Ospito qui una breve nota critica di Cristina Annino al mio commento a "La rabbia" di Pasolini:
Che il presentimento di Pasolini si sia trasformato in certezza è innegabile, come è accaduto con tanti altri suoi timori. Che la televisione- padre- nostro ci propini per lo più squallore, è indubitabile. D'accordo anche con l'informazione scientifica che il bombardamento di notizie possa creare, in chi le assorbe, nuovi neuroni, ecc. Ma spero che ciò sia limitato a fatti di costume, non specificatamente ideologici. Se fosse vera questa ipotesi, l'allarme sarebbe pari a una guerra fredda tra due "menti". Nel senso che:1° , toglierebbe coscienza all'individuo, non solo conoscenza che, al più, può essere distorta. 2°, negherebbe speranza sull'individuo.
Si dovrebbe credere allora alla realtà di un essere umano talmente passivo che se si sostituisse un tipo di informazione con un altro di pari intensità ma contrario, egli reagirebbe allo stesso modo. In entrambi i casi, in un modo cioè programmato. Rimanendo quale unica scelta chi premerà il bottone di comando. Allora, addio libertà!
Per quanto mi riguarda, preferisco leggere nelle parole di Pasolini un effettivo rischio, confermato poi dagli anni che stiamo vivendo, tenendo però presente che oggi usufruiamo di più canali informativi rispetto agli anni 50 o 60 e che se anche si assiste a un indiscutibile livellamento comportamentale in senso lato, non si può nascondere la verticalità di un pensiero fortunatamente ancora presente. Togliere questa fiducia mi sembrerebbe un pericoloso meccanismo di inconscia volontà di sostituzione, ma non l' eliminazione del problema.
Cristina Annino
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