Riceviamo da Biancamaria Frabotta, ordinaria di letteratura italiana contemporanea all'Università La Sapienza di Roma, il programma di un convegno da lei organizzato, presso al facoltà di Lettere di quella Università "sulla libertà di pensiero, di ricerca, di espressione e contro ogni discriminazione".
Iniziative del genere sono importantissime, perché quanto è avvenuto alla Sapienza all'inaugurazione dell' anno accademico, ha scoperto un garbuglio di incomprensioni e fraintendimenti non solo tra "laici" e "non-laici", ma anche tra cultura scientifica e cultura a cui facciamo riferimento come "umanistica". Un dialogo sulle basi stesse della ricerca, comunque "umana" (atteggiamento e attività che contraddistingue la nostra specie, la dignità e l'indagine sul senso del mondo e del nostro essere nel mondo) sembra irrinunciabile, e necessariamente fondante.
Lucreziana si propone di ospitare oltre all'annuncio di questo convegno, anche un resoconto dello stesso e di offrire la possibilità di continuare tenere aperta la volontà di dibattito.
Rivista diretta da Piera Mattei --- La rivista pone in primo piano la natura delle cose, la sua indagine, dal punto di vista della scienza, della poesia, della filosofia e dell'arte --- Direttore responsabile: Piera Mattei --- Superstripes Press
venerdì 29 febbraio 2008
IL TEMPO A VENIRE giornata di studio Sulla Libertà di Pensiero, di Ricerca e di Espressione. Contro ogni discriminazione.
LUNEDÌ 10 MARZO 2008
Aula Odeion – Museo dell’Arte Classica
Facoltà di Lettere e Filosofia
Università di Roma La Sapienza
"Nessuno se ne avvede, ma l’architettura del nostro tempo diviene l’architettura del tempo a venire" (Mark Strand)
Ore 9:30
Saluti del Preside Guido Pescosolido
Introduce: Bianca Maria Frabotta
Interventi di:
Marina Caffiero
Prof. di Storia moderna - Roma
Gaetano Lettieri
Prof. di Storia del Cristianesimo e delle Chiese – Roma
Anna Foa
Prof. di Storia moderna - Roma
Franco Buffoni
Prof. di Critica letteraria e Letteratura Comparata – Cassino
Discussione
Coordina: Renzo Bragantini Prof. di Letteratura italiana - Roma
Ore 14:30
Interventi di:
Francesco Saverio Trincia
Prof. di Filosofia Morale – Roma
Zouhir Louassini
Giornalista RAI
Clotilde Pontecorvo
Prof. di Psicologia dell’Educazione – Roma
Bianca Maria Frabotta
Prof. di Letteratura italiana contemporanea - Roma.
Discussione
Coordina: Giulio Ferroni,
Prof. di Letteratura italiana - Roma
Aula Odeion – Museo dell’Arte Classica
Facoltà di Lettere e Filosofia
Università di Roma La Sapienza
"Nessuno se ne avvede, ma l’architettura del nostro tempo diviene l’architettura del tempo a venire" (Mark Strand)
Ore 9:30
Saluti del Preside Guido Pescosolido
Introduce: Bianca Maria Frabotta
Interventi di:
Marina Caffiero
Prof. di Storia moderna - Roma
Gaetano Lettieri
Prof. di Storia del Cristianesimo e delle Chiese – Roma
Anna Foa
Prof. di Storia moderna - Roma
Franco Buffoni
Prof. di Critica letteraria e Letteratura Comparata – Cassino
Discussione
Coordina: Renzo Bragantini Prof. di Letteratura italiana - Roma
Ore 14:30
Interventi di:
Francesco Saverio Trincia
Prof. di Filosofia Morale – Roma
Zouhir Louassini
Giornalista RAI
Clotilde Pontecorvo
Prof. di Psicologia dell’Educazione – Roma
Bianca Maria Frabotta
Prof. di Letteratura italiana contemporanea - Roma.
Discussione
Coordina: Giulio Ferroni,
Prof. di Letteratura italiana - Roma
domenica 17 febbraio 2008
Francesca de Carolis LA VIOLENZA PACATA
Solo una breve riflessione. A proposito di toni e di parole. Di garbi formali e di sostanziali violenze. Ascoltando l’intervento di Giuliano Ferrara in apertura della puntata dell’Infedele di mercoledì 13 febbraio. A proposito del suo manifesto ‘pro-life’ con il quale mette l’aborto fra i temi della campagna elettorale.
