggia
la voce infantile di Ivana
che nel sogno diceva ”no”.
Ignoto (alla madre)
Dicono sia il destino,
invece è il boia.
L’alba mi spinge
dove saranno i fucili
e non da solo,
in questo luogo prego,
mi sarà di soccorso
il tuo nome in silenzio
pronunciato.
Maria Luisa A. (impiegata)
L’ufficio mi stava stretto
mentre altri morivano.
Staffetta
partigiana, clandestina
sui monti
a portare le armi, vettovaglie.
Mi hanno presa, sbattuta
dentro un carcere
per tanto tempo che
non so contare.
Ora vi prego,
non parlate, non fate
inutili chiacchiere,
ricordatevi Giuda.
Mario L. (operaio)
Ho un filo di speranza
annodato per poco
alla fiducia
di un Dio che non
mi sente. Stamani
la tortura, la sentenza
è domani. E viene sabato,
un prete mi confessa.
Non portatemi fiori.
Le foto:
Per la festa dei morti (1-2 novembre) a Mexico D. F. fiori tanti fiori. Focacce, frutta, semi di varia forma e colore. Nomi, ritratti, colori, amore, protesta. Le foto che qui riportiamo, ritraggono alcuni dei numerosissimi altari ai Morti costruiti dalla popolazione per ricordare, in quella ricorrenza, ciascuno i "suoi morti". Sono state scattate lo scorso novembre 2013 nel lunghissimo viale Alvaro Obregon tutto affollato, nella sezione centrale-pedonale, da questi altari.
Le foto che ho scelto, per accompagnare le poesie di Maria Gabriella, si riferiscono in un caso alla memoria di coloro che sono morti nel tentativo di attraversare la frontiera con gli Stati Uniti, nell'altro all'altare dedicato a giornalisti e fotografi di cose politiche assassinati dai loro nemici. Ancora una volta memoria, amore, impegno per continuare a vivere da umani.
(foto Piera Mattei)
(foto Piera Mattei)
giovedì 31 ottobre 2013
XV Encuentro de poetas del mundo latino – Aguascalientes, Mexico, 7-10 novembre 2013
Dal 7 al 10 novembre 2013 a Aguascalientes, Mexico, si terrà il XV Incontro di poeti del Mondo Latino.
Con l'espressione Mundo Latino s'intende tutto l'universo linguistico delle lingue neolatine, non l'America ispanofona soltanto, come da uso invalso negli ultimi decenni. Dando tuttavia uno sguardo al manifesto che verrà esposto ad Aguascalientes, i poeti che hanno aderito all'invito sono per lo più ispano-americani, una poeta giungerà dal Canada. Dall'Europa giungono tre poeti spagnoli, tra cui uno dei due premiati, Joan Margarit, catalano. L'altro poeta premiato sarà José Emilio Pacheco, messicano.
Io ci sarò, dall'Italia. Mi attendo di registrare esperienze positive e di fare poetici incontri.
Prima del festival a Aguascalientes sono previste letture di poesia a Mexico DF, presso il Palacio de Bellas Artes (domenica 3 novembre) e presso l'Universidad Nacional Autonoma de México (martedì 5 novembre).
mercoledì 23 ottobre 2013
martedì 22 ottobre 2013
Tempi d’Europa antologia poetica internazionale a cura di Lino Angiuli e Milica Mariancovic prefazione di Amedeo Anelli
Conoscendo il temperamento ironico di Lino Angiuli potrebbe
venire il dubbio che questo titolo non disdegni una nota beffarda.
Tempi d’Europa con
i tempi che corrono? Con la moneta unica che attira i piccoli ma che sembra non
voler trattenere i negligenti stati mediterranei, non a tutti i costi, almeno?
Eppure, sì, un’antologia di poesie nelle varie lingue
d’Europa di questi tempi ha ancora
più senso. Proprio nella varietà delle culture e degli idiomi di questa
frastagliatissima penisola dell’Eurasia possiamo riconoscerci e sentire che ci
sono legami forti e connessioni storiche a
volte insospettabili.
Diversità ma anche tendenza ad assimilare: non possiamo
ignorare che alcune di queste lingue europee hanno poi fagocitato, storicamente,
attraverso la conquista delle armi, del capitale ma anche della cultura, le
lingue varie, frazionate, di interi continenti, non solo delle Americhe.
Il tema di questa raccolta che traduce in italiano poesie da
idiomi diversissimi, ponendo sulla pagina a
fronte i caratteri della scrittura originaria, è quello delle stagioni.
Così, finalmente, non di antagonismi si tratta, ma di quella
ciclica vita che tutto comprende, animali e piante, dentro e oltre i confini
del nostro continente.
PIERA MATTEI
Immagini da:http://it.wikipedia.org/wiki/Europa
Immagini da:http://it.wikipedia.org/wiki/Europa
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