Un tono molto pacato quello di Ferrara. Introduce, spiega, argomenta, con voce piana e calma, inanella frasi e parole modulando con garbo, sembra, finanche i respiri. Senza mai uscire dai binari di una condotta di gentilezza estrema. Anche quando gli tocca, come è normale che accada, di dover sovrastare il tentativo di qualcuno degli ospiti di intervenire. Tono pacato, certo, se per pacatezza si intende che l’accoratezza non si è trasformata in fervore, che poi non è trasceso in urla, crocefissi branditi, o intemperanze del genere…
Eppure. La pacatezza a volte sa essere agghiacciante. Se è linguaggio formale che riveste una sostanziale violenza.
E accanto alla violenza di irrompere nella campagna elettorale con una questione così dolorosa e delicata, ho avvertito, nelle parole di Ferrara, i termini di un infierire privato, per il mio sentire inaccettabile.
Come era ovvio, il discorso è andato allo sciagurato episodio del blitz nell’ospedale Federico II di Napoli. Ho trovato di grande violenza il sentire descrivere con lucida dolcezza ‘il bambino che quel feto sarebbe stato’. Come questo non fosse già il pensiero dolente di una donna che si trova di fronte alla terribile scelta di abortire. Che è pensiero e dolore intimo, che non andrebbe straziato da altri davanti a una telecamera. Con l’aggravante, nel caso, che si parlava di una persona precisa, del destino particolare del suo bambino che non è stato.
Ancora. Quante volte è stato pronunciato il nome della donna. Dieci, venti, non so… forse solo cinque volte… Era comunque un nome proprio di persona, che è rimbalzato per tutto il tempo di quell’interminabile intervento. Ma come usiamo le parole e i nomi? Come e quando siamo autorizzati a chiamare qualcun altro, che non si conosce e con cui non si abbia alcuna confidenza, con il nome di battesimo, come si farebbe con una cara amica, ad esempio… Non ho potuto fare a meno di chiedermi, se era davanti al televisore, cosa avrà provato quella donna, a sentirsi chiamare con tanta ostinata pacatezza, mentre di fatto veniva trasformata in emblema di ‘ciò che non si deve fare’.
Ho pensato alla violenza inaudita di sentire il proprio nome, pronunciato ripetutamente, ripetutamente, fin quasi a denudare la persona... L’ho sentita, su di me come su ogni persona, la violenza di una confidenza non voluta, ogni volta come una coltellata…
Davvero strideva, nella gelida pacatezza del discorso pronunciato, la parola ‘amore’, pure tante volte ripetuta.
Ma come usiamo i nomi e le parole... Non c’entra davvero nulla con questa storia, ma mi stavo al contrario giusto interrogando su un nome ‘non pronunciato’, appena un’ora prima in un’altra testata giornalistica, e c’entra forse molto con ‘accortezze’ che invece a volte ci vengono d’istinto.
Ascoltando il Tg1 delle 20,00, sempre il 13 febbraio. I titoli annunciano, fra l’altro, l’arresto di un ex assessore regionale calabrese. Questione di intrecci fra mafia e politica. Mi chiedo a che partito appartenga l’assessore, e aspetto l’annuncio del servizio. Aspetto il servizio. Ma nulla. Per conoscere quella sigla ( per la cronaca Udeur) devo andare a frugare su internet. Tutt’altra storia, certo, tutt’altro interesse, certo. A chi mai sarebbe interessato conoscere quel nome? Perché mai pronunciarlo? In fondo, solo una sigla. E poi, siamo in campagna elettorale…
Francesca de Carolis
Un tono molto pacato quello di Ferrara. Introduce, spiega, argomenta, con voce piana e calma, inanella frasi e parole modulando con garbo, sembra, finanche i respiri. Senza mai uscire dai binari di una condotta di gentilezza estrema. Anche quando gli tocca, come è normale che accada, di dover sovrastare il tentativo di qualcuno degli ospiti di intervenire. Tono pacato, certo, se per pacatezza si intende che l’accoratezza non si è trasformata in fervore, che poi non è trasceso in urla, crocefissi branditi, o intemperanze del genere…
Eppure. La pacatezza a volte sa essere agghiacciante. Se è linguaggio formale che riveste una sostanziale violenza.
E accanto alla violenza di irrompere nella campagna elettorale con una questione così dolorosa e delicata, ho avvertito, nelle parole di Ferrara, i termini di un infierire privato, per il mio sentire inaccettabile.
Come era ovvio, il discorso è andato allo sciagurato episodio del blitz nell’ospedale Federico II di Napoli. Ho trovato di grande violenza il sentire descrivere con lucida dolcezza ‘il bambino che quel feto sarebbe stato’. Come questo non fosse già il pensiero dolente di una donna che si trova di fronte alla terribile scelta di abortire. Che è pensiero e dolore intimo, che non andrebbe straziato da altri davanti a una telecamera. Con l’aggravante, nel caso, che si parlava di una persona precisa, del destino particolare del suo bambino che non è stato.
Ancora. Quante volte è stato pronunciato il nome della donna. Dieci, venti, non so… forse solo cinque volte… Era comunque un nome proprio di persona, che è rimbalzato per tutto il tempo di quell’interminabile intervento. Ma come usiamo le parole e i nomi? Come e quando siamo autorizzati a chiamare qualcun altro, che non si conosce e con cui non si abbia alcuna confidenza, con il nome di battesimo, come si farebbe con una cara amica, ad esempio… Non ho potuto fare a meno di chiedermi, se era davanti al televisore, cosa avrà provato quella donna, a sentirsi chiamare con tanta ostinata pacatezza, mentre di fatto veniva trasformata in emblema di ‘ciò che non si deve fare’.
Ho pensato alla violenza inaudita di sentire il proprio nome, pronunciato ripetutamente, ripetutamente, fin quasi a denudare la persona... L’ho sentita, su di me come su ogni persona, la violenza di una confidenza non voluta, ogni volta come una coltellata…
Davvero strideva, nella gelida pacatezza del discorso pronunciato, la parola ‘amore’, pure tante volte ripetuta.
Ma come usiamo i nomi e le parole... Non c’entra davvero nulla con questa storia, ma mi stavo al contrario giusto interrogando su un nome ‘non pronunciato’, appena un’ora prima in un’altra testata giornalistica, e c’entra forse molto con ‘accortezze’ che invece a volte ci vengono d’istinto.
Ascoltando il Tg1 delle 20,00, sempre il 13 febbraio. I titoli annunciano, fra l’altro, l’arresto di un ex assessore regionale calabrese. Questione di intrecci fra mafia e politica. Mi chiedo a che partito appartenga l’assessore, e aspetto l’annuncio del servizio. Aspetto il servizio. Ma nulla. Per conoscere quella sigla ( per la cronaca Udeur) devo andare a frugare su internet. Tutt’altra storia, certo, tutt’altro interesse, certo. A chi mai sarebbe interessato conoscere quel nome? Perché mai pronunciarlo? In fondo, solo una sigla. E poi, siamo in campagna elettorale…
Francesca de Carolis
giovedì 14 febbraio 2008
Brunella Antomarini A PROPOSITO DELL'ABORTO
La pratica dell'aborto non è una conquista moderna. Lo è il fatto che
lo si possa fare legalmente. L'aborto è una pratica antica che c'è da
quando le donne sono in grado di regolare la propria vita in modo
consapevole. Per cui l'alternativa non sarebbe abortire o non abortire
ma abortire legalmente o illegalmente, perché le donne lo faranno
sempre e comunque. L'alternativa non è se l'aborto sia giusto e quindi
legale o ingiusto e quindi illegale. L'aborto è ingiusto. Ma è più
ingiusto imporre a un corpo di contenerne un altro e di dargli la
vita. E' una violenza che solo una donna può capire. La fonte di una
delle più grandi felicità diventa una tortura. La logica qui dunque
non è binaria, ma comparativa, come Aristotele diceva delle virtù. Cè
un più e meno del giusto. Il meno giusto qui è costringere le donne a
decidere della propria vita illegalmente. Il più giusto qui è
rispettare la decisione dolorosa che una donna prende su di sé.
lo si possa fare legalmente. L'aborto è una pratica antica che c'è da
quando le donne sono in grado di regolare la propria vita in modo
consapevole. Per cui l'alternativa non sarebbe abortire o non abortire
ma abortire legalmente o illegalmente, perché le donne lo faranno
sempre e comunque. L'alternativa non è se l'aborto sia giusto e quindi
legale o ingiusto e quindi illegale. L'aborto è ingiusto. Ma è più
ingiusto imporre a un corpo di contenerne un altro e di dargli la
vita. E' una violenza che solo una donna può capire. La fonte di una
delle più grandi felicità diventa una tortura. La logica qui dunque
non è binaria, ma comparativa, come Aristotele diceva delle virtù. Cè
un più e meno del giusto. Il meno giusto qui è costringere le donne a
decidere della propria vita illegalmente. Il più giusto qui è
rispettare la decisione dolorosa che una donna prende su di sé.
giovedì 7 febbraio 2008
Piera Mattei ANCH'IO, NEL MERCOLEDI DELLE CENERI
anch'io, nel mercoledì delle ceneri
figlia di battezzati
al di qua mi trattengo
del vostro incredibile credo
anch'io sarò ebrea
per le vostre preghiere!
detentori di verità
pregherete voi oggi
anche per la mia conversione?
dalle spalle, dai globi oculari
dal cervello e le mani
strappo via quella pena
della vostra preghiera
l'ansia devota di voi santi credenti
per l'anima mia!
prego lasciatela senza
esclusa
dalla vostra insopportabile
onnipotenza
andate dunque
in pace
via
lontani
dagli sdegni miei
umani
Lucreziana 2008
Roma 6 febbraio, mercoledì delle ceneri 2008
figlia di battezzati
al di qua mi trattengo
del vostro incredibile credo
anch'io sarò ebrea
per le vostre preghiere!
detentori di verità
pregherete voi oggi
anche per la mia conversione?
dalle spalle, dai globi oculari
dal cervello e le mani
strappo via quella pena
della vostra preghiera
l'ansia devota di voi santi credenti
per l'anima mia!
prego lasciatela senza
esclusa
dalla vostra insopportabile
onnipotenza
andate dunque
in pace
via
lontani
dagli sdegni miei
umani
Lucreziana 2008
Roma 6 febbraio, mercoledì delle ceneri 2008
Flavia Zucco APPELLO DONNE E SCIENZA
Appello Associazione Donne e Scienza
I ripetuti e recenti attacchi alla 194, che fanno riferimento ad evidenze scientifiche, richiedono una chiarificazione di fondo, per quel che riguarda la scienza.
Almeno tre obiezioni vanno fatte:
1. La prima riguarda il consenso a che la scienza sia posta a fondamento dell'etica. Semplificando, la scienza ha a che fare con il vero ed ha carattere descrittivo ed esplicativo; l’etica ha a che fare con il giusto ed ha carattere normativo. Siamo di fronte a due concetti diversi, su cui varrebbe la pena di riflettere.
2. La seconda obiezione è inerente alla concezione che la scienza produce verità immutabili: è ormai noto a tutti che la scienza, nel suo progredire, può smentire precedenti dogmi, o produrre conoscenze che spostano completamente quei termini di riferimento, che si ritenevano ormai acquisiti.
3. La terza obiezione è quella di assecondare un riduzionismo scientifico, nei confronti della vita e della specie umana, che gli stessi scienziati si sono preoccupati più volte di condannare, in quanto nessuno di noi è riconducibile solo alle sue molecole od al suo essere biologico.
I neonatologi, certamente si trovano a tenere in vita feti sempre più precoci e le loro tecniche, in questa sfida, stanno migliorando enormemente. La domanda da porsi tuttavia, è se questi feti siano completamente formati ed in grado di vivere una vita autonoma (dal corpo materno o da una macchina). Di fatto no. Si pensa che, col progredire della coltura degli embrioni da un lato, e delle tecniche neonatologiche dall'altro, si potrà arrivare a coltivare il feto, passando dalla piastra di coltura per lo zigote, mano a mano a macchine più complesse, per gli stadi più avanzati dello sviluppo.
La vita biologica, intesa come divisione di cellule e loro specializzazione, è un continuum e quindi dire che un feto di 19 settimane è vivo è una ovvietà.
Esistono, però, delle tappe critiche che consistono nel compimento della formazione degli organi e della loro funzionalità, che devono avvenire nelle condizioni fisiologiche ottimali, perchè la vita umana della futura persona non sia gravemente compromessa.
Chiediamo quindi che si smetta di invocare la scienza, per rimestare le acque della politica intorno ad una legge, che rappresenta una conquista per una società civile.
Presidente
Associazione Donne e Scienza
Flavia Zucco
I ripetuti e recenti attacchi alla 194, che fanno riferimento ad evidenze scientifiche, richiedono una chiarificazione di fondo, per quel che riguarda la scienza.
Almeno tre obiezioni vanno fatte:
1. La prima riguarda il consenso a che la scienza sia posta a fondamento dell'etica. Semplificando, la scienza ha a che fare con il vero ed ha carattere descrittivo ed esplicativo; l’etica ha a che fare con il giusto ed ha carattere normativo. Siamo di fronte a due concetti diversi, su cui varrebbe la pena di riflettere.
2. La seconda obiezione è inerente alla concezione che la scienza produce verità immutabili: è ormai noto a tutti che la scienza, nel suo progredire, può smentire precedenti dogmi, o produrre conoscenze che spostano completamente quei termini di riferimento, che si ritenevano ormai acquisiti.
3. La terza obiezione è quella di assecondare un riduzionismo scientifico, nei confronti della vita e della specie umana, che gli stessi scienziati si sono preoccupati più volte di condannare, in quanto nessuno di noi è riconducibile solo alle sue molecole od al suo essere biologico.
I neonatologi, certamente si trovano a tenere in vita feti sempre più precoci e le loro tecniche, in questa sfida, stanno migliorando enormemente. La domanda da porsi tuttavia, è se questi feti siano completamente formati ed in grado di vivere una vita autonoma (dal corpo materno o da una macchina). Di fatto no. Si pensa che, col progredire della coltura degli embrioni da un lato, e delle tecniche neonatologiche dall'altro, si potrà arrivare a coltivare il feto, passando dalla piastra di coltura per lo zigote, mano a mano a macchine più complesse, per gli stadi più avanzati dello sviluppo.
La vita biologica, intesa come divisione di cellule e loro specializzazione, è un continuum e quindi dire che un feto di 19 settimane è vivo è una ovvietà.
Esistono, però, delle tappe critiche che consistono nel compimento della formazione degli organi e della loro funzionalità, che devono avvenire nelle condizioni fisiologiche ottimali, perchè la vita umana della futura persona non sia gravemente compromessa.
Chiediamo quindi che si smetta di invocare la scienza, per rimestare le acque della politica intorno ad una legge, che rappresenta una conquista per una società civile.
Presidente
Associazione Donne e Scienza
Flavia Zucco
lunedì 4 febbraio 2008
Piera Mattei FIERA DEL LIBRO DI TORINO
A proposito del boicottaggio anti-israeliano alla Fiera del Libro di Torino,
domande logiche e illogiche:
Cosa c'entra giudicare se sia giusta e condivisibile la politica di Israele? Il fatto è che a una fiera del libro non s'invitano i politici ma gli scrittori, e ogni scrittore dovrebbe pensare liberamente, non come il governo del suo paese.
Ricordo con fastidio il giorno che una storica tedesca, non una sprovveduta, si meravigliò molto del mio giudizio vivacemente negativo su Berlusconi e il governo da lui presieduto. Mi ribatté, convinta di trovarmi in palese contraddizione: "Ma allora perché l'avere votato?" Io non l'avevo votato, ma ugualmente non risultavo abbastanza convincente e coerente.
Così tanto la nostra immagine di cittadini e intellettuali viene compromessa dalla politica di chi ci governa, da far perdere la logica anche a persone intelligenti.
domande logiche e illogiche:
Cosa c'entra giudicare se sia giusta e condivisibile la politica di Israele? Il fatto è che a una fiera del libro non s'invitano i politici ma gli scrittori, e ogni scrittore dovrebbe pensare liberamente, non come il governo del suo paese.
Ricordo con fastidio il giorno che una storica tedesca, non una sprovveduta, si meravigliò molto del mio giudizio vivacemente negativo su Berlusconi e il governo da lui presieduto. Mi ribatté, convinta di trovarmi in palese contraddizione: "Ma allora perché l'avere votato?" Io non l'avevo votato, ma ugualmente non risultavo abbastanza convincente e coerente.
Così tanto la nostra immagine di cittadini e intellettuali viene compromessa dalla politica di chi ci governa, da far perdere la logica anche a persone intelligenti.
LETTERE
– Ringraziamo per la risposta (di caldo assenso o di blando dissenso) alla nostra interpellazione sul tema della laicità, tra gli altri:
Francesca De Carolis (giornalista e scrittrice), Francesco Costa (scrittore), Lucetta Frisa (scrittrice), Andrea Frova (fisico), Steven Grieco (poeta e traduttore), Silvia Morante (fisica), Agnese Manni (editore).
Francesca De Carolis (giornalista e scrittrice), Francesco Costa (scrittore), Lucetta Frisa (scrittrice), Andrea Frova (fisico), Steven Grieco (poeta e traduttore), Silvia Morante (fisica), Agnese Manni (editore).
